TERMOELETTRICITÀ
. È lo studio dei fenomeni di produzione di forza elettromotrice da differenza di temperatura, e dei fenomeni inversi. Più specificatamente comprende i seguenti fenomeni (per semplicità parleremo solo di conduttori metallici isotropi):
I. Effetto W. Thomson (1856). - Gli estremi A, B (fig. 1) di un reoforo sono tenuti alla stessa temperatura T1 mediante i termostati D1, D1. Il punto medio C è tenuto a temperatura T2 (per esempio T2 > T1) mediante un altro termostato D2.
D'accordo con la simmetria geometrica, la temperatura degrada ugualmente da C verso A e verso B (curva 1 del diagramma).
Se AB è percorso da corrente elettrica, lo sviluppo di calore per effetto Joule è simmetrico nelle due parti CA, CB. L'esperienza dà invece un diagramma asimmetrico delle temperature (curva 2); invertendo il senso della corrente l'asimmetria muta senso.
Oltre all'effetto Joule, si ha dunque un altro fenomeno consistente in una sparizione o in uno sviluppo di calore nel reoforo non isotermo AC secondo che la corrente lo percorre fluendo verso i punti caldi o in senso opposto (effetto Thomson).
Il calore dQTh che occorre fornire a un tratto dl del reoforo AC per compensare il calore sparito per effetto Thomson è proporzionale all'intensità di corrente i, al tempo t e alla differenza di temperatura dT agli estremi di dl, ma è indipendente dalla lunghezza dl:
ove q = i•t è in valore e segno la quantità di elettricità (positiva) che attraversa il filo nel tempo t nel senso AC, cioè nel senso delle temperature crescenti. L'effetto Thomson è positivo o negativo secondo che è σ > 0 o σ 〈 0; nel primo caso l'effetto Thomson consiste in una sparizione di calore nel reoforo AC quando la corrente vi fluisce verso i punti più caldi; nel secondo caso avviene l'opposto.
σ è il coefficiente termoelettrico di Thomson; σ si chiama anche calore specifico dell'elettricità nel metallo considerato e, secondo la (1), si misura in
σ si misura più spesso in
perché può interpretarsi come forza elettromotrice (f. e. m.) esistente tra due punti del filo la cui temperatura è diversa di 1 °C:
σ > 0 significa che questa f. e. m. spinge l'elettricità (positiva) verso i punti più caldi del filo.
Ad es., a temperatura ordinaria è: nel rame σ = + 1,2•10-6; nel platino σ = + 7•10-6; nel ferro σ = − 8•10-6 volt/°C.
Tra due punti A, C interni a un metallo e lontani, aventi le temperature T1 e T2 rispettivamente, esiste una f. e. m. di Thomson:
indipendente dalla distanza tra i punti AC tra cui si ha il salto di temperatura T2 − T1 (legge di G. Magnus, 1851).
Secondo C. Benediks (1916) questa legge sarebbe vera solo in prima, ma ottima, approssimazione.
II. Effetto J. C. A. Peltier (1834). - I tratti AC, DB (fig. 2) del reoforo isotermo AB sono di uno stesso metallo M1, il tratto CD è di un altro metallo M2; servono bene antimonio e bismuto. Le saldature C, D sono chiuse rispettivamente nei bulbi R, S di un termoscopio differenziale H. Grazie alla simmetria, una corrente i nel reoforo AB sviluppa uguali quantità di calore per effetto Joule nei due bulbi R, S. Eppure al passaggio della corrente si osserva nel termoscopio un dislivello h il cui senso muta col senso della corrente.
Oltre all'effetto Joule, si ha dunque un altro fenomeno, reversibile, consistente in una sparizione o uno sviluppo di calore alla saldatura dei due metalli, secondo che la corrente l'attraversa in un senso o in senso opposto (effetto Peltier).
Perché una saldatura M1∣M2 sia mantenuta isoterma al passaggio della corrente, le si deve fornire un calore QPel che risulta proporzionale all'elettricità q = i•t che attraversa la saldatura:
La (4) vale in valore e segno; q > 0 e i > 0 significheranno elettricità (positiva) che attraversa la saldatura da M1 verso M2. π12; si dice coefficiente di Peltier della coppia M1∣M2; esso dipende dalla natura dei due metalli, dalla loro temperatura, ma non dall'estensione del contatto; è π12 = − π21.
S' immagina che il calore QPel costituisca una energia destinata ad aumentare il potenziale dell'elettricità q, che dunque la saldatura sia sede di una f. e. m. FPel tale che sia:
π12 > 0 significa che questa f. e. m. spinge l'elettricità (positiva) da M1 verso M2.
Per es., a temperatura ordinaria è
III. Effetto T. J. Seebeck (1821). - ACD (fig. 3) è un circuito bimetallico, p. es., di antimonio e bismuto; NS è un ago magnetico girevole intorno al perno O. Se si scalda con una fiamma L una delle saldature, l'ago magnetico devia indicando che il circuito è percorso da una corrente (corrente termoelettrica). Il dispositivo costituisce una pila o coppia termoelettrica. La forza elettromotrice ottenibile da una coppia termoelettrica raramente raggiunge 0,01 volt; ma la resistenza del circuito della fig. 3 si può ridurre a meno di 0,001 ohm; la corrente termoelettrica, per la legge di Ohm, può salire a decine di ampere.
Una coppia termoelettrica "a circuito aperto" è rappresentata dalla fig. 4. I poli A, B della coppia sono dello stesso metallo M1 e si trovano alla stessa temperatura T0. Il tratto CD è costituito da un altro metallo M2. Nel caso più semplice anche la saldatura C è alla temperatura T0.
Se anche la saldatura D è alla temperatura T0 nessuna differenza di potenziale si manifesta tra i poli A, B; la coppia non è una pila (legge di Volta, legge di Magnus). Se la saldatura D ha una temperatura T diversa da T0, la coppia presenta ai suoi poli A, B una differenza di potenziale che misura la f. e. m. termoelettrica della coppia, ed è in generale non nulla.
Grazie all'elevata sensibilità dei galvanometri, anche lievissime f. e. m. termoelettriche possono venire rilevate dalla corrente che esse producono in un galvanometro G (fig. 4).
La f. e. m. termoelettrica F12 (T0, T) dipende dai metalli M1, M2 e dalle temperature T0, T, ma non dell'estensione dei contatti.
Per molte coppie, in intervalli di temperatura anche molto estesi, si ha con buona approssimazione (M. P. Avenarius, 1863):
ove k e Tn sono costanti caratteristiche di ciascuna coppia. La (6) vale anche in segno, con la convenzione che sia F12 (T0, T) > 0 quando è polo positivo della coppia quello collegato con la saldatura più calda: allora alla chiusura del circuito la corrente fluisce attraverso la saldatura più calda da M2 verso M1; il metallo M1 si dirà positivo rispetto al metallo M2 (caso della fig. 4).
Valgono le seguenti leggi:
a) Legge del metallo intermedio. - Ciascun contatto C, D, può essere ottenuto mediante un metallo intermedio (come è, per es., la lega usata per saldarli) senza che ciò influisca sulla f. e. m. termoelettrica, purché tutta la "saldatura" sia isoterma.
b) Legge delle temperature successive. Per una coppia M1, M2 è
Se T e T′ sono temperature vicine, F12 (T, T′) si indicherà brevemente con dF12 e F12 (T0, T′) − F12 (T0, T) si otterrà differenziando la (6). Si ottiene così:
e12 = dF12/dT è il potere termoelettrico della coppia (M1 M2 M1), e ne dà la f. e. m. per 1 °C. di differenza di temperatura fra le saldature C, D.
Nei limiti di approssimazione in cui vale la (6), è valida la (8) cioè il potere termoelettrico è funzione lineare della temperatura T e si annulla per T = Tn (temperatura o punto neutro della coppia). Se è e12 > 0, il metallo M1 è positivo rispetto ad M2. È: e12 = − e21.
Ad es., nella coppia
A temperatura ordinaria, nella coppia
nella coppia
c) Legge del metallo di riferintento. - Se F23 è la f. e. m. termoelettrica della coppia M2∣M3, tra le temperature T0 e T, e F12, F13 sono le f. e. m. tra le stesse temperature delle coppie M1∣M2, M1∣M3 è
quindi anche per i poteri termoelettrici
Noto il potere termoelettrico e1n di un qualunque metallo Mn rispetto a un metallo di riferimento M1 (di regola il piombo), la (9) permette di ottenere i poteri termoelettrici di qualunque coppia.
Si raccolgono nel diagramma di P. G. Tait (1873, fig. 5) i poteri termoelettrici dei metalli rispetto al piombo in funzione della temperatura. Da questo diagramma si ricava ogni altro potere termoelettrico. Per es., il segmento XY dà in valore e segno il potere termoelettrico a 0 °C della coppia Fe∣Cu. Poiché è:
il diagramma di Tait dà anche le f. e. m. termoelettriche; per esempio, l'area XYZW rappresenta in valore e segno la f. e. m. della coppia Fe∣Cu tra 0 e 100 °C.
I fenomeni termoelettrici sono tra loro dipendenti. Ad es., le leggi a), b), c) sono conseguenza delle leggi di Volta e di Magnus.
L'energia elettrica fornita dalla coppia termoelettrica è l'equivalente di energia calorifica fornita al circuito dai termostati che mantengono costanti le temperature alle saldature e lungo il circuito. La coppia termoelettrica è una macchina termica.
Il primo e il secondo principio della termodinamica portano alle seguenti relazioni (R. Clausius, W. Thomson, 1853-56):
ove T indica la temperatura assoluta, cioè contata a partire dallo zero assoluto (− 273,2 °C).
Il terzo principio della termodinamica stabilisce inoltre che in prossimità dello zero assoluto σ, π12 ed e12 si debbono annullare.
Nessun valore pratico hanno le coppie termoelettriche per la produzione su larga scala di energia elettrica. Né brillante risultato ebbe il tentativo di utilizzare l'effetto Peltier per realizzare una macchina frigorifera.
Qualche interesse presenta la rivelazione di eventuali trasformazioni in un metallo attraverso conseguenti variazioni nelle f. e. m. di una coppia termoelettrica in cui uno dei metalli sia quello in studio.
Importantissima è l'applicazione delle coppie termoelettriche alla misura della differenza T − T0 fra due temperature. La coppia termolelettrica si dice allora pinza termoelettrica; una sua saldatura C (fig. 4) è tenuta a temperatura nota T0 (ghiaccio fondente o temperatura ambiente), l'altra saldatura D è posta nel punto di temperatura T ignota. La distanza CD può facilmente raggiungere varî metri, la capacità termica delle saldature può essere resa minima mediante l'impiego di fili metallici sottili. La pinza termoelettrica si presta quindi alla realizzazione di termometri a distanza, e di piccolissima capacità termica. Negli apparecchi per uso industriale il galvanometro G è direttamente tarato in °C. Nelle pinze di precisione il galvanometro G deve essere sostituito da un potenziometro misuratore della f. e. m. F12.
La pinza termoelettrica è ottimo termometro sia per temperature bassissime (per esempio: coppia rame∣costantana da − 250 °C a + 500 °C) sia per temperature elevate (pirometro termoelettrico); p es., la coppia platino∣platino-rodio (lega al 90%, Pt, 10% Rh) serve a misurare temperature da 400 °C a 1100 °C e con particolari cure fino a 1800 °C.
Grazie alla sensibilità che possiedono i galvanometri e i potenziometri moderni, talune pinze termoelettriche rivelano perfino variazioni di temperatura dell'ordine di 0,000 01 °C.
Per l'alta sensibilità e la minima capacità termica, la pinza termoelettrica è ottimo ricevitore di energia raggiante (radiazioni ultrarosse, visibili, ultraviolette), anzi è l'unico ricevitore che ne permetta una facile misura assoluta. L'energia raggiante incide sulla saldatura D della pinza, annerita perché sia bene assorbente; il riscaldamento che ne risulta dà origine a una corrente termoelettrica.
Se la saldatura D è nel vuoto (fig. 6), la pinza guadagna in sensibilita e prontezza.
Per moltiplicare la sensibilità, si usa una pila termoeletrica costituita da parecchie coppie in serie (fig. 7); le saldature di posto pari D sono scaldate dall'irraggiamento incidente; le saldature di posto dispari C ne sono al riparo grazie a una custodia metallica.
Nella pila lineare le saldature D sono allineate, quindi nelle condizioni più adatte perché su esse converga l'immagine di una riga spettrale.
Nella pila a superficie (L. Nobili, M. Melloni, fig. 8) le saldature D, molto più numerose, sono distribuite su tutta un'area, p. es., quadrata.
La pinza termoelettrica è parte fondamentale di molti tipi di galvanometri per corrente alternata: iermogalvanometri (v.), galvanometri a termogiunzione. Questi apparecchi constano di un filo corto e sottile AB (fig. 9) su cui è fissata la saldatura D di una pinza termoelettrica. La corrente alternata da misurare percorre il filo AB, quindi lo riscalda; ne risulta una corrente termoelettrica al galvanometro G; la scala di questo è tarata in modo da dare direttamente l'intensità della corrente alternata in AB.
La sensibilità è ottima, l'impedenza è minima; il galvanometro a termogiunzione è il migliore apparecchio di misura delle intensità di deboli correnti alternate anche di altissima frequenza (fino oltre 107 hertz).
Bibl.: R. Glazebrook, Diction. of applied physics, I, Thermocouples, Londra 1922; H. Geiger e K. Scheel, Hand. der. Phys., XIII, Berlino 1928; E. Perucca, Fisica generale e sperimentale, II, 1934; Müller-Pouillet, Hand. der Phys., 11a ediz. IV, 4, Brunswick 1934; G. Masing, Hand der Metallphysik, I, Torino 1935.