ternario
Nell'elenco di metri di VE II, D. pone nell'ordine di frequenza l'endecasillabo, il settenario, il quinario, il trisillabo: Post hoc pentasillabum et deinde trisillabum ordinamus. Neasillabum vero, quia triplicatum trisillabum videbatur, vel nunquam in honore fuit, vel propter fastidium absolevit (V 6). Per altro, mentre si afferma recisamente (XII 8) che nello stile tragico non si deve assolutamente usare il trisillabo per sé stante, se ne rileva la presenza per quandam rithimorum repercussionem come parte dell'endecasillabo: Nec per se ibi carmen est omnino, sed pars endecasillabi tantum, ad rithimum praecedentis carminis velut eco respondens. D. cita ad esempio Donna me prega di G. Cavalcanti e la sua Poscia ch'Amor del tutto m'ha lasciato. D. usa il t. come emistichio segnato dalla rima internamente all'endecasillabo nella stanza isolata Lo meo servente core (Rime XLIX) al v. 12 (ché mi volge sovente / la mente per mirar vostra sembianza), e nei due piedi della stanza della canzone citata nel De vulg. Eloq., nell'endecasillabo che segue al quinario.
I piedi di tale canzone (schema del piede: Aa5a3bbcD) si avviano così su una rima ripercossa dal primo endecasillabo, al quinario, al t., realizzando la speciale ‛ rithimorum repercussio ' di cui parla nel De vulg. Eloq.: Poscia ch'Amor del tutto m'ha lasciato / non per mio grato / ché stato non avea tanto gioioso (Rime LXXX; v. CANZONE; rima; settenario). La ‛ rithimorum repercussio ' porta a rime desinenziali o facili nella sede del t. (-ato, -ere, -enti, -ìa, -ala, -ante), anche se poi non tutte le parole rimanti siano in rima per la desinenza; si notino tuttavia vole: dole: sole; parole: sole: ricole, vv. 115-117 e 121-123.
La presenza del trisillabo nell'endecasillabo determina problemi non facili nella misura di un tale endecasillabo. Osserva il Casella che in versi del tipo disvia cotanto, e più che quant'io conto, v. 60, " le sillabe sono tre, qualora si contino materialmente sulle dita di una mano; ma Dante, che si tien fermo agli accenti principali dell'endecasillabo e ne considera il ritmo unitario, non concede alcuna pausa forte dopo l'accento della rima interna " (M. Casella, Endecasillabi di dodici sillabe?, in " Studi d. " XXIV [1939] 90). Ferma restando la dimostrata inesistenza di endecasillabi crescenti, a proposito delle supposte ipermetrie dovute alla rima interna, il Menichetti osserva che " il problema è senza dubbio assai più delicato e complesso, né mi pare che lo stato attuale delle nostre conoscenze ne consenta una soluzione univoca e indiscussa " (A. Menichetti, Contributi ecdotici alla conoscenza dei Siculo-toscani, in " Studi e problemi di critica testuale " II [1971] 40-71).