TERRA DI LAVORO
Per designare la terra degli antichi campani, si diffuse, fin dal Medioevo, il termine di Terra di Lavoro o Liburia, nomi che traggono origine dai leborini, antica popolazione che abitava la zona. Infatti nella Naturalis Historia Plinio il Vecchio chiama Campi Leborini il territorio compreso tra le vie consolari che collegavano Cuma a Puteoli e a Capua. Oggi essa corrisponde in parte alla provincia di Caserta, la quale ha un'estensione minore di quella che per secoli fu, nel quadro storico del Regno di Napoli, la provincia di Terra di Lavoro, che comprendeva anche parti delle attuali province di Napoli, Avellino, Latina, Frosinone, Benevento, nonché Venafro e le zone adiacenti fino a Capriati al Volturno, nell'attuale Molise.
Anche per Terra di Lavoro è valida l'affermazione fatta da Galasso per l'intera Campania, secondo cui essa è "una creatura assai più della storia che della geografia" (Galasso, 1978, p. 10). Le sue radici storiche sono riconducibili alla contea longobarda di Capua, ma è nel sec. XII che la Terra di Lavoro assunse la sua massima estensione in seguito alle conquiste normanne. Nella divisione amministrativa del territorio sottoposto alla giurisdizione di Ruggero II l'antica Campania venne suddivisa infatti nel 1139 in tre giustizierati: Terra di Lavoro, Principato e Napoli. Il criterio adottato da Ruggero fu mantenuto dagli Svevi e dagli Angioini, sino a quando Carlo II nel 1297 non ripartì il giustizierato di Principato nei due di Principato Citra e Ultra.
Gli ultimi anni del sec. XII furono caratterizzati dagli avvenimenti della guerra contro gli Svevi, durante la quale Enrico VI invase la Terra di Lavoro. Nel 1193 gli imperiali, guidati da Moscaincervello, Diopoldo e Corrado, presero e saccheggiarono Venafro, Sesto e Roccaravindola, e bruciarono Telesia. La stessa sorte toccò nel 1199 a S. Pietro Infine.
Nuovi turbini di guerra nel 1229, allorché il papa, dopo aver scomunicato Federico II, fece invadere il Regno dall'esercito dei clavisignati. Capitolarono Mignano e Presenzano, mentre Venafro e Isernia inviarono messi per arrendersi; Pietravairano tentò la difesa e fu presa con la forza, come Vairano, Calvi e Teano. Furono successivamente occupate Rocca d'Evandro, Suio e Traietto. Raggiunta Capua, l'esercito del cardinal Pelagio tornò indietro e occupò Ailano, mosse poi su Alife, che fu presa con la forza, come pure Piedimonte, mentre non fu espugnata la sua torre. Fu posto anche l'assedio a Caiazzo. A questo punto Federico II mosse da Napoli e assediò e conquistò Calvi. Passando per Riardo, raggiunse l'abbazia della Ferrara, di cui sono ancora visibili i ruderi presso Vairano Patenora. Qui pose il campo per tre giorni, durante i quali operò la riconquista di Vairano, Alife, Venafro e del contado di Teano.
Con la nuova dinastia sveva gli insediamenti difensivi normanni vennero ripristinati e collegati a un articolato sistema politico-territoriale. Attraverso l'attività di operatori forestieri, l'economia della regione venne inoltre inserita in un vasto circuito nazionale e internazionale, grazie all'apertura di fiere e mercati e a una costante manutenzione delle strade. Il giustizierato di Terra di Lavoro incorporò inoltre il Molise, dal quale sarà poi separato in età aragonese.
È difficile dire quanto sia stata chiara, negli abitanti di Terra di Lavoro, la consapevolezza di far parte di una precisa realtà provinciale, distinta e diversa dalle altre. Fu indubbiamente efficace l'azione amministrativa: gli abitanti di un piccolo centro sapevano di dover pagare le imposte al giustiziere e poi al percettore di Terra di Lavoro e, quindi, erano a conoscenza di far parte di quella provincia.
Fonti e Bibl.: J. Mazzoleni, Le pergamene di Capua, I-III, Napoli 1957-1960; G. Bova, Le pergamene sveve della Mater Ecclesia Capuana, I-IV, ivi 1998-2003. F. Sarappa, Terra di Lavoro. Nozioni geografiche, storiche, sociologiche della provincia di Caserta, ivi 1917; G. Galasso, Storicità della struttura regionale, in Storia della Campania, a cura di F. Barbagallo, I, ivi 1978, p. 10; A. Lepre, Terra di Lavoro, in Storia del Mezzogiorno, diretta da G. Galasso-R. Romeo, V, Roma-Napoli 1986, pp. 95-234.