TERRA ROSSA
. Questo nome, che rimane invariato nelle diverse lingue, ha ormai un significato convenzionale preciso in geologia e pedologia. Con esso si suole indicare non qualsiasi terra di tinta rossa, bensì quella particolare terra di colore rosso sangue o rosso mattone acceso, che si trova comunemente sulle superficie delle rocce calcaree da lungo tempo esposte nelle regioni temperato-calde, e in particolare nei paesi circummediterranei. Il nome è stato preso dal linguaggio popolare dell'Istria e del Carso triestino, dove i depositi di terra rossa raccolti specialmente nelle doline e in genere nelle cavità, fessure e anfrattuosità del calcare intensamente carsico, sono stati da maggior tempo oggetto di studio. Si parla anche, nello stesso senso, di "terra rossa mediterranea" e di "terra rossa del Carso".
La terra rossa si presenta fisicamente come un terreno argilloso (o meglio pseudo-argilloso), che con l'acqua si fa viscido e dotato di un notevole grado di plasticità. Tali caratteri sono legati a un'elevata percentuale di sostanze colloidi che l'esame chimico e mineralogico dimostra costituite in prevalenza non da vera sostanza argillosa (cioè idrosilicati di Al), bensì da idrossido di Al colloide (sporogelite) con ossido e idrossido terrico colloide. Vi sono pure quantità variabili di acido silicico colloide, talora di MnO colloide, ed infine uno scheletro sabbioso di minerali vari (quarzo, miche, epidoto, zoisite, anfiboli, granato, feldspati, tormalina, corindone, zircone, apatite, pirite, ecc.), oltre ad una piccola parte calcarea.
L'analisi chimica dà in media, per le terre rosse tipiche, circa il 50% di silice, dal 16 al 25% di allumina, dal 7 al 15%, di ossido terrico, e piccole percentuali di basi alcaline e alcalino-terrose. Negli accumuli maggiori, come in molte doline, si nota spesso uno strato superficiale di tinta vivace con toni dal giallo bruno al rosso bruno, a cui in basso succede gradualmente una zona di tinta più cupa.
L'origine della terra rossa è stata oggetto di numerose ricerche ed è stata spiegata in varî modi. Una vecchia supposizione, che l'attribuiva a particolari fenomeni endogeni, è oggi abbandonata da tutti. Le altre ipotesi considerano la terra rossa: a) come residuo insolubile di rocce calcaree; b) come deposito eolico; c) come residuo di una precedente copertura sedimentaria delle rocce calcaree, elaborato in modo particolare sotto speciali condizioni climatiche in presenza del calcare sottostante. I geologi sono ormai concordi nell'accettare la prima di tali ipotesi come fondamentale, pur non escludendo in dati casi le altre (e specialmente la seconda) come cause concomitanti.
La spiegazione parte dal fatto che le rocce calcaree sono lentamente disciolte dalle acque carbonicate, che ne rendono tormentata la superficie e ne allargano le fenditure (v. carsici, fenomeni), mentre rimane indisciolto un residuo costituito da minerali diversi dalla calcite, ma contenuti, sia pure in debole o debolissima percentuale, nei calcari stessi. Cotesto residuo, che rimane addietro nella filtrazione delle acque penetranti nelle fenditure, è costituito in prevalenza da silicati, che più o meno lentamente subiscono la scissione idrolitica completa, fino a dare da un lato le basi solubili, dall'altro idrossido ferrico, idrossido di Al e silice idrata allo stato colloidale; si noti che idrossido di Al colloide figura altresì fra i minerali inclusi nelle rocce calcaree. Allontanate con l'acqua le basi solubili e parte della silice colloide, si flocculano e quindi si depositano gl'idrossidi di Fe e di Al e il resto della silice; la loro flocculazione è favorita dalla presenza di elettroliti, e vi può concorrere anche l'attività di microrganismi.
Che la terra rossa risulti dal disfacimento dei calcari, è comprovato oltre che dalla sua costante giacitura, anche dalla constatazione che le tipiche terre rosse del Carso croato hanno composizione mineralogica identica a quella del residuo insolubile dei calcari su cui posano, venendo a costituirle i medesimi minerali, con lo stesso abito cristallino e lo stesso ordine di frequenza.
In altre terre rosse (per es., nell'Italia meridionale) si è constatata, è vero, la presenza di minerali non contenuti nei calcari e certamente portati dal vento; e si è anzi pensato che l'intero deposito si potesse interpretare come di origine eolica; ma è ormai dimostrato che questo non può essere se non un caso eccezionale, e che il vento non può considerarsi, in generale, se non come un fattore concomitante, apportatore di materiali allotigeni che si vengono ad aggiungere a quelli del deposito autigeno.
Rimane da spiegare perché la terra rossa si formi soltanto nelle regioni temperato-calde, a clima semi-umido. Occorre tener presente che nelle regioni umide e fredde le soluzioni circolanti nel terreno sono caratterizzate dalla presenza di colloidi umici, che esercitano un'azione protettiva sui colloidi minerali (e specialmente sugl'idrossidi di Fe e Al) avvolgendone le particelle con un velo che ne impedisce la flocculazione e quindi le mantiene in sospensione colloidale. La presenza di un substrato calcareo esercita un'azione antagonista, in quanto tende a saturare le sostanze umiche colloidi e a determinare quindi la precipitazione degli ossidi ferrici e dell'allumina. Ma durante la stagione umida e fresca, anche nella regione mediterranea prevale l'azione protettiva; mentre col sopraggiungere della stagione asciutta si fa rapida la decomposizione delle sostanze organiche, i colloidi umici si riducono quindi a ben poca cosa e il calcare può far valere la sua azione flocculante sulle soluzioni fortemente arricchite di Fe e di Al.
Secondo l'altra ipotesi a cui sopra abbiamo accennato, si tenta di spiegare le terre rosse, supponendo che tale azione del calcare si sia esplicata sulle soluzioni circolanti non già nel terriccio da esso derivato, bensì nel terriccio risultante dal residuo insolubile dell'alterazione di altre rocce (marne, arenarie) già ricoprenti le groppe e gli altipiani calcarei e distrutte poi dall'erosione e dalla degradazione. Non si può escludere che a un tale processo si possa ricorrere per interpretare qualche deposito locale; ma sempre in via molto subordinata: le condizioni di giacitura e la composizione della terra rossa fanno escludere che esso abbia avuto carattere generale.
La terra rossa è pertanto da ritenersi, in linea essenziale, come il residuo idrolizzato e ossidato della lenta dissoluzione del calcare. Come tale, ha strettissima relazione col ferretto, cioè col residuo idrolizzato e ossidato della decalcificazione di depositi alluvionali, fluvio-glaciali e morenici ricchi di elementi calcarei.
Bibl.: Fino al 1912, v.: M. Gortani, Terra rossa, bauxite, laterite, in Giorn. di geol. prat., XI (1913); indi: F. Tucan, Sull'origine della terra rossa, ibid., XII (1914); H. Stremme, Laterit u. Terra rossa als illuviale Horizonte humoser Waldboden, in Geol. Rundschau, V (1914); W. zu Leiningen, Entstehung u. Eigenschaften der Roterde, in Intern. Mitt. f. Bodenkunde, VII (1917); E. Blanck, Zum Terra rossa-Problem, ibid., VII (1917); Blanck e Giesecke, Über die Entstehung der Roterde, ecc., in Chemie d. Erde, III (1928); H. Harrassowitz, Südeuropäische Roterde, ibid., LV (1928); A. Reifenberg, Die Entstehung der mediterran. Roterde, in Kolloid chem. Beih., Dresda 1929; E. Blanck, Die mediterran. Roterde, in Handbuch d. Bodenkunde, III, Berlino 1930.