TERREMOTO.
– La previsione dei terremoti. Previsioni deterministiche. Previsioni probabilistiche. Bibliografia. La distribuzione geografica e l’intensità
La previsione dei terremoti di Warner Marzocchi. – Uno degli aspetti più interessanti della sismologia, con importanti ricadute sia scientifiche sia sociali, è relativo alla previsione dei terremoti. Ogni discussione sull’argomento non può prescindere da una chiara definizione del significato di prevedere. Di base esistono due tipi possibili di previsione. La prima è la previsione deterministica che implica l’identificazione precisa – e con un anticipo sufficiente per mettere in sicurezza le persone e/o le strutture minacciate dall’evento – di quando e dove avverrà un t. e quanto sarà grande. La seconda è la previsione probabilistica che consiste nel definire una probabilità di accadimento di t. di una determinata magnitudo in una definita finestra spazio-temporale. In quest’ultima ottica, il problema della previsione dei t. non ha più una forma dicotomica – per es., prevedere o no i t. –, ma si può solo parlare di ‘quanto’ i t. siano prevedibili.
Previsioni deterministiche. – La previsione deterministica è solitamente basata sull’identificazione di precursori, cioè segnali di diversa natura (per es., sismici, di deformazione del terreno, geochimici, ionosferici ecc.) che anticipino l’accadimento di un forte t. in un tempo utile per compiere qualche operazione di riduzione del rischio (come, per es., abbandonare le case). Dopo oltre quarant’anni di ricerche sui precursori, non esiste a tutt’oggi nessun metodo riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale per tale tipo di previsione.
Il problema della previsione dei t. ha aspetti teorici interessanti. Ci si può chiedere, per es., se, almeno in teoria, i t. siano prevedibili deterministicamente. Molti ricercatori credono di no. Tale convinzione si basa sul fatto che, secondo alcuni modelli di rottura delle rocce, tutti i t., grandi e piccoli, nascono uguali. In altre parole, un t. quando inizia non ha una durata connaturata e quindi una grandezza prestabilita; di conseguenza, sarà impossibile prevederlo in anticipo, anche tramite eventuali precursori. Altri invece sostengono che sia possibile stabilire con anticipo quanto sarà grande un t. che avvenga in una determinata zona della crosta terrestre. La discussione scientifica procede, senza per ora avere avuto una conclusione accettata dalla maggior parte della comunità scientifica. Nonostante questo aspetto, di certo, non sorprenderebbe se, anche migliorando molto le nostre conoscenze sismologiche, la previsione deterministica rimanesse una chimera. La fisica dei sistemi caotici e sistemi complessi ha mostrato come alcuni processi manterranno una loro intrinseca imprevedibilità anche nel caso in cui si conoscano perfettamente le equazioni di base.
Previsioni probabilistiche. – Indipendentemente dal fatto che l’imprevedibilità attuale dei t. sia dovuta alla nostra ignoranza o a una imprevedibilità intrinseca del processo che ne genera di grandi, lo stato attuale delle conoscenze in sismologia permette soltanto di avere stime affidabili per la previsione probabilistica dei terremoti.
Questi modelli si possono categorizzare a seconda della finestra temporale della previsione probabilistica che viene definita in base all’utilizzo di tali stime. Per es., una previsione probabilistica dello scuotimento del terreno nei prossimi cinquant’anni è di fondamentale interesse per definire la cosiddetta mappa di pericolosità sismica che sta alla base della definizione di opportuni criteri di costruzione antisismica. La previsione probabilistica su tempi brevi, invece, può essere la base per altri tipi di riduzione del rischio sismico, come la gestione delle operazioni di soccorso durante la sequenza delle scosse di assestamento dopo un grande t. ed, eventualmente, per pianificare operazioni di preparazione a un possibile evento sismico incombente. La stima di tale probabilità offre anche una chiara separazione tra i compiti del sismologo e quelli del decisore; lo scopo dei sismologi è quello di fornire stime probabilistiche sempre più accurate e precise, mentre la conversione di tali stime in azioni di riduzione del rischio è compito dei decisori (per es., protezione civile, amministratori locali, ingegneri ecc.), poiché ogni decisione comporta principalmente valutazioni non scientifiche come i costi e i benefici dell’azione pianificata.
Allo stato attuale delle conoscenze, le previsioni probabilistiche per un intervallo di tempo di anni/decadi si basano fondamentalmente sulle leggi di ricorrenza dei t. in un’aspettata area di interesse. Se l’area è ristretta e comprende una faglia sismogenetica unica, il modello di ricorrenza può tenere conto del tempo intercorso dall’ultimo t., poiché dopo un t. forte sulla faglia dovrà passare un certo tempo perché le forze tettoniche ricarichino il sistema per renderlo capace di un nuovo t. forte. Quando l’area di interesse è più vasta e con molte faglie sismogenetiche, i modelli di ricorrenza sono diversi perché devono anche tenere conto delle interazioni tra le faglie, cioè della capacità che un t. su una faglia ne possa produrre altri su faglie vicine; in questi casi, i modelli di ricorrenza più accreditati sono basati sulla distribuzione di Poisson o su una distribuzione che descriva la clusterizzazione temporale e spaziale dei forti terremoti.
I modelli proposti finora per la previsione probabilistica di breve termine (per es., l’epidemic-type aftershock sequences, ETAS, e il short-term earthquake probability, STEP) possono essere categorizzati tutti in un’unica famiglia denominata di cluster sismico. Il modello si basa sul fatto che ogni t. può generarne altri seguendo regole predeterminate; tale capacità è funzione della magnitudo e decade nello spazio e nel tempo con leggi di potenza. In termini matematici, il numero di t. attesi λ in una certa finestra spaziale (x,y) e temporale t con magnitudo m è
λ(x, y, τ, m) = [ μ(x, y) + Σti‹t0 f1(di)f2(Mi)f3(t0-ti)] f4(m) [1]
dove μ(x, y) è il cosiddetto background ovvero il numero di t. aspettati dovuti alla tettonica; il secondo addendo con la sommatoria rappresenta il numero di t. dovuti ai t. precedenti all’istante t0 in cui inizia la previsione; f1(di) è una legge di potenza decrescente che descrive l’influenza di un t. precedente in funzione della sua distanza d dall’area (x,y); f2(Mi) è una legge esponenziale strettamente crescente che descrive l’influenza della magnitudo dell’evento passato; f3(t0-ti) è una legge di potenza decrescente che descrive l’influenza di un t. precedente in funzione della sua distanza temporale dal momento in cui si inizia la previsione; infine la f4(m) descrive la cosiddetta legge di frequenza-magnitudo, cioè in che modo gli eventi aspettati nell’intervallo di interesse si distribuiscono tra le diverse magnitudo possibili. La legge frequenza-magnitudo più utilizzata è la legge esponenziale (monotona decrescente) Gutenberg-Richter.
È interessante notare che tale modello implica che la magnitudo di un t. innescato sia indipendente dalle magnitudo dei t. precedenti. Da ciò si evince anche che con questi modelli il numero atteso di eventi di grande magnitudo sarà comunque piccolo, poiché la legge di Gutenberg-Richter impone che la maggior parte degli eventi attesi abbia una magnitudo bassa. In pratica, durante una sequenza sismica con magnitudo Mi (vedi equazione [1]) non elevate, la probabilità settimanale di un evento distruttivo raramente supera l’1%, anche se l’aumento di probabilità rispetto a una situazione in cui non si ha una sequenza sismica in corso può essere anche di 2-3 ordini di grandezza. Per la stessa ragione le probabilità sono molto più alte per eventi di magnitudo più contenuta. L’equazione [1] dice anche che tali probabilità saranno molto più alte (comunque mai superiori al 10%) dopo forti t. quando è più probabile avere altri eventi forti (come è successo in Emilia nel 2012).
La difficoltà per i decisori di gestire eventi con probabilità inferiori all’1% è la motivazione principale che spiega il perché i primi utilizzi pratici di tali modelli siano avvenuti solo a valle di un grande terremoto.
Diverse versioni della classe di modelli cluster sono attualmente utilizzate in alcuni Paesi come l’Italia, gli Stati Uniti, il Giappone e la Nuova Zelanda per fornire in tempo reale previsioni probabilistiche su finestre temporali di giorni/mesi. Per ora tali stime sono fornite soltanto dopo un grande t., ma sono in corso lavori per renderle disponibili in ogni istante di tempo. Tali stime vengono aggiornate in funzione delle variazioni dell’attività sismica; il concetto è molto simile alle odierne previsioni del tempo che vengono aggiornate in modo continuo a seconda delle nuove misure che si hanno a disposizione.
Unitamente alle ricerche sui modelli e sui precursori, si è reso necessario sviluppare strategie innovative per la valutazione scientifica di un qualsiasi modello predittivo. Nella scienza – non fa eccezione la previsione dei t. – proliferano opinioni e modelli diversi. Ciò è salutare per la sua evoluzione, lo è meno quando si vogliono utilizzare le informazioni in merito per prendere delle decisioni. Se chi prende le decisioni dovesse accettare tutte le informazioni scientifiche con lo stesso peso, tanto varrebbe lanciare una moneta e rinunciare al metodo scientifico. La scienza tuttavia non è (o non dovrebbe essere) materia di opinioni personali, per questo motivo gli scienziati ambiscono a fornire modelli di consenso, o autorevoli, che rappresentino la visione media della maggior parte dei ricercatori. A tal fine, nel caso della previsione probabilistica di breve termine (giorni/settimane) dei t., si sono intensificate negli ultimi anni iniziative internazionali per la verifica sperimentale dei modelli a disposizione. Lo scopo è quello di verificare le capacità predittive di ogni modello a disposizione e ridurre drasticamente la credibilità di modelli non verificabili e in genere delle previsioni ex post (cioè ufficializzate dopo l’occorrenza del t.) che solitamente hanno ampio risalto nei mezzi di informazione.
In quest’ambito è stata lanciata un’iniziativa internazionale denominata CSEP (Collaboratory for the Studies of Earthquake Predictability). Il progetto nasce con lo scopo di definire un esperimento scientifico per la verifica e il confronto dei diversi modelli di previsione (probabilistica e deterministica) dei terremoti. Tali analisi e confronti sono effettuate in un centro (Testing center) dove tutti i modelli vengono utilizzati per produrre previsioni indipendentemente dagli autori degli stessi. Le previsioni sono ‘vere’ previsioni, in quanto i dati utilizzati per il confronto sono i t. futuri dell’area investigata (il cosiddetto natural laboratory) eliminando quindi i problemi legati a ogni possibile aggiustamento da parte dei modellisti. I natural laboratories attivi finora sono la California, la Nuova Zelanda, l’Italia, il Giappone, il Pacifico Occidentale e il globo nel suo complesso. È importante sottolineare che il confronto tra i modelli viene fatto non in tempo reale (per avere a disposizione i cataloghi ufficiali è necessario aspettare qualche settimana o pochi mesi). Ciò non costituisce un problema per CSEP poiché lo scopo dell’esperimento rimane scientifico. Alla fine del periodo di test (che di solito è di cinque anni), l’esperimento si conclude con una classifica dei modelli che si sono comportati meglio nella propria classe di previsione. Di particolare interesse si ritiene anche il confronto tra le classifiche stilate per tutti i natural laboratories per riscontrare se sono sempre gli stessi modelli ad avere le capacità previsionali migliori. Il primo esperi-mento per il territorio italiano è iniziato nell’agosto del 2009 e si è concluso il 31 luglio 2014 per tre diverse classi di previsione: previsione giornaliera per t. di magnitudo superiore a 4; previsione trimestrale per eventi di magnitudo superiore a 4; previsione quinquennale per eventi di magnitudo superiore a 5. I risultati di questo esperimento e di ogni esperimento CSEP vengono regolarmente pubblicati su riviste scientifiche internazionali.
Bibliografia: M. Gerstenberger, S. Wiemer, L.M. Jones et al., Real-time forecasts of tomorrow’s earthquakes in California, «Nature», 2005, 435, pp. 328-31; T.H. Jordan, Earthquake predictability, brick by brick, «Seismological research letters», 2006, 77, pp. 3-6; J.D. Zechar, D. Schorlemmer, M. Liukis et al., The collaboratory for the study of earthquake predictability perspective on computational earthquake science, «Concurrency and computation: practice and experience», 2010, 22, pp. 1836-47; T.H. Jordan, Y.-T. Chen, P. Gasparini et al., Operational earth quake forecasting: state of knowledge and guidelines for utilization, «Annals of geophysics», 2011, 54, pp. 315-91. Si veda inoltre: Senior seismic hazard analysis committee, Recommendations for probabilistic seismic hazard analysis: guidance on uncertainty and use of experts (for U.S. Nuclear regulatory commission, U.S. Department of energy, Electric power research institute), 1997, http://nnsa.energy.gov/files/nnsa/multiplefiles2/SSHAC%201997 %20NUREG%20CR-6372.pdf (27 sett. 2015).
La distribuzione geografica e l’intensità di Anna Bordoni. – I grandi t. (con magnitudo uguale o superiore a 8 Mw) avvenuti nel mondo dal 2007 al 2014 sono stati 11, numero che non si discosta significativamente dalla statistica del passato. Nello stesso intervallo di tempo anche il numero di t. di magnitudo uguale o superiore a 7 si è mantenuto all’interno dei valori normali nelle statistiche del Servizio geologico degli Stati Uniti (USGS, United States Geological Survey). Tuttavia la capacità di divulgare rapidamente notizie e informazioni attraverso le reti di telecomunicazioni, prima tra tutte Internet, crea talvolta l’impressione erronea che il numero di t. sia in aumento.
Tra i più significativi eventi sismici recenti si ricordano: il t. avvenuto il 12 maggio 2008 nella provincia di Sichuan (Cina centro-meridionale), di magnitudo 7,9 Mw, che causò circa 70.000 vittime, 374.000 feriti e 18.390 dispersi; il t. avvenuto in mare presso l’isola di Sumatra (60 km a ovest nord-ovest dalla città di Padang) del 30 settembre 2009, di magnitudo 7,6 Mw, con oltre 1100 morti; il t. di Haiti del 12 gennaio 2010, con epicentro nelle vicinanze della capitale Port-au-Prince, di magnitudo 7 Mw, che procurò 230.000 morti, oltre 300.000 feriti e più di un milione di sfollati (in termini di vittime, si è trattato del terzo evento più catastrofico degli ultimi 40 anni su scala mondiale, con danni economici stimati in circa 8 miliardi di dollari); il t. di 8,8 Mw del 27 febbraio 2010 al largo della costa del Maule, il più forte evento sismico che ha colpito il Cile dal 1960; il t. nel Yushu (provincia cinese del Qinghai) del 14 aprile 2010 (6,9 Mw), con circa 2700 vittime; infine, il t. devastante (9,0 Mw) che l’11 marzo 2011 si è verificato a 30 km di profondità al largo della regione del Tōhoku. Malgrado quest’ultimo rimanga a tutt’oggi il più potente t. mai misurato in Giappone e il settimo per intensità a livello mondiale, i maggiori danni sono stati causati dall’onda di maremoto che si è abbattuta sulla città di Sendai.
La rete sismometrica mondiale contiene come parte integrante quella italiana, gestita dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) e costituita da oltre 300 punti di osservazione presso i quali sono installati 1000 strumenti ad alta tecnologia. In Italia si verificano in media tre t. ogni due giorni, la maggior parte dei quali non è avvertita dalla popolazione. Tra i più disastrosi t. del 21° sec., si ricorda quello avvenuto a L’Aquila (di magnitudo 6,3 Mw) il 6 aprile 2009, percepito in tutto il Centro-Sud della penisola, con un bilancio di 309 vittime, oltre 1500 feriti e 68.000 sfollati. Allo stato attuale, il problema nazionale è la necessità di operare una strategia di prevenzione, adattando le strutture edili e le infrastrutture pubbliche all’eventualità di t., come si è reso evidente con l’altro grave evento sismico italiano del 20 maggio 2012 (5,9 Mw), costituito da una serie di scosse localizzate nella Pianura Padana emiliana, con epicentro nei pressi di Modena, avvertite in una vasta area dell’Italia centro-settentrionale.