terribile
Una volta nella Vita Nuova e due nella Commedia. Col senso oggi vulgato, cioè iperbolico e un po' generico, in Vn XXXV 1, in cui i dolorosi pensamenti, ossia gli angosciosi pensieri cui D. si era lasciato andare dopo la morte di Beatrice, gli faceano parere de fore una vista di terribile sbigottimento: il suo aspetto era quello di un uomo sbigottito e assorto, tanto da causare paura e stupore in chi lo guardasse.
Più efficace, non iperbolico, l'uso di t. nei due passi della Commedia. Fra le tante cose spaventose osservate e sperimentate da D., due sole egli definisce ‛ terribili ': la stipa di serpenti (If XXIV 82), l'ammasso confuso di serpi nella bolgia dei ladri, e l'aquila che gli appare in sogno, e che piomba per afferrarlo terribil come folgor (Pg IX 29). Nel primo caso l'orrore che D. vuole esprimere (più simile a un attonito ribrezzo che a vera paura) è tale, che il termine t. non sembra adeguato, sicché D. aggiunge la proposizione consecutiva che la memoria il sangue ancor mi scipa (v. 84; in XI 3 stipa è unito all'aggettivo crudele). La chiosa di Benvenuto nasce da una cattiva interpretazione del vocabolo stipa: " dicit notanter terribile, quia in ‛ stia ' solent stare aves pulchrae, mansuetae, sicut capones, columbae, turtures... hic vero stabant serpentes ".
Nel passo del Purgatorio invece la terribilità dell'aquila sta nella sua ‛ fulmineità ', nella decisione improvvisa, nella velocità rapace con cui essa si avvicina a D. e, da animale osservato in lontananza, con distacco (vv. 19-21), diviene d'un tratto (vv. 28-29) gigantesco uccello che rapisce il debole uomo trascinandolo in un immenso incendio. Rispetto a Virgilio (aen. XII 247) " l'imagine dantesca, più vivamente scolpita nella sua semplicità, rende meglio la rapidità del volo " (Casini-Barbi). V. anche TERRIBILMENTE.