TERSITE (Θερσίτης)
Nell'antico mondo epico T. è quello che i moderni chiamano l'antieroe, il personaggio brutto, vile, offensivo che deve dare lo stacco necessario alla programmatica, uniforme bellezza e nobiltà degli eroi. Omero insiste nell'aspetto contorto e degradato del personaggio: e tali caratteristiche ritornano chiaramente indicate in Lykophron che lo definisce πιϑεκόμορϕος e sino in un famoso Dialogo di Luciano in cui Menippo è chiamato a giudicare in un concorso di bellezza tra T. e Nireo, il più splendido degli Achei dopo Achille, ridotti entrambi a scheletri. Non ignobili sono invece le immagini di T. che possiamo riferire alla tradizione epica più tarda, come l'Etiopide, o ad opere teatrali quali l'Achilleus Thersitoktonos di Chairemon.
Nella Nèkyia di Polignoto T. figurava accanto a Palamede e ad Aiace, vale a dire a quegli eroi che erano tradizionalmente ostili ad Odisseo, il nemico principale di T. dopo Achille (Paus., x, 31, i).
Non poche delle figurazioni tradizionalmente riferite a T. sono state in seguito riconosciute non giuste: così la piccola testa di eroe barbato afferrata da una grande mano nel Museo Chiaramonti, che è evidentemente parte di un gruppo di Scilla. Così non assolutamente sicure sono le identificazioni di T. tra gli "Argonauti" del famoso cratere di Orvieto (Louvre G 341) o in una kàlpis del British Museum (E 196) dove la difformità del personaggio calvo e ammantato, in una scena di partenza di eroi, può indicare soltanto la degradazione dovuta all'età di un vecchio parente. Né per quanto sia noto che T., etolo per nascita, e apparentato con Meleagro e Diomede fosse presente alla caccia del cinghiale di Kalydon, sapremmo vederlo in una piccola scimmia (il πιϑεκόμοϕρος) che figura in una scena di caccia su una hydrìa ceretana del Louvre E 696.
Le immagini più sicure rimangono quindi quelle con iscrizioni come nella Tabula Iliaca Capitolina, in cui Achille uccide T. inginocchiato presso un altare in uno schema non diverso da quello usato per i prigionieri troiani nei funerali di Patroclo. In un momento posteriore il dramma è evocato con ben diversa tensione in un grande cratere tarantino del museo di Boston. In questa grande figurazione l'urto viene a scaturire dall'opposizione tra l'altera melanconia di Achille isolato al centro nel tabernacolo come sotto la tenda, la furia compressa di Diomede e il corpo insepolto di T. giacente in primo piano, il capo separato dal busto. In questo caso assenti sono i caratteri di peculiare deformità del personaggio che si distingue dagli altri unicamente per un aspetto non eroico; egli è infatti ammantato come un pedagogo e il volto grave e barbato lo differenzia dall'eterna giovinezza degli eroi. Si ha quindi l'impressione che a giustificare lo spirito di vendetta di Diomede per il parente ucciso, il poeta tragico abbia tentato di presentare anche T. sotto una luce meno ignobile. Nello stesso ambiente artistico, in un grande cratere tarantino per disgrazia giunto incompleto nel museo di Taranto, T. è rappresentato imberbe ed eroico in nulla diverso dagli altri personaggi che le iscrizioni indicano come Diomede e Menelao. La parte centrale della figurazione manca e di conseguenza l'atto di T. che legge o incide dei grammata in una tavoletta promette sorprendenti rivelazioni che per ora non sapremmo anticipare.
Bibl.: J. Schmidt, in Roscher, V, 1916-24, c. 665 ss., s. v. Thersites; J. M. Paton, in Amer. Journ. Arch., XII, 1908, p. 406 ss.; Gebhard, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, c. 2455 ss., s. v. Thersites; N. Plaoutine, in Rev. Et. Grecques, LV, 1942, p. 161 ss.; Y. Becquignon, L'Iliade illustrée, Parigi 1945, p. 100; Jahrbuch (Arch. Anz.), LXXI, 1956, c. 225; Arch. Ephemeris, 1957, p. 174; Jahrbuch, (Arch. Anz.), LXXVII, 1962, c. 83.