terzeruolo
Solo in If XXI 15, descrivendo D. l'arsenale dei Veneziani: chi ribatte da proda e chi da poppa; / altri fa remi e altri volge sarte; / chi terzeruolo e artimon rintoppa. Secondo la chiosa del Buti, la nave " porta tre vele: una grande che si chiama artimone; una mezzana, la quale si chiama la mezzana, ed un'altra minore che si chiama terzaruolo ".
Il Buti è seguito da commentatori antichi (per es. Daniello) e moderni (per es. Sapegno); questi ultimi precisano che t. è la vela più piccola, anche in una nave che ne abbia solo due (Chimenz, Mattalia), ed è posto davanti, mentre l'artimone, la più grande, sta a poppa (Steiner).
Secondo il Vivaldi, " l'ultimo pezzo della vela che, dopo una lunga navigazione, doveva essere mal ridotto e aver bisogno di ricuciture e di toppe. Prendere il terzarolo, cioè ripiegare questo grosso orlo della vela, è manovra ben nota da che si naviga ".
Le due interpretazioni non si escludono a vicenda; come suggerisce l'etimologia, t. può valere sia " vela piccola, che è un terzo di quella grande ", oppure " la terza parte di una vela grande ", quella parte che si può ripiegare quando c'è troppo vento (e tale azione è detta ‛ prendere ' o ‛ fare il terzeruolo ').
Si noti la presenza, nel contesto, di altri termini tecnici, quali rimpalmar (v. 9), ristoppa e coste (v. 11), sarte (v. 14) e artimon (v. 15).
Bibl. - F. Vivaldi, Pedanterie del lettore solingo, in " L'Alighieri " II 1 (1961) 28-29 (rist. in Qualche segreto della D.C., Firenze 1968, 20-22).