TERZO SETTORE.
– Configurazione giuridica ed economica. Dimensioni del terzo settore in Italia
Il t. s., ossia l’insieme delle organizzazioni della società civile, distinte da Stato e pubblica amministrazione (primo settore) e dalle società commerciali (secondo settore), che svolgono attività solidali di utilità sociale in ambiti quali assistenza sociale, diritti umani e civili, sanità, istruzione, tutela ambientale, sport ecc., ha assunto in Italia negli ultimi anni crescente rilevanza. Costituisce un variegato sistema, denominato economia civile, che opera direttamente a contatto con le situazioni di emarginazione, povertà, esclusione e fragilità sociale, in stretta collaborazione con le amministrazioni pubbliche soprattutto locali.
Configurazione giuridica ed economica. – Nonostante abbiano natura privata, le organizzazioni che operano nel t. s. si pongono tra Stato e mercato senza fini di lucro, e per tale ragione vengono anche definite come non profit, sintetizzando l’inglese not for profit organization, in quanto accomunate dall’assenza della ricerca di profitto. Ciò che caratterizza la maggior parte di tali organizzazioni è infatti la specificità del contratto societario che lega i soci all’azienda: lo statuto, infatti, prevede un vincolo per la distribuzione degli utili, cui si affianca generalmente l’impossibilità di cedere la propria quota sociale a terzi. L’obiettivo del ‘non profitto’ è dunque riferito al singolo socio e non all’azienda in sé, la quale, nel caso realizzi un utile, non procederà alla sua distribuzione tra i soci, ma si impegnerà a reinvestirlo nel perseguimento delle sue attività istituzionali (alcune tipologie di organizzazioni del t. s. possono essere soggette all’obbligo di destinare una certa quota dell’eventuale utile prodotto a fondi nazionali di categoria). Le organizzazioni del t. s. sono molto eterogenee tra di loro, includendo associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato, comitati, fondazioni bancarie e non, organizzazioni non governative (ONG), organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), imprese sociali; alcune hanno una gestione economica limitata, altre invece sono strutturate in modo ampio e complesso, con personale retribuito e non soltanto volontario. Sotto il profilo della forma giuridica possono essere classificate in associazioni riconosciute (dotate di personalità giuridica), associazioni non riconosciute (prive di personalità giuridica), fondazioni, comitati, cooperative sociali, o altre forme che includono enti ecclesiastici, società di mutuo soccorso, enti morali, opere pie. La rilevanza del settore è anche testimoniata dal susseguirsi di interventi che hanno dato nel tempo legittimità e riconoscimento a questa realtà: la l. 8 nov. 1981 nr. 381, che disciplina le cooperative sociali; la l. 11 ag. 1991 nr. 266, che riconosce il valore sociale e la funzione dell’attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, promuovendone lo sviluppo e salvaguardandone l’autonomia; il d. legisl. 4 dic. 1997 nr. 460 che ha istituito le ONLUS; la l. 8 nov. 2000 nr. 328, finalizzata a promuovere interventi sociali, assistenziali e sociosanitari destinati alle persone e alle famiglie in difficoltà; la l. 7 dic. 2000 nr. 383 che ha istituito le associazioni di promozione sociale; il d. legisl. 24 marzo 2006 nr. 155 che ha istituito l’impresa sociale in qualità di organizzazione privata che svolge in via stabile e principale un’attività economica volta alla produzione e allo scambio di beni o servizi di utilità sociale. La proliferazione e la stratificazione della normativa e l’assenza di un disegno organico hanno posto le basi alla necessità di una profonda revisione della legislazione attraverso un disegno di legge di delega al governo per la riforma del t. s., approvato in prima battuta dalla Camera ad aprile del 2015, articolato su quattro principali linee di intervento: la revisione della disciplina con il riordino di tutte le disposizioni vigenti; il ripensamento e il rilancio complessivo di tutto il settore; l’istituzione di una nuova disciplina del Servizio civile nazionale; la revisione delle misure di sostegno al t. s. anche attraverso la disciplina del 5 per mille.
Dimensioni del terzo settore in Italia. – La crescente importanza del t. s. nell’economia italiana trova conferma nei risultati del censimento ISTAT da cui emerge che, al 31 dicembre 2011, erano operative in Italia più di 300.000 istituzioni del t. s., cresciute rispetto alla precedente rilevazione censuaria del 2001 del 28%, ovvero a un tasso oltre tre volte superiore a quello delle altre imprese (aumentate nello stesso periodo dell’8,4%). Le organizzazioni del t. s. hanno potuto contare sul contributo lavorativo di quasi 700.000 addetti, aumentati nel decennio tra i due censimenti di quasi il 40%, ossia nove volte di più rispetto all’incremento degli addetti delle imprese negli altri settori dell’economia, e di oltre 270.000 tra lavoratori esterni e lavoratori temporanei (‘altre risorse umane’), il cui numero si è triplicato in dieci anni, ai quali vanno aggiunti oltre 4,7 milioni di volontari che con le loro prestazioni lavorative offerte gratuitamente rappresentano la componente che più di tutte caratterizza e qualifica il terzo settore. Questi ultimi, più in particolare, sono costituiti in prevalenza da individui di giovane età (il 43,2% ha meno di 30 anni e il 20,5% ha un’età compresa tra i 30 e i 54 anni), in possesso di titoli di studio medio alti (il 20,5% è laureato e il 50,1% ha conseguito il diploma di scuola superiore) e che per oltre il 55% svolgono un’altra attività lavorativa (il 28% circa si è invece ritirato dal mondo del lavoro, mentre il 17% risulta in altra condizione professionale: studente, disoccupato, inattivo ecc.). Per quanto riguarda la forma giuridica, il t. s. italiano è composto in larga parte da associazioni non riconosciute (66,7%) e riconosciute (22,7%), seguite dalle istituzioni con altra forma giuridica (4,8%), dalle cooperative sociali (3,7%) e dalle fondazioni (2,1%). Il rapido sviluppo del t. s. è da ricollegare alla crescita di bisogni riguardanti la salute, l’assistenza, la protezione dell’ambiente, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e di altri bisogni sociali che non trovano risposte adeguate né da parte del settore privato, in quanto non sufficientemente remunerativi, né da parte del settore pubblico a causa dei crescenti vincoli di bilancio che hanno portato le istituzioni pubbliche centrali e locali a delegare alle organizzazioni del t. s. la produzione di servizi sociali in cambio di un sostegno finanziario. Infatti, il principale settore di attività per le istituzioni del t. s. è l’ambito cultura, sport ed educazione (un vasto settore che comprende l’organizzazione di eventi sportivi, l’offerta di corsi per la pratica sportiva, l’organizzazione di feste, sagre e altre manifestazioni e che da solo interessa il 65% delle istituzioni e quasi il 60 dei volontari di tutto il t. s.), nel quale il numero delle organizzazioni attive del t. s. (quasi 2.000.000) è più di tre volte superiore a quello delle altre imprese. Allo stesso tempo è cresciuta anche l’importanza in altri ambiti come quelli della filantropia e della promozione del volontariato, dello sviluppo economico e della coesione sociale (che riguarda soprattutto l’inserimento lavorativo nelle imprese cooperative), dell’istruzione e della ricerca (che include i servizi per le scuole e l’infanzia, la formazione e l’aggiornamento professionale), dell’assistenza sociale (che include i servizi prestati dalla protezione civile, i servizi per l’integrazione dei soggetti deboli o a rischio e il sostegno socioeducativo) e della sanità (che comprende servizi quali la donazione di sangue, organi e tessuti e il soccorso e il trasporto sanitario). Questi ultimi, infatti, non solo hanno fatto registrare una crescita sensibile del numero di organizzazioni attive e di soggetti a vario titolo coinvolti, ma in diversi casi rappresentano la principale realtà produttiva del Paese, come per l’istruzione, dove le imprese del t. s. rappresentano il 13% delle organizzazioni attive e per il settore sanitario e dell’assistenza sociale dove tale percentuale sale al 24%.