TESI, Vittoria detta la Fiorentina o la Moretta
– Nacque a Firenze il 13 febbraio 1701 (1700 ab Incarnatione), figlia di Alessandro e di Maria Antonia Rapacciuoli.
Come il tiorbista Niccolò Susier annotò nel proprio diario, il padre era un lacchè di origini africane al servizio del soprano Francesco De Castris, influente favorito del principe Ferdinando de’ Medici (Ademollo, 1889, pp. 308 s.; il cantante fu padrino di battesimo della neonata, mentre madrina fu il soprano Vittoria Tarquini). Destinata a divenire il massimo contralto femminile del primo Settecento (per espressa dichiarazione dei contemporanei), Tesi fu dunque anche la prima cantante d’opera mulatta a imporsi sulle scene (Broschi Farinelli, 2000, pp. 273 s.). Il ritratto che le fece Giuseppe Maria Crespi non è oggi identificabile, ma i disegni di Anton Maria Zanetti (Caricature, a cura di A. Bettagno, Vicenza 1969, nn. 14, 21, 332 e 336) fanno leva sui peculiari tratti somatici: corpo formoso, labbra tumide, capelli crespi, mento prognato. Il viaggiatore melomane olandese Jan Alensoon annotò che, nel prepararsi a una recita milanese durante il Carnevale 1724, ella si sbiancava con cipria la bruna pelle (Vlaardingerbroek, 1991, p. 543). Di lì a pochi anni, Anna Bagnolesi, anch’ella contralto, era insieme lusingata e distinta con il soprannome di Tesi bianca. Dal canto suo, in una lettera al soprano Carlo Broschi, detto Farinelli, Pietro Metastasio si entusiasmava per la «nostra impareggiabile africana Tesi» (Vienna, 28 maggio 1749; Metastasio, 1951, p. 393). Il fascino esotico non meno che artistico le procurò spasimanti del rango di Augusto II il Forte, elettore di Sassonia e re di Polonia, e del futuro cardinale Enea Silvio Piccolomini.
Sia Charles Burney (1773, I, p. 318) sia più diffusamente Carl Ditters von Dittersdorf (1801, 1967, pp. 35 s.) tramandano l’aneddoto per il quale il suo matrimonio con un modesto fornaio o barbiere fu contratto casualmente e in fretta e furia, onde sfuggire allo sgradito corteggiamento di un misterioso aristocratico. L’unione ebbe luogo il 10 maggio 1731 a Bologna, nella chiesa di S. Giacomo dei Carbonesi; ma lo sposo, il veneziano Giacomo Palmerino Tramontini, abiatico di un gioielliere e inclinato agli affari, era in verità un partito invidiabile, mentre la dispensa dalle pubblicazioni fu concessa soltanto dopo alcune settimane, preso atto dei troppi luoghi ove la nubenda aveva soggiornato (tra le deposizioni figura un autobiografico e non sempre attendibile resoconto dei viaggi).
Secondo Giovanni Battista Mancini (1774), Tesi iniziò lo studio del canto con Francesco Redi a Firenze, lo proseguì con Francesco Campeggi a Bologna – si era lì trasferita con i genitori nel luglio del 1715, come si legge nei documenti matrimoniali – e ivi lo perfezionò con Antonio Maria Bernacchi. Esordì sotto la protezione di Antonio Farnese, principe e poi duca di Parma (1716); alla morte di lui (1731), per breve tempo si presentò sotto quella di Gian Gastone de’ Medici, granduca di Toscana. Figurò quindi (almeno fino al 1741) al servizio di Francesco III d’Este, principe e poi duca di Modena, e passò infine (almeno dal 1743) a quello di Maria Teresa d’Asburgo, regina di Boemia e d’Ungheria, e del consorte Francesco Stefano di Lorena, nuovo granduca di Toscana e poi anche imperatore. Guadagnò presto il primo piano nel mercato musicale: una lettera del compositore e maestro di canto Carlo Antonio Benati (Bologna, 6 dicembre 1718), indirizzata alla cantante stessa in Venezia e poi satiricamente posta in musica da Benedetto Marcello, la riconosce già di fatto tra le più ricercate virtuose del momento. Conservò pari disinvoltura in parti virili e muliebri, e fu specialista di quelle ove il personaggio, travestito, agisce perlopiù in spoglie del sesso opposto (così l’Emira del Siroe e l’eroe eponimo dell’Achille in Sciro metastasiani). Fu collega favorita e intima amica del Farinelli: in strategica complicità i due si opposero, a registri invertiti, alla coppia formata dal soprano Francesca Cuzzoni e dal contralto Francesco Bernardi detto il Senesino. Stabilì la propria residenza ora a Bologna ora a Firenze, fino al definitivo trasferimento a Vienna, ove fu accolta presso il principe Giuseppe Federico di Sassonia-Hildburghausen. I libretti di molti drammi per musica da lei recitati, integrati con altre testimonianze, consentono di ricostruire una cronologia della carriera.
Nel 1716 debuttò a Parma (teatro Ducale: Il Dafni di Emanuele d’Astorga). Nel 1717 fu a Bologna (Marsigli Rossi: L’odio e l’amore di Carlo Francesco Pollarolo e Il sogno avverato di ignoto; Formagliari: il ‘pasticcio’ Lucio Vero curato da Giacomo Antonio Perti e La Merope di Giuseppe Maria Orlandini) e Dresda (Redoutensaal: Giove in Argo di Antonio Lotti). Nel 1718 a Mantova (Arciducale: La Cunegonda e Lucio Papirio di ignoti), Dresda (Redoutensaal: Gl’odi delusi dal sangue di Lotti) e Venezia (S. Angelo: L’amor di figlia di Giovanni Porta, e nel Carnevale successivo Amalasunta di Fortunato Chelleri e Il pentimento generoso di Andrea Stefano Fiorè). Nel 1719 a Dresda (Regio Elettorale: Teofane di Lotti). Nel 1721 a Firenze (Pergola: L’innocenza difesa di Chelleri e Tito Manlio di Luca Antonio Predieri), Treviso (Delfino: Il Tamerlano di Chelleri), Bologna (da qui in poi sempre al Malvezzi: Astarto di Predieri) e Venezia (S. Giovanni Grisostomo: Plautilla di Antonio Pollarolo, e nel Carnevale successivo Giulio Flavio Crispo di Giovanni Maria Capelli e Venceslao di Porta, Antonio Pollarolo e Capelli). Nel 1722 a Genova (S. Agostino: L’amor generoso di ignoto), Milano (da qui in poi sempre al Regio Ducale: L’Argippo di Fiorè) e Venezia (S. Giovanni Grisostomo: L’Arminio di Carlo Francesco Pollarolo). Nel 1723 a Venezia (S. Angelo: Timocrate di Leonardo Leo e I veri amici di Tomaso Albinoni), Firenze (Pergola: Flavio Anicio Olibrio di Francesco Gasparini) e Milano (La caduta de’ decemviri di Porta, con musiche interpolate di Albinoni e Domenico Sarro, e nel carnevale successivo L’Oronta di Orlandini). Nel 1724 a Parma (Corte: Il Venceslao di Capelli) e Napoli (da qui in poi, fino al 1736, sempre al S. Bartolomeo: Eraclea di Leonardo Vinci, prima apparizione al fianco del Farinelli, e il ‘pasticcio’ Turno Aricino curato da Vinci e Leo). A Napoli fu ancora nel 1725 (Tito Sempronio Gracco di Sarro, Zenobia in Palmira di Leo, Amore e fortuna di Porta e Astianatte di Vinci, più Il Florindo di Sarro in un «vaghissimo teatro», una serenata di Francesco Corradini nella dimora di Francesco Santoro e un’altra in quella di Carlo Carmignano: fu Marc’Antonio e Cleopatra di Johann Adolf Hasse, ov’ella impersonò il triumviro romano e il Farinelli la regina egizia; cfr. Burney, 1773, II, p. 184 s.) e nel 1726 (S. Bartolomeo: La Lucinda fedele di Porta), per poi passare a Venezia (S. Samuele: I rivali generosi di Giuseppe Vignati). Nel 1727 a Milano (Siroe re di Persia di Porta e Girita di Vignati). Nel 1728 a Milano (Berenice di Orlandini e il ‘pasticcio’ Ipermestra curato da Giuseppe Ferdinando Brivio) e a Parma (Ducale: Medo di Vinci; allo stesso periodo potrebbe risalire la cantata vinciana Mesta, oh dio, fra queste selve, la cui versione per contralto è a lei dedicata). Nel 1729 a Milano (Didone abbandonata di Albinoni ed Eurene di Predieri), Firenze (Cocomero: Viriate di Giovanni Nicola Ranieri Redi) e Napoli (Il Farnace di Vinci, Il Tigrane di Hasse, Il Tamese di Francesco Feo, e nel Carnevale successivo Semiramide di Leo). Nel 1730 a Bologna (Artaserse di Hasse). Nel 1731 a Milano (Artaserse di Hasse e Alessandro nell’Indie di Predieri), Bologna (Farnace di Porta), Fano (Fortuna: L’innocenza giustificata di Orlandini), di nuovo Milano (Arianna e Teseo di Riccardo Broschi) e Ferrara (Bonacossi: Artaserse di Vinci). Nel 1732 a Torino (Regio: Catone in Utica di Hasse e Merope di Broschi) e Piacenza (Ducale: Alessandro Severo di Geminiano Giacomelli). Nel 1733 a Milano (La Candace di Giovanni Battista Lampugnani e La Semiramide di Porta), Bologna (Siroe re di Persia di Hasse) e Lucca (Pubblico: Merope di Broschi). Nel 1734 a Firenze (da qui in poi sempre alla Pergola: L’innocenza giustificata di Orlandini). Nel 1735 a Milano (L’ambizione superata dalla virtù di Giovanni Battista Sammartini e Cesare in Egitto di Giacomelli) e Venezia (da qui in poi sempre al S. Giovanni Grisostomo: la stessa opera di Giacomelli, e nel Carnevale successivo Venceslao di ignoto e Alessandro nell’Indie di Hasse). Nel 1736 a Napoli (Cesare in Egitto di Giacomelli, Alessandro nell’Indie di Hasse, revisionato da Giuseppe De Majo, e Farnace di Leo), ov’era ancora l’anno dopo (da qui in poi sempre al S. Carlo: Achille in Sciro di Sarro, per l’inaugurazione del teatro, e L’olimpiade di Leo), nel 1738 (Artaserse di Vinci, revisionato da Leo, Le nozze di Amore e Psiche di quest’ultimo e Il Demetrio di Leo, Broschi e altri) e nel 1739 (La Semiramide riconosciuta di Nicola Porpora). In quest’ultimo anno e nel successivo, disattendendo un contratto veneziano con i Grimani, fu poi a Madrid presso Filippo V, re di Spagna (Buen Retiro: Farnace di Francesco Corselli). Nel 1741 a Reggio (Pubblico: Vologeso re de’ Parti di Pietro Pulli; terminate le recite, si sarebbe dovuta recare a Francoforte sul Meno – lo si evince da una lettera del 28 marzo a Piccolomini; cfr. Croce, 1946, p. 88 – per l’incoronazione del nuovo imperatore; il viaggio fu però annullato: era forse divenuto chiaro che nell’elezione la parte lorenese-asburgica, sua protettrice, sarebbe stata sopraffatta da quella bavarese) e Venezia (Tigrane di Giuseppe Arena, e nel Carnevale successivo Merope di Niccolò Jommelli, Statira di Porpora ed Endimione di Andrea Bernasconi). Nel 1742 a Venezia (Baiazet di Bernasconi, e nel carnevale successivo Semiramide di Jommelli, Alessandro nell’Indie di Hasse, Siroe di Gennaro Manna e La ninfa Apollo di Bernasconi). Nel 1743 a Firenze (Baiazette di Egidio Romualdo Duni). Nel 1744 a Venezia (Ipermestra di Christoph Willibald Gluck, e nel carnevale successivo Semiramide riconosciuta di Hasse e Antigono di Bernasconi). Nel 1746 a Genova (S. Agostino: il ‘pasticcio’ Merope). Nel 1747 a Firenze (Il trionfo della gloria di ignoto, versione dell’Achille in Sciro metastasiano) e Napoli (palazzo reale e S. Carlo: la serenata Il sogno d’Olimpia di De Majo). Nel 1748 a Vienna (da qui in poi sempre allo Hofburgtheater: Semiramide riconosciuta di Gluck – «la Tesi recita in modo che ha sorpreso me, non che tutta l’umanità di Vienna dell’uno e dell’altro sesso», scrisse il Metastasio a Giovanni Claudio Pasquini il 29 giugno 1748; cfr. Metastasio, 1951, p. 353 – e Alessandro nell’Indie di Georg Christoph Wagenseil, Leucippo di Hasse e Il Siroe ancora di Wagenseil), ov’era ormai residente nel 1749 (Artaserse di Baldassare Galuppi, Ezio di Bernasconi e Achille in Sciro, Catone in Utica, Merope e Didone abbandonata di Jommelli) e nel 1750 (Andromaca e Vologeso re de’ Parti di Davide Perez, Andromeda liberata di Girolamo Abos, i ‘pasticci’ Euridice e Armida placata, con musiche di Bernasconi, Galuppi, Ignaz Holzbauer e Jommelli nel primo, di Abos, Giuseppe Bonno e Predieri nel secondo, nonché di Hasse e Wagenseil in entrambi, e Vincislao di Wagenseil). Svanita l’ipotesi di un nuovo ingaggio a Napoli, la cantante si esibì – forse per l’ultima volta – nel 1754 a Engelhartstetten (castello di Hof, per una visita della coppia imperiale: Il vero omaggio e L’isola disabitata di Bonno, e Le cinesi di Gluck).
Ritiratasi dalle scene (accusava da tempo affezioni alle vie respiratorie; cfr. Croce, 1946), Tesi si prestò come direttore dei costumi di scena nel teatro di Vienna (cfr. Metastasio, 1951, p. 336) e fu stimata didatta, avendo per allieve Anna Lucia De Amicis, Caterina Gabrielli ed Elisabeth Teyber. Il 28 giugno 1769 fu decorata con la croce dell’Ordine di fedeltà e costanza conferitale da Cristiano VII, re di Danimarca (Notizie del mondo, 5 agosto 1769, p. 505).
Morì a Vienna, per una polmonite, il 9 maggio 1775; fu tumulata nella cripta della chiesa dei Cappuccini sul Neuer Markt (Lorenz, 2016). Con l’ultimo testamento, del 10 aprile 1773, aveva distribuito una ricchissima eredità (ibid.).
Le doti carismatiche della Tesi si leggono nelle pagine d’ammirazione lasciate dal Metastasio, Johann Joachim Quantz, Burney e Dittersdorf tra gli altri. Mancini la indica come «degna, senza contrasto, d’ottener il primo luogo» tra le «memorande donne» fiorite dalle più illustri scuole di canto italiane (1774, p. 19), e aggiunge: «quantunque essa fosse divenuta una cantante abilissima, ed avesse appreso un ottimo metodo nelle insigni scuole suddette, pure secondando la propria inclinazione, ed animata dai primi successi, si rivolse a trattare con più impegno l’azione ed il gesto, e con ciò felicemente riuscì nell’arte difficile d’aggiungere nuove grazie a quelle del suo canto. Ebbe ben ragione nella scelta, perché adorna di tutte quelle rare prerogative, che ben sovente non si accoppiano, e ch’erano tutte unite in lei. Un ottimo, e ben complesso personale, accompagnato da nobile e grazioso portamento; una chiara e netta pronunzia; il vibrare le parole a seconda del vero senso; l’adattarsi a distinguere parte a parte ogni diverso carattere sì col cangiamento del volto, come col gesto appropriato; il possesso della scena, e finalmente una perfettissima intonazione, che non vacillò mai anche nel fervore dell’azione più viva, furono in lei pregi sì singolari, e guidati sì bene dall’arte, che la resero unica perfetta maestra. Questa donna si meritò gran fama ed onori ... ed in una parola può dirsi ch’essa fu a’ suoi tempi, in questo genere, il sostegno del Teatro Italiano. Non è questo il solo esempio di quanto valga la cognizione delle proprie forze, e l’esame della disposizion naturale, che ciascheduno ha per riuscire negl’intrapresi studi, e nel corrispondente genere di vita. Egli è certo, che la Tesi per la sola sua voce e per il suo solo cantare, benché d’ultima perfezione, mai avrebbe acquistata la celebrità, che per esso, e per la sublime sua maniera di declamare, meritamente ottenne» (1777, pp. 27-29).
Fonti e Bibl.: Firenze, Opera di S. Maria del Fiore, Archivio delle fedi di battesimo di S. Giovanni, reg. 295, c. 84v; Bologna, Archivio generale arcivescovile, Matrimoni, b. 50, cart. 42/20; Parrocchie di Bologna soppresse, 15/1, S. Giacomo dei Carbonesi. Parrocchia. Stati delle Anime, e Libri de’ Matrimonj dall’Anno 1566 al 1806, VI, Liber matrimoniorum, 3, c. 87v; J.J. Quantz, Lebensläuffe, in F.W. Marpurg, Historisch-kritische Beyträge zur Aufnahme der Musik, I, 3, Berlin 1755, pp. 212, 214, 227 s., 230; C. Burney, The present state of music in Germany, the Netherlands, and United Provinces, I, London 1773, pp. 318-320, II, pp. 173, 176, 183 s., 185; G.B. Mancini, Pensieri e riflessioni pratiche sopra il canto figurato, Vienna 1774, p. 19 s.; S. Goudar, Œuvres mêlées, II, Remarques sur la musique italienne et sur la danse, à Milord Pembroke, Amsterdam 1777, p. 19; G.B. Mancini, Riflessioni pratiche sul canto figurato [...] rivedute, corrette, ed aumentate, Milano 1777, pp. 27-29.
K. Ditters von Dittersdorf, Lebensbeschreibung (1801), a cura di N. Miller, München 1967, ad ind.; A. Ademollo, Le cantanti italiane celebri del secolo decimottavo: V. T., in Nuova Antologia di scienze, lettere ed arti, s. 3, XXII (1889), pp. 308-327; B. Croce, Un prelato e una cantante del secolo decimottavo. Enea Silvio Piccolomini e V. T.: lettere d’amore, Bari 1946; P. Metastasio, Tutte le opere, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1951, ad ind.; L. Lindgren, La carriera di Gaetano Berenstadt, contralto evirato (ca. 1690-1735), in Rivista italiana di musicologia, XIX (1984), pp. 36-112; K. Vlaardingerbroek, Faustina Bordoni applauds Jan Alensoon: A dutch music-lover in Italy and France in 1723-4, in Music & Letters, LXXII (1991), pp. 536-551; C. Broschi Farinelli, La solitudine amica. Lettere al conte Sicinio Pepoli, a cura di C. Vitali, Palermo 2000, passim; J. Chen, The Sachsen-Hildburghausen Kapelle and the symphonies of Christoph Willibald Gluck, in Ad Parnassum, II (2003), pp. 81-109; G. Veneziano, Investigations into the cantata in Naples during the first half of the eighteenth century, in Aspects of the secular cantata in late baroque Italy, Farnham 2009, pp. 217 s.; K. Knaus, Männer als Ammen – Frauen als Liebhaber. Cross-gender casting in der Oper, 1600-1800, Stuttgart 2011, ad ind.; M. Lorenz, The will of Vittoria Tesi Tramontini, 31 marzo 2016, http://michaelorenz.blogspot.com/2016/ 03/the-will-of-vittoria-tesi-tramontini.html (15 aprile 2019); Id., A Tesi Tramontini addendum: Tesi’s mass endowment deed, 27 aprile 2016, http://michaelorenz.blogspot.com/2016/04/a-tesi-tramontini-addendum-tesis-mass.html (15 aprile 2019).