OXUS, Tesoro dello (v. vol. V, p. 810)
I rischi derivanti dall'incertezza dell'originaria composizione del tesoro dell'O. («tesoro dell'Amu Daryā» nella letteratura scientifica sovietica) furono chiaramente indicati dal Dalton fin dalla prima edizione del suo Catalogo (1905). Ciò non impedisce che al tesoro vengano talora attribuiti oggetti di dubbia provenienza, fra cui alcuni argenti indiani databili al II sec. a.C., acquistati a Rawalpindi e oggi conservati al British Museum; ma è molto più saggio espungere siffatti oggetti dal catalogo dell'autentico tesoro dell'Oxus. Per quanto riguarda la provenienza di questo, si suole oggi affermare con ragionevolezza che esso fu rinvenuto lungo la sponda destra (settentrionale) dell'Amu Daryā, forse nel sito di Takht-e Kobad, di fronte alla confluenza del Qunduz Rud, a mezza strada tra Tāšqurghān (Khulm, in Afghanistan) e Mikoyanābād (Tajikistan), dove furono segnalati - negli anni successivi alla comparsa del tesoro dell'O. - altri rinvenimenti di manufatti antichi e dove persisteva la tradizione dell'esistenza di un tesoro sepolto (Zejmal'); ma è stata anche avanzata l'ipotesi che il luogo di trovamento sia piuttosto Takht-e Sangin (v.), 5 km a monte di Takht-e Kobad (Staviskij).
Le valutazioni più recenti hanno permesso molte precisazioni (Barnett) ma non hanno sostanzialmente modificato il giudizio sulle componenti stilistiche del tesoro dell'O., in cui prevalgono nettamente oggetti classificabili come «achemenidi», mentre quelli «ellenizzanti» e quelli «scitici» sono in tutto appena una quindicina su un totale di centosettantasei. Sarà però da ricordare che il fodero d'oro di pugnale (il n. 22 del catalogo di Dalton), riconosciuto come pre-achemenide dallo stesso Dalton, è ora più precisamente giudicato prodotto di arte meda, precedente il 550 a.C. (Barnett). Per altri oggetti sono state proposte datazioni leggermente più tarde rispetto a quelle di Dalton, in taluni casi addirittura in epoca partica, invocando non di rado l'ipotesi della presenza di fenomeni di arcaismo (Barnett).
Le circa millecinquecento monete che raggiunsero l'Europa insieme con il tesoro dell'o. (ma che poi in parte si dispersero) si distribuiscono tra l'inizio del V e l'inizio del II sec. a.C. In particolare, si è fatto osservare fin dal tempo del rinvenimento (Cunningham), ed è stato poi ribadito (Schlumberger), che la presenza di monete dei re battriani Antimaco I, Agatocle ed Eutidemo II, insieme con l'assenza di monete di Eucratide e di monete partiche, fissa la data di deposizione nella prima metà del II sec., verso il 170 a.C., quando la Battriana si è ormai costituita in stato indipendente; ma se è pur vero che l'associazione delle monete con il resto del tesoro è praticamente certa, resta il fatto che in ogni caso la natura stessa di tale associazione è tutt'altro che chiara; la prudenza di Dalton, giudicata eccessiva da Schlumberger, deve ancora esserci di guida.
Nell'insieme si ha la sensazione che il tesoro dell'o. sia un blocco relativamente omogeneo di manufatti, databili in prevalenza tra il V e il IV sec. a.C., eseguiti da maestranze locali piuttosto che importati. Certe variazioni stilistiche al suo interno possono essere conseguenze di singole importazioni ma potrebbero anche essere dovute alla compresenza di tradizioni diverse - a patto che, naturalmente, si escludano gli argenti indiani - eventualmente distribuite in diverse botteghe di produzione (Kuz'mina). Si dovrà anche tener presente, a questo proposito, che gli oggetti del/tesoro dell'o. sembrano essere stati destinati ad acquirenti (o committenti) molto diversi fra di loro dal punto di vista economico e sociale: p.es., le numerose laminette d'oro (evidentemente votive) sono state definite «una vera e propria arte di Saint-Sulpice» (Ghirshman), dato il loro carattere indubbiamente «popolare», ed è pertanto probabile che il tesoro provenga da un tempio piuttosto che da un edificio principesco; ma una committenza «dinastica» sembra comunque molto rilevante, come mostra la presenza su due anelli (n. 103 e 104) del tipo iconografico di Anāhitā (Kuz'mina).
In termini storici, il tesoro dell'o. in quanto documento di un'attività artistica locale (battriana) non è, più oggi un fenomeno isolato, dal momento che esso può inserirsi in una sequenza cronologica coerente, testimone di una continuità che si va delineando in maniera sempre più concreta: dal tesoro dell'O., appunto, alla necropoli di Tillyā Tapa (v.) in Afghanistan, di antica epoca kuṣāṇa, mentre il tesoro del Tempio dell'Oxus a Takht-e Sangin (v., Tajikistan meridionale) viene a colmare l'intercorrente periodo greco-battriano (cui, ricordiamo, sono probabilmente da attribuire anche gli avori di Nisa, oltre ai manufatti di Ai Khānum), sovrapponendosi peraltro sia alla fase precedente (tesoro dell'O.) sia a quella successiva (Tillyā Tapa). Ed è importante, in ogni modo, sottolineare il carattere riccamente composito della cultura battriana per tutto questo imponente arco di tempo (Staviskij, Sarianidi).
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