MARENGO, Tesoro di
Nel 1928, nella cascina Perbona poco distante da Alessandria e al fianco della strada nazionale Alessandria-Marengo Tortona venne alla luce, in seguito ad una fortuita, scoperta, un grosso complesso di oggetti antichi lavorati in argento.
Il prezioso materiale - di cui all'atto della scoperta non fu forse rilevata la grande importanza - subì varie vicende prima che lo Stato riuscisse ad acquistarlo provvedendo in seguito alla delicata opera di restauro. Tuttavia qualche elemento di quello che fu poi meglio conosciuto come il Tesoro di M. sfuggi all'opera di recupero e anche recentemente è stata data notizia di un busto d'argento della stessa provenienza che sembra conservato in una collezione privata in Egitto.
L'accurato restauro fu affidato alla perizia di un insigne argentario, Renato Brozzi, che riuscì a ridare agli argenti il loro primitivo splendore. Particolarmente arduo si rivelò il lavoro per certe opere dove era necessario riportare la sottile lamina dell'argento - che aveva subito un'azione di schiacciamento - fino all'antico limite (v. argento, vol. i, fig. 804).
Tra i pezzi più interessanti di questo complesso - attualmente conservato nel Museo Archeologico di Torino - va annoverato il busto di un imperatore per la cui identificazione molto si è discusso. Infatti, dopo le attribuzioni a Settimio Severo e Marco Aurelio oggi l'ipotesi più probabile è quella di nconoscere nel ritratto l'effigie di Elio Lucio Vero. Particolarmente bella per la sua trattazione una testina di Nike, mentre un grande interesse archeologico per l'identificazione delle figure e per gli evidenti richiami che presentano i loro schemi ad archetipi della grande arte - presenta una grande fascia istoriata a forte rilievo.
Interessanti anche il fianco di un pulvino, un disco con protome eroica e un piccolo cratere decorato con foglie di acanto. Tra gli oggetti minori ricorderemo una piccola tavoletta ansata con dedica alla Fortuna Melior, il braccio di una statuetta della Vittoria e numerosi frammenti di una fascia con corone di spighe eseguite a sbalzo, un gruppo di gemelli a basso rilievo e numerose lamine sbalzate e decorazioni applicate.
Di particolare importanza sono queste sculture anche per la tecnica di lavorazione. Si tratta quasi sempre di una sottile lamina d'argento a volte lavorata a sbalzo, a volte a pieno tondo con una minuta punteggiatura del fondo eseguita per dare maggior distacco alle figure in rilievo.
Quanto alla datazione di questo complesso, che è stato rinvenuto in una zona assolutamente priva di relitti archeologici, gli elementi fondamentali sono offerti dal busto e dall'iscrizione. Quest'ultima è ritenuta dal Bendinelli contemporanea al periodo di regno di Lucio Vero (161-169) riconoscendo anche nel cognomen (Verianus) un omaggio del dedicante allo stesso imperatore, e ciò in polemica col Degrassi che - sulla base di altre notizie sullo stesso personaggio e soprattutto sul fatto che il cognome deve esser stato assunto da lui ancora in tenera età - attribuisce l'insieme al tempo di Settimio Severo.
Bibl.: G. Bendinelli, Il tesoro di argenteria di Marengo, in Mon. Arte Antica, I, Torino 1937.