NAGYSZENTMIKLÓS, Tesoro di
Gruppo di oggetti preziosi reperiti nel 1799 a N. (rumeno Sînnicolau Mare), lungo il corso inferiore del fiume Maros, che costituisce il più importante tesoro (kg 9,9) del bacino dei Carpazi per l'epoca altomedievale.Il tesoro di N. risulta oggi parzialmente smembrato: ventitré oggetti in oro confluirono, infatti, nel tesoro imperiale viennese, mentre vari altri pezzi finirono dispersi o vennero fusi. Dell'insieme originario si conservano (Vienna, Kunsthistorisches Mus., Schatzkammer): sette recipienti per liquidi (nrr. 1-7), decorati in tutto o in parte o anche privi di motivi ornamentali; quattro piccoli recipienti circolari (nrr. 9, 10, 20, 21), tutti lavorati, che potevano essere fissati alla cintura tramite una fibbietta, ma il cui impiego risulta ancora non del tutto chiarito; un piattino ovale detto 'da frutta' (nr. 8), riccamente ornato e con ampio manico; una pisside (nr. 19); due piccoli bicchieri (nrr. 11, 12) privi di decorazione; due tazze (nrr. 13, 14) con protome taurina e piedi; una tazza (nr. 18) senza piedi in forma di nautilo; un corno potorio (nr. 17); due calici (nrr. 22, 23) e due patere decorate (nrr. 15, 16). Assai vario appare il repertorio ornamentale adottato su tali oggetti. Tra tutti, i più discussi in sede critica sono due recipienti: la brocca nr. 7 e la bottiglia nr. 2, entrambe con scene figurate, peraltro assai diverse tra loro per qualità e per esecuzione. Il manufatto più importante del tesoro, dal punto di vista artistico e tecnico, è la bottiglia, sulla quale la raffigurazione del sovrano vittorioso si configura come un motivo iconografico desunto dall'arte delle steppe; la scena del rapimento al cielo e quella del sovrano a caccia sono invece motivi sasanidi e protoislamici, mentre quello della lotta tra animali è d'ispirazione antica e bizantina. Sulla brocca, oltre al tema del rapimento al cielo, figura una serie di immagini a soggetto naturalistico e forse epico (gru in un canneto, scena di caccia o di inseguimento a cavallo di una creatura immaginaria), delle quali non si conosce il significato e che al momento mancano assolutamente di confronti.La datazione e il luogo di produzione del tesoro di N., nonché l'origine etnica del proprietario, sono tuttora oggetto di discussione, sia perché difficilmente si possono istituire confronti puntuali - se non in misura limitata - per le forme e per le decorazioni dei vari manufatti, sia perché la produzione di vasellame in metallo bizantina dei secc. 8°-10° è assai poco nota, laddove invece essa dovette influire, direttamente o indirettamente, sugli oggetti in questione.Nella letteratura specialistica si è consolidata l'ipotesi (Mavrodinov, 1943) in base alla quale il tesoro di N. andrebbe collegato alla produzione tardosasanide e protoislamica, benché le affinità formali e i rapporti cronologici risultino insoddisfacenti. Inoltre, il confronto fra la toreutica del bacino dei Carpazi e quella centroasiatica evidenzia che i motivi ornamentali caratteristici dell'una risultano sovente assenti nell'altra: nel tesoro di N. mancano infatti il senmurv, la protome di cinghiale e l'anatra sasanidi; d'altro canto sugli esempi noti di vasellame in metallo altomedievale dell'Asia centrale non compaiono la scena di lotta fra animali, derivante dall'arte dell'Antichità, né l'immagine del grifo, né raffigurazioni naturalistiche o a carattere narrativo con figure umane.Secondo le ipotesi attualmente più diffuse - ma non dimostrate in maniera metodologicamente convincente - il tesoro di N. sarebbe stato realizzato nel kaganato avaro, nei secc. 7° e 8°, oppure in Bulgaria nel 9°; di conseguenza il suo interramento potrebbe essere avvenuto agli inizi del sec. 9° - forse a seguito del crollo dello stesso kaganato avaro (796-803) - ovvero alla fine del medesimo secolo, sotto la spinta della 'conquista della patria' da parte ungherese (896).È stata inoltre proposta (László, Rácz, 1977), con argomentazioni tuttavia discutibili sul piano metodologico, tipologico e cronologico, la possibilità di un'origine ungherese del tesoro, con una datazione al 10° secolo. Un'origine avara, invece, bene spiegherebbe i confronti istituibili tra il piattino ovale, il corno potorio, i calici e le fibbiette dei piccoli recipienti e i reperti avari dei secc. 6° e 7°, trovando ulteriore conferma nell'impiego di punzoni di forma triangolare e a S, nonché nell'adozione di certi elementi decorativi (intrecci a nastro, tralci a cesello, sfondo punzonato) e della scrittura runica. La tesi dell'origine bulgara, al contrario, non sembra suffragata dalle scarse analogie riscontrabili in manufatti provenienti dal territorio della Bulgaria; i confronti proposti fino a oggi indicano per l'oreficeria protobulgara rapporti non tanto con la metallistica delle steppe, quanto soprattutto, in misura sostanziale, con quella bizantina. Uno dei principali sostegni all'ipotesi di un'origine bulgara e della cronologia al sec. 9° è costituito, invece, dalla possibilità di considerare elemento datante la B sottolineata dell'iscrizione turca redatta con lettere dell'alfabeto greco; tale lettera tuttavia è rintracciabile anche in iscrizioni di secoli precedenti e dunque non risulta determinante.Data la sua natura di complesso tesaurizzato, l'insieme dei manufatti risulta, a più livelli, composito: sotto l'aspetto della datazione, infatti, è possibile indicare per molti elementi analogie con opere del sec. 7°, per es. l'albero della vita della bottiglia nr. 2, l'intreccio nastriforme e i punzoni di forma triangolare delle brocche nrr. 3 e 4, l'ansa decorata a sferette e anellini della brocca nr. 4, il corno potorio e i calici. Per la maggior parte dei motivi decorativi, invece, sussistono confronti con l'arte tardoavara dell'8° secolo. Dal punto di vista tipologico, viceversa, appaiono istituibili collegamenti, oltre che con la medesima produzione avara e con altre opere provenienti dal tesoro reperito a Vrap, presso Durazzo, in Albania (per la maggior parte conservato a New York, Metropolitan Mus. of Art), come per es. nel caso del piattino ovale nr. 8, anche con manufatti dell'Europa occidentale dei secc. 8° e 9°, in particolare per quanto riguarda la pisside, ornata con inserti in pasta vitrea e decorazione a medaglioni.Gli oggetti facenti parte del tesoro di N. differiscono tra loro anche per destinazione: la maggior parte doveva infatti costituire un servizio da tavola per pranzi solenni ed è singolare il fatto che di uno stesso tipo compaiano spesso due esemplari caratterizzati talora da rilevanti differenze tecniche e qualitative. Le piccole tazze (nrr. 9, 10) con iscrizioni relative al battesimo, la tazza (nr. 21) con fondo decorato da una croce tipologicamente simile a quelle dell'età iconoclasta, le due patere (nrr. 15, 16), così come un'altra croce (in seguito dispersa) ritrovata insieme al tesoro di N., indicano, viceversa, che una parte di esso aveva in origine una destinazione religiosa. L'ornamentazione di questo secondo gruppo di oggetti non mostra, tuttavia, caratteri strettamente bizantini; poiché, inoltre, il testo in lingua greca non rimanda a una mano bizantina, né dal punto di vista linguistico né da quello ortografico, è possibile desumere che tali manufatti non siano stati realizzati a Bisanzio; essi potrebbero, semmai, rivelare qualcosa sulla produzione artistica cristiana degli Avari nel sec. 8°, tuttora completamente sconosciuta.Sotto il profilo esecutivo le iscrizioni presenti sul vasellame del tesoro di N. sono di tre tipi diversi, comprendendo termini in alfabeto runico, scritti sia dall'artefice del manufatto sia da un altro maestro, o incisi successivamente, la cui compresenza talora su uno stesso pezzo verrebbe ad attestare la formazione progressiva del tesoro. Analoghe differenze sussistono anche a livello linguistico, essendo presenti sui manufatti scritte in lingua greca, in lingua turca ma con lettere greche e in lingua turca con scrittura runica, nessuna delle quali è stata finora decifrata in maniera definitiva. La più chiara è forse la scritta in lingua greca, sicuramente relativa al battesimo di rito greco, mentre quella in lingua turca con lettere greche si riferisce, in tutte le varianti possibili di decifrazione, ai committenti e proprietari della tazza.Una nuova opportunità d'interpretazione dei problematici testi in scrittura runica è stata offerta dal rinvenimento, in una tomba avara del sec. 8° in Ungheria a Szarvas (Tessedik Sámuel Múz.) di un agoraio in osso che reca incisa sui quattro lati una lunga iscrizione in caratteri quasi identici a quelli del medesimo alfabeto del tesoro di Nagyszentmiklós. Infine, la presenza su alcune brocche di segni indicanti la proprietà (turco tamga) da parte di singole famiglie o stirpi sembra attestare il passaggio di alcuni pezzi a proprietari diversi nel corso del tempo.
Bibl.: J. Hampel, Altertümer des frühen Mittelalters in Ungarn, Braunschweig 1905, II, pp. 401-423 (rist. Westmead 1971); N. Mavrodinov, Le trésor protobulgare de Nagyszentmiklós (Archaeologia Hungarica, 29), Budapest 1943; A. Alföldi, Etudes sur le trésor de Nagyszentmiklós, CahA 5, 1951, pp. 123-149; 6, 1952, pp. 43-53; 7, 1954, pp. 61-67; K. Benda, Současny stav studia zlatych nádob pokladu ze Sannicolāul mare (Nagyszentmiklós) [Lo stato attuale degli studi sui vasi d'oro di N.], Slovenská archeológia 13, 1965, pp. 399-414; G. László, I. Rácz, Der Goldschatz von Nagyszentmiklós, Budapest 1977; M. Rusu, Tezaurul de la Sînnicolau Mare. Noi puncte de vedere [Il tesoro di N.: nuovi punti di vista], Anuarul Institutului de istorie si archeologie 27, 1985-1986, pp. 31-66.C. Bálint