GOZZADINI, Testa
Figlio di Donzevalle, nome ricorrente nella famiglia tra il XII e il XIII secolo, nacque a Bologna avanti il 1270.
La sua biografia presenta tuttora diversi punti dubbi, derivanti in particolare dalla presenza pressoché contemporanea in Bologna di almeno due membri della famiglia Gozzadini di eguale nome e dediti in prevalenza ad attività militari. I dati qui esposti sono quelli che con maggior sicurezza appaiono concernere questo personaggio.
Il primo documento che lo riguarda è la dichiarazione d'estimo presentata nel 1296. Attesta la sua proprietà della casa di abitazione nella "cappella" di S. Michele dei Leprosetti, ove erano le abitazioni di gran parte dei componenti la famiglia Gozzadini, di due piccole proprietà immobiliari a Ganzanigo e a Medicina e la titolarità di alcuni crediti e debiti per un importo equivalente. La stima complessiva di 250 lire ne rivela un grado di ricchezza discreto, ma non particolarmente significativo.
Al 1297 risalgono le prime testimonianze di quella che fu la sua effettiva professione, l'attività militare. Venne registrato come cavaliere negli elenchi delle milizie del Comune e fu incaricato di sovrintendere al castello di Massa Lombarda che i Bolognesi avevano proprio allora conquistato a seguito di uno dei tanti scontri che caratterizzarono la guerra che oppose Bologna al marchese Azzo (VIII) d'Este negli ultimi anni del secolo XIII. L'incarico gli venne in seguito rinnovato con continuità, fino a comportare un vero e proprio impegno personale del G. per la fortificazione, come appare da documenti degli anni 1306 e 1316. L'assolvimento di questo incarico non gli impedì tuttavia di prendere parte a operazioni militari in altre zone, al comando di contingenti di cavalleria tratti in particolare dai residenti nel quartiere di Porta Ravegnana. Così avvenne del 1298, quando, insieme con Pritone Pritoni, guidò la cavalleria bolognese in una lunga spedizione che si concluse con l'arresto di Lando Della Fratta, uno dei capi dei ghibellini bolognesi, esiliato dalla città, ma militarmente attivo nel contado quale alleato del marchese d'Este. Sul capo di Lando Della Fratta pendeva una taglia di 250 lire e il 23 genn. 1299 il G. e il Pritoni ottennero dal Consiglio del Popolo di essere ricompensati non con denaro ma con l'appalto per un anno del dazio sulle accuse ai banditi, posto all'incanto per una somma di poco superiore, dichiarandosi disposti a versare alle casse del Comune la differenza. Il G. rivelava in questa circostanza un'accorta attenzione per la gestione dei propri interessi economici, il che trova riscontro nella dichiarazione d'estimo da lui presentata nel 1307.
Rispetto alla precedente dichiarazione, le proprietà immobiliari vi risultano più che raddoppiate a seguito dell'acquisto di una casa e di 35 tornature di terreno arativo e vigneto nella zona di Borgo Nuovo, accanto alla città e di ben 300 tornature, poco più di 60 ettari, di terreno incolto a Medesano, nel contado. E, nonostante la stima molto prudente proposta dal G., il valore complessivo che fu attribuito ai soli immobili raggiunse le 400 lire.
Della sua attività in questo periodo non si sono reperite tracce, a eccezione di quelle già indicate, attestanti la continuità del suo incarico quale responsabile della difesa del castello di Massa Lombarda. Furono la spedizione in Italia di Enrico VII e la guerra che all'imperatore mosse la Lega guelfa, nella quale Bologna, governata dai guelfi neri, ebbe larga parte, a offrire al G. l'opportunità di riaffermare le sue qualità di uomo d'azione. Bologna, che era stata riconosciuta nel 1278 dall'imperatore Rodolfo I d'Asburgo soggetta alla giurisdizione pontificia e pertanto era abbastanza sicura da un'azione diretta di Enrico VII nei suoi confronti, garantì tuttavia con continui invii di propri cavalieri e fanti un prezioso sostegno agli alleati di Toscana e Lombardia. Una di queste spedizioni vide nel gennaio del 1312 il G. comandare insieme con Bonifacio da Livizano un centinaio di cavalieri e 50 balestrieri inviati da Bologna in aiuto dei fuorusciti guelfi di Cremona che, guidati da Guglielmo Cavalcabò, stavano per assalire la città, affidata da Enrico VII a Manfredo Pallavicini e a Galeazzo Visconti. Gli abitanti, forse temendo una nuova vendetta di Enrico VII, che l'anno precedente aveva colpito con estrema durezza la città che aveva osato opporglisi, contrastarono fortemente l'azione dei guelfi. Solo a prezzo di gravi scontri il G., il Cavalcabò e i suoi alleati riuscirono ad assicurarsi il controllo di Cremona. Le milizie bolognesi furono quindi costrette a fermarsi per presidiare questa città ben più del mese inizialmente previsto per il loro impiego e per il quale avevano ricevuto il soldo. Il G. e Bonifacio da Livizano dovettero provvedere personalmente, prendendo a prestito dai banchieri cremonesi il denaro necessario a pagare i primi 11 giorni di servizio oltre il termine, e solo diversi mesi dopo il loro rientro in città il Consiglio del Popolo dispose che essi venissero rimborsati.
Questo fatto è anche un piccolo, ma significativo indizio del gravoso impegno finanziario imposto alla città dalla sua partecipazione alla Lega guelfa e alle operazioni militari contro l'esercito di Enrico VII, che nel settembre dello stesso anno 1312 raggiungevano la fase più acuta con l'assedio di Firenze. In aiuto della città alleata Bologna inviò un contingente di 1000 fanti e 400 cavalieri e di questi il G. fu uno dei capitani. Alla fine di ottobre la carenza di rifornimenti costrinse Enrico VII ad abbandonare l'assedio e i contingenti inviati a Firenze dagli alleati rientrarono alle città di provenienza. I Bolognesi furono così in grado di riprendere l'iniziativa a favore dei guelfi di Lombardia ed Emilia. Un contingente di cavalieri al comando del G. fu inviato a Ferrara in appoggio a Inghinolfo d'Aquino, che vi esercitava il potere in nome del re di Napoli Roberto d'Angiò, vicario di Romagna, al quale Clemente V aveva concesso il dominio della città.
Nella primavera successiva l'esercito imperiale riprese l'iniziativa con una serie di azioni contro obiettivi minori del contado fiorentino e contro le altre città guelfe della Toscana. Nel giugno del 1313 l'esercito imperiale era impegnato nella Versilia e nella Lucchesia, zone nelle quali gli interessi di Bologna avevano un certo rilievo. Fu questo probabilmente il motivo che indusse il Consiglio del Popolo a impegnare la somma di 11.575 lire per l'invio di un contingente di 150 cavalieri al comando di quattro capitani, uno dei quali era il G., per 40 giorni in appoggio alle forze di Lucca. Fra i 36 cavalieri forniti a questa spedizione dal quartiere di Porta Ravegnana e posti al comando del G. vi erano due suoi figli (Giacomo e Giovanni, quest'ultimo naturale) e altri quattro membri del loro stesso gruppo familiare.
La morte di Enrico VII, il 24 ag. 1313, fu salutata in Bologna come manifestazione della protezione divina accordata alla città e indusse il Consiglio del Popolo a disporre che le somme accantonate nell'ottobre precedente nel periodo di maggior pericolo per la Lega guelfa e poi gelosamente custodite fossero impegnate non per operazioni militari, ma in una solenne processione di ringraziamento. Dalla relativa delibera appare evidente la convinzione che la morte dell'imperatore significasse l'inizio di un periodo di pace. Fu ovviamente un'illusione e negli scontri presto riaccesisi il G. trovò nuove occasioni di azione. Nel giugno del 1313 fu inviato alla testa di 50 cavalieri in aiuto dei guelfi del Frignano. Sembrava un incarico a breve termine, ma la situazione della montagna, ove erano particolarmente forti le posizioni di esponenti dell'antica nobiltà legati ai ghibellini, impose un prolungamento delle operazioni. Il G. ricevette allora la nomina prima a difensore, poi a capitano generale della Montagna e gli fu affidato un piccolo contingente, 12 cavalieri e 60 fanti, ma per un periodo più lungo del solito e che gli fu più volte rinnovato. Le operazioni militari, frantumate in una serie di scaramucce, di assedi e distruzioni reciproche di piccole rocche e case fortificate, non dovettero apparirgli del tutto gratificanti, tanto che nell'ottobre del 1316 informava il Consiglio del Popolo che non era sua intenzione prolungare l'incarico oltre la scadenza prevista per la fine del mese.
A indurlo a questa rinuncia era probabilmente anche la necessità di seguire più da vicino e con continuità la gestione delle sue proprietà, che l'estimo da lui presentato nel 1315 mostra avere raggiunto una notevole estensione. Cedute le piccole proprietà di Ganzanigo, il G. aveva conservato quelle di Borgo Nuovo, aveva acquistato vari appezzamenti a Frassineto, Pianoro e Vidriano e un vigneto nel suburbio e aveva altresì posto a coltura gran parte delle 300 tornature di terreno acquistate una decina d'anni prima a Medesano.
Cessato l'incarico di capitano generale della Montagna, non risulta che il G. abbia assunto per alcuni anni altri impegni militari. Nel 1321 il suo nome compare tra quelli dei componenti il Consiglio del Popolo e nello stesso anno fu chiamato ancora una volta a guidare una spedizione di cavalieri bolognesi inviati in aiuto di una città guelfa, Vercelli, minacciata da Matteo Visconti. Giunta vicino a Carpi, la retroguardia del contingente bolognese fu intercettata e sbaragliata da Marco Visconti e a nulla valse l'accorrere del G. in aiuto dei suoi. L'amarezza per la sconfitta, come tramanda una memoria di famiglia, o forse, come pare più probabile, una ferita riportata nello scontro obbligarono il G. a ritirarsi prima a Castelfranco, poi a Bologna.
Qui poco dopo, sempre nel 1321, morì. Fu sepolto nella chiesa di S. Francesco di Bologna e una lapide appostavi ne esaltava il ricordo quale esperto uomo d'arme e capitano supremo delle milizie bolognesi nel Frignano.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune-Governo, Riformagioni del Consiglio del Popolo, voll. 4, c. 55; 5, cc. 7-9v; 10, cc. 131v, 145v-147, 152v-153, 174v, 176v, 180v, 202-203v, 233v, 271rv, 303v, 309-310; 11, cc. 33v, 36; Componenti del Consiglio del Popolo, reg. 47, c. 1; Capitano del Popolo, Venticinquine, b. 15, S. Michele dei Leprosetti, anni 1297, 1306; Ufficio dei Riformatori degli estimi, s. II, b. 28, S. Michele dei Leprosetti, doc. 39; b. 131, idem, doc. 43; b. 181, idem, doc. 4; Ufficio dei memoriali, voll. 143, c. 183v; 156, c. 190v; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Archivio Gozzadini, b. 7, f. Lapidi e memorie di casa Gozzadini; f. Testa Gozzadini; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XVIII, I, vol. II, ad ind.; C. Ghirardacci, Historia dei vari successi d'Italia e particolarmente della città di Bologna, II, Bologna 1669, ad indicem; V. Vitale, Il dominio della Parte guelfa in Bologna (1280-1327), Bologna 1901, p. 163; F. Vezzali, Una famiglia bolognese fra XIII e XIV secolo: i Gozzadini, tesi di laurea, Università di Bologna, facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1996-97, pp. 79-83; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Gozzadini di Bologna, tav. II/a.