Testa
La testa costituisce la parte superiore del corpo umano. Essa è separata dal collo dalla linea cervicocefalica, che inizia dalla protuberanza occipitale esterna e, toccando l'apice dell'apofisi della mastoide e seguendo il margine inferiore della mandibola, raggiunge il mento. Contiene l'encefalo, diversi organi di senso, nonché il tratto iniziale degli apparati respiratorio e digerente. La testa può essere distinta in due porzioni: una superiore, il neurocranio o cranio propriamente detto, in cui è collocato l'encefalo, e una anteriore e inferiore, lo splancnocranio o faccia, che comprende il naso e la bocca. Nella zona di confine tra neurocranio e faccia si trovano alcune formazioni destinate ad accogliere gli organi di senso, come l'orbita (vista), la rocca petrosa dell'osso temporale (udito) e la volta delle fosse nasali (olfatto); l'organo del gusto, contenuto nella cavità buccale, appartiene invece completamente alla faccia.
Nell'uomo normale di statura media, la testa rappresenta un ottavo dell'altezza totale. La sua lunghezza è di circa 20 cm, la larghezza di circa 18 cm e la circonferenza di 50-60 cm. Le dimensioni della testa dipendono essenzialmente da quelle dello scheletro del neurocranio e dello splancnocranio e possono variare in rapporto all'età, al sesso e al tipo somatico. Nel bambino, le dimensioni del neurocranio sono proporzionalmente maggiori rispetto a quelle delle altre parti del corpo. Nella donna, la testa è meno voluminosa che nell'uomo, in quanto la cavità cranica ha, in media, una capacità minore (circa 1400 cm3 e circa 1500 cm3 rispettivamente) e i rilievi, come le bozze frontali e la mandibola, sono generalmente meno pronunciati. Gli strati di rivestimento della testa sono rappresentati dalla cute, dal sottocutaneo e da uno strato muscolare superficiale, formato dai cosiddetti muscoli pellicciai, nel quale sono presenti vasi e nervi superficiali. Nella sua porzione superiore la cute della testa è spessa e presenta l'impianto dei capelli; è invece sottile in corrispondenza della piramide nasale, delle guance, delle palpebre e delle labbra. A livello della faccia, la cute è ricca di ghiandole sudoripare e sebacee; in corrispondenza delle guance, del mento e delle labbra mostra inoltre molti follicoli piliferi. La presenza di numerose venule negli strati della cute determina la possibilità, mediante fenomeni di vasocostrizione o di vasodilatazione, di rapide e intense variazioni del suo colore. Gli organi vascolari superficiali della testa sono rappresentati da arterie, vene e vasi linfatici. Le arterie che provvedono all'irrorazione delle labbra, delle guance e del padiglione auricolare sono rami collaterali dell'arteria carotide esterna. Le vene superficiali confluiscono nella vena facciale, per gettarsi poi nella grande vena del collo, la vena giugulare esterna, a sua volta affluente della vena succlavia. Le vie linfatiche sono caratterizzate dalla presenza di numerosi linfonodi, alcuni dei quali disposti nelle guance e all'angolo della bocca, che possono aumentare di volume nei processi infiammatori a livello delle labbra e del naso. I rami nervosi responsabili della sensibilità della testa e della motilità dei muscoli pellicciai derivano o da nervi cranici (o encefalici), come il nervo facciale o il trigemino, oppure da nervi spinali. Lo strato più profondo delle strutture superficiali della testa è costituito dai muscoli pellicciai. Particolare importanza hanno i muscoli pellicciai responsabili dell'espressione del volto, come gli orbicolari della bocca, il risorio, gli elevatori delle labbra e dell'ala del naso, il corrugatore e il depressore del sopracciglio e altri, tutti innervati dal nervo facciale. Al vertice della testa è situato il muscolo epicranico, che appare formato da tre porzioni unite tra loro da una robusta fascia, detta aponeurosi epicranica o galea capitis.
Le ossa del cranio sono piatte, come quelle che costituiscono la gran parte della scatola cranica, o brevi, come quelle che formano il massiccio facciale. Le ossa della scatola cranica delimitano una cavità divisa convenzionalmente in due parti, denominate volta e base, da un piano orizzontale orientato in senso anteroposteriore. La volta è formata dall'osso frontale, dalle due ossa parietali, dall'osso occipitale, e dalla squama delle due ossa temporali. La base, invece, risulta composta da parte dell'osso frontale, dall'etmoide, dallo sfenoide e da parte delle due ossa temporali e dell'osso occipitale. Nel loro insieme, le ossa del massiccio facciale delimitano le cavità nasali, orbitarie e buccale. Esse sono costituite prevalentemente dall'osso mascellare, dalla mandibola e dall'osso zigomatico. Le articolazioni che uniscono le ossa del cranio sono sinartrosi, che sono articolazioni non mobili. La sola eccezione è costituita dall'articolazione tra mandibola e osso temporale che, invece, è una condiloartrosi.
L'encefalo, alloggiato nella cavità cranica, è costituito da tutte quelle parti del sistema nervoso centrale che si trovano al di sopra del midollo spinale. Macroscopicamente, in esso si distinguono il tronco dell'encefalo, il cervello e il cervelletto.
Il tronco dell'encefalo è la porzione encefalica filogeneticamente più antica ed è situato direttamente sopra il midollo spinale, con il quale ha ampie connessioni. Andando dall'alto verso il basso, cioè in direzione craniocaudale, si divide in mesencefalo, ponte e bulbo, detto anche midollo allungato. I suoi numerosi centri nervosi regolano molte funzioni vegetative indispensabili per la vita dell'individuo: per es. i centri primari del controllo della respirazione e dell'attività cardiocircolatoria sono collocati nel bulbo. Nel ponte, oltre ai centri secondari del controllo della respirazione, si trovano anche strutture implicate nella funzione motoria. Altri nuclei, inclusi in una diffusa rete neuronica che si estende dal bulbo al mesencefalo (formazione reticolare), partecipano a una più generale funzione, consistente nella inibizione e nella facilitazione dei centri encefalici superiori. Il mesencefalo contiene importanti centri motori somatici, che contribuiscono alla regolazione riflessa della postura, della deambulazione e dei movimenti coordinati della testa e degli occhi. Distribuiti lungo l'intero tronco dell'encefalo, si trovano i nuclei sensitivi di alcuni nervi cranici e i nuclei motori che controllano i muscoli scheletrici della testa. Dal tronco dell'encefalo ha origine anche il nervo vago, uno dei principali nervi parasimpatici, che innerva la maggior parte degli organi toracici e addominali. Il tronco dell'encefalo, inoltre, è percorso da tutti i fasci di fibre nervose che veicolano segnali sensitivi o motori tra il midollo spinale e i centri encefalici superiori.
Il cervello è la porzione più grande dell'encefalo. Esso può essere distinto in telencefalo, che è la parte più rostrale del sistema nervoso centrale ed è costituita dagli emisferi cerebrali, e in diencefalo, situato in continuità con il mesencefalo. Telencefalo I due emisferi cerebrali costituiscono la parte più cospicua del cervello. Essi sono uniti anatomicamente e funzionalmente da una struttura, detta corpo calloso, formata da fasci di fibre nervose interemisferiche. La porzione più superficiale degli emisferi, la corteccia cerebrale, è uno strato di cellule nervose dello spessore di circa 4 mm. La considerevole estensione della corteccia è dovuta a profonde anfrattuosità e pliche, distinte in solchi, scissure, circonvoluzioni. La corteccia cerebrale è un'area di sostanza grigia, formata prevalentemente da corpi cellulari neuronici. Essa si trova adagiata sulla parte più profonda degli emisferi, nella quale predominano invece le fibre nervose, che hanno un colorito biancastro e la connotano pertanto come 'sostanza bianca'. Nell'uomo, la corteccia cerebrale è estremamente sviluppata sia in dimensioni sia in organizzazione funzionale: essa è il sito dove avvengono le più complesse elaborazioni di cui è capace il sistema nervoso. La corteccia è divisa, in ciascun emisfero cerebrale, in quattro lobi: frontale, parietale, occipitale e temporale. Il lobo frontale si estende dall'estremo anteriore dell'emisfero fino al profondo solco centrale, o scissura di Rolando. Le aree posteriori del lobo frontale sono specializzate per le funzioni motorie, comprese quelle del linguaggio, mentre le aree anteriori sono implicate nell'apprendimento e in altre funzioni intellettive. Il lobo parietale, posto tra il lobo frontale e quello occipitale, è specializzato per lo svolgimento delle funzioni sensitive somatiche, quali quelle tattili, termiche e dolorifiche. Alcune aree di questo lobo intervengono anche in importanti processi cognitivi. Il lobo occipitale, situato al polo posteriore dell'emisfero, è pressoché interamente preposto alle più alte funzioni percettive visive. Esso è anatomicamente caratterizzato da una profonda fessura, la scissura calcarina, intorno alla quale è situata l'area visiva primaria. Il lobo temporale, delimitato superiormente dalla scissura di Silvio, partecipa a numerose funzioni sensoriali e intellettive. Esso comprende l'area corticale uditiva, che include anche i centri nervosi deputati alla comprensione del linguaggio parlato. Altre aree svolgono un importante ruolo nei processi mnemonici. Le aree anteriori e basali sono implicate nella percezione olfattiva. Al di sotto della corteccia cerebrale si trovano, immerse nella sostanza bianca, zone di sostanza grigia che formano i gangli della base, o nuclei sottocorticali, distinti in caudato, putamen e globus pallidus. Si tratta di strutture specializzate soprattutto nel controllo dei movimenti. Negli animali meno evoluti, i gangli della base sono le uniche strutture motrici superiori, mentre nell'uomo essi operano in stretto rapporto con le aree motrici della corteccia cerebrale e con il cervelletto per la coordinazione dei movimenti volontari. Diencefalo Il diencefalo è situato profondamente rispetto al telencefalo. Le sue più importanti zone di sostanza grigia sono il talamo e l'ipotalamo. Il talamo è formato da due voluminose formazioni di sostanza grigia. Rappresenta una stazione intermedia obbligata di tutte le vie sensitive, con l'eccezione di quella olfattiva. Nei nuclei in esso presenti, le informazioni sensitive dirette alla corteccia subiscono rilevanti processi di integrazione. Il talamo partecipa, inoltre, al controllo motorio e, contenendo anche una notevole porzione della sostanza reticolare, prende parte alla regolazione dello stato di eccitabilità della corteccia cerebrale. L'ipotalamo è un'area cerebrale relativamente piccola, situata al di sotto del talamo. Contiene numerosi centri responsabili di funzioni inerenti sia alla regolazione dell'ambiente interno sia ad alcuni schemi di comportamento dell'individuo. Regolazioni di pertinenza dei centri ipotalamici riguardano la temperatura corporea, la glicemia, le sensazioni di fame o di sazietà, la sete. Altri nuclei ipotalamici intervengono nell'insorgenza di stati emozionali piacevoli o sgradevoli. L'ipotalamo, infine, è l'area encefalica più direttamente responsabile della regolazione della secrezione di numerosi ormoni (v. oltre: Coordinamento delle funzioni viscerali: ipotalamo e ipofisi).
Il cervelletto, situato sulla parte dorsale del tronco dell'encefalo, in corrispondenza del bulbo e del ponte, ha forma elissoidale appiattita, con l'asse maggiore disposto trasversalmente. È formato da una porzione superficiale di sostanza grigia, la corteccia cerebellare, che presenta numerose pliche e che comprende due fondamentali tipi cellulari, i granuli e le cellule di Purkinje, e da una zona più profonda di sostanza bianca, nella quale sono inserite quattro formazioni di sostanza grigia (nuclei cerebellari). Nel cervelletto si distinguono due emisferi cerebellari e una parte mediana, che prende il nome di verme. Il cervelletto è preposto al coordinamento inconscio dei movimenti volontari, ai quali è però incapace di dare inizio. Dal punto di vista funzionale, può essere distinto in lobi, ciascuno dei quali partecipa al controllo di specifiche attività motorie. Il lobo flocculonodulare, la parte filogeneticamente più antica, situato nella parte inferiore del cervelletto, opera in stretta collaborazione con l'apparato vestibolare dell'orecchio interno per il controllo dell'equilibrio e dei movimenti coordinati degli occhi e del capo. Il verme, meno primitivo del lobo flocculonodulare, riceve numerose proiezioni sensoriali dai recettori situati nei muscoli, nei tendini e nelle articolazioni e partecipa alla coordinazione dei movimenti locomotori e al controllo della postura. La parte più sviluppata del cervelletto è rappresentata dagli emisferi cerebellari, che operano in stretta collaborazione con la corteccia cerebrale per coordinare i movimenti rapidi e precisi.
Le strutture del sistema nervoso centrale contenute nella cavità cranica e il midollo spinale sono avvolte da tre membrane connettivali, dette meningi, che si distinguono pertanto in encefaliche e spinali. La meninge più esterna è chiamata dura madre ed è fibrosa, spessa e robusta; l'intermedia, detta aracnoide, e la più interna, la pia madre, sono lasse e sottili. La dura madre encefalica aderisce per quasi tutta la sua estensione alla superficie interna del cranio, con l'eccezione di una limitata zona corrispondente alla volta. Essa forma estesi setti che penetrano tra le formazioni encefaliche: fra di essi vanno ricordati la grande falce, posta tra i due emisferi cerebrali, e il tentorio del cervelletto, che si colloca tra la faccia inferiore dei lobi occipitali e la faccia superiore del cervelletto. Sulla dura madre si trovano le arterie meningee, distinte in anteriore, media e posteriore. Al di sotto della dura madre si dispone l'aracnoide, che ricopre a ponte scissure e recessi presenti sulla superficie esterna degli emisferi cerebrali, delimitando così spazi nei quali circola il liquido cefalorachidiano, o liquor. Gli spazi più importanti sono: la cisterna del chiasma, la cisterna interpeduncolare e la cisterna cerebellomidollare. Il rivestimento più profondo dell'encefalo è la pia madre, che ricopre l'intera superficie esterna dell'encefalo e del cervelletto.
A livello del telencefalo, del diencefalo e del tronco dell'encefalo sono presenti delle cavità intercomunicanti, dette ventricoli cerebrali, che contengono liquido cefalorachidiano. Si riconoscono i ventricoli laterali, o telencefalici, piuttosto ampi, disposti al di sotto del corpo calloso e al di sopra del tronco. Sono distinti in destro e sinistro e ciascuno di essi mostra un prolungamento inferiore, o corno temporale, e un prolungamento posteriore, o corno occipitale. I ventricoli laterali comunicano con il terzo ventricolo, o ventricolo diencefalico, compreso appunto nel diencefalo, a sua volta comunicante, per mezzo dell'acquedotto mesencefalico di Silvio, con il quarto ventricolo, o ventricolo romboencefalico, situato dietro il tronco dell'encefalo, tra ponte e bulbo anteriormente e cervelletto posteriormente.
Le arterie che provvedono all'irrorazione dell'encefalo derivano in ogni lato dall'arteria carotide interna e dall'arteria vertebrale. Le due arterie vertebrali si uniscono all'interno della cavità cranica, in corrispondenza della base dell'occipitale, formando il tronco basilare, che ha come rami collaterali le arterie cerebellari e come rami terminali le arterie cerebrali posteriori. L'arteria carotide interna fornisce l'arteria cerebrale anteriore, l'arteria cerebrale media, o arteria silviana, e le arterie comunicanti posteriori. Particolari anastomosi, che si instaurano tra le arterie cerebrali posteriori, le arterie comunicanti posteriori e le arterie cerebrali anteriori, unite anteriormente dall'arteria comunicante anteriore, delimitano nella base dell'encefalo la struttura, denominata poligono di Willis, che garantisce la distribuzione di sangue con pressione uniforme all'intero encefalo.
Una delle principali funzioni del sistema nervoso è quella di recepire gli stimoli ed elaborare risposte che si traducono in movimenti volontari e coscienti, oppure in movimenti riflessi. Le strutture preposte a questi compiti sono distinte in due sistemi morfofunzionali: il sistema sensitivo e il sistema motorio. Il sistema sensitivo si può suddividere a sua volta in un sistema della sensibilità specifica, che è deputato alla ricezione degli stimoli visivi, uditivi, olfattivi e gustativi (per i quali si rinvia ai singoli organi di senso) e in un sistema della sensibilità somatica, o generale, cui fanno capo i recettori cutanei e articolari di tutto il corpo. Il sistema motorio corticale viene ulteriormente suddiviso in sistema piramidale ed extrapiramidale: entrambi sono preposti al controllo dei movimenti volontari, ma sono di pertinenza esclusiva del secondo quelli stereotipi e ripetitivi.
I sistemi sensitivi somatici sono provvisti di recettori distribuiti su tutta la cute (sensibilità cutanea) e nelle articolazioni (sensibilità cinestesica). I recettori cutanei e cinestesici sono strutture eterogenee, frammiste tra loro, così da costituire una sorta di mosaico recettivo. I segnali nervosi che originano da tali recettori percorrono vie sensitive dirette a un'area della corteccia cerebrale che è situata posteriormente alla scissura di Rolando: l'area sensitiva somatica. La sua attivazione suscita sensazioni diverse, a seconda della natura dei recettori e delle fibre afferenti: sensazioni tattili, vibratorie, di caldo o freddo, di posizione o di movimento delle articolazioni, di dolore. I recettori e le catene neuroniche che sono al servizio della sensibilità somatica costituiscono due distinti sistemi sensitivi: il sistema spinotalamico e il sistema delle colonne dorsali, detto anche sistema lemniscale. Il sistema spinotalamico provvede alla sensibilità tattile a scarsa discriminazione, alla sensibilità termica (caldo e freddo) e a quella dolorifica. Dopo essere penetrate nel midollo spinale attraverso le sue radici dorsali, le fibre sensitive terminano nel corno grigio posteriore, dove prendono contatto con cellule nervose i cui assoni attraversano la linea mediana e costituiscono un sistema di fibre ascendenti. Queste fibre decorrono nel cordone anterolaterale del midollo spinale e terminano nel talamo. Infine, dal talamo altri neuroni proiettano le informazioni sensitive alla corteccia sensitiva somatica (v. oltre). Se il sistema spinotalamico rappresenta il sistema sensitivo somatico primitivo dei Vertebrati, il sistema delle colonne dorsali è invece quello filogeneticamente più recente ed è ben sviluppato nell'uomo. Esso provvede alla sensibilità tattile discriminativa, a quella vibratoria e a quella cinestesica. Le fibre sensitive provenienti dai recettori entrano nel midollo spinale, ma, invece di terminare a questo livello, ascendono nelle colonne dorsali fino a raggiungere altri neuroni situati nel bulbo. I prolungamenti neuritici di questi ultimi attraversano la linea mediana e, dopo aver formato un sistema di fibre chiamato lemnisco mediale, terminano nel talamo. Nel talamo è presente un terzo ordine di neuroni, che costituisce un sistema di fibre a proiezione talamocorticale, il cui bersaglio primario è la corteccia sensitiva somatica. Questa è posta in corrispondenza della circonvoluzione parietale ascendente, detta anche circonvoluzione postcentrale, per essere situata subito dietro la scissura di Rolando, o centrale. In tale zona della corteccia vi è una rappresentazione corporea alquanto dettagliata della periferia sensoriale (rappresentazione somatotopica). Essa indica che vi è una precisa specificità dei rapporti spaziali tra periferia e centri nervosi. Si consideri che la rappresentazione corporea corticale risulta alquanto bizzarra, per quanto riguarda sia la sequenza anatomica delle varie parti del corpo sia la loro estensione, la quale non è proporzionale all'area della cute, ma alla densità dei recettori in essa presenti. Inoltre, a causa dell'incrocio delle fibre ascendenti, la parte sinistra del corpo è rappresentata sull'emisfero destro e la parte destra sull'emisfero sinistro. In base all'organizzazione somatotopica, la corteccia sensitiva somatica non soltanto è in grado di riconoscere la natura e l'intensità dello stimolo, ma è capace anche di identificarne precisamente il sito di applicazione, consentendo cioè la discriminazione spaziale.
L'esecuzione dei movimenti viene controllata dalla corteccia cerebrale mediante vie discendenti che hanno il compito di regolare l'attività dei neuroni che innervano direttamente i muscoli scheletrici (motoneuroni). Di tali vie esistono due sistemi principali: la via corticospinale diretta, o sistema piramidale, e la via multineuronica, o sistema extrapiramidale. a) Sistema piramidale. Le fibre che costituiscono la via corticospinale diretta originano in massima parte da neuroni situati in un'area della corteccia cerebrale posta anteriormente al solco di Rolando, in corrispondenza della circonvoluzione precentrale. Quest'area è detta corteccia motrice primaria. La sua principale caratteristica è l'organizzazione somatotopica. In analogia a quanto descritto per la corteccia sensitiva, è possibile riconoscere su di essa un'ordinata proiezione della periferia motrice. I neuroni della corteccia motrice sono raggruppati secondo una sequenza topograficamente ordinata, che tuttavia, anche in questo caso, non rispetta la reale sequenza anatomica delle varie parti del corpo. Inoltre, la rappresentazione delle singole parti non risulta commisurata alle reali dimensioni, ma all'abilità e complessità del movimento. Per tale motivo, i muscoli sui quali può essere esercitato un raffinato controllo motorio (per es. i muscoli delle dita e i muscoli mimici) godono di una rappresentazione corticale prevalente rispetto ad altri muscoli. Il sistema piramidale, presente solo negli animali superiori, è particolarmente ben sviluppato nei Primati e nell'uomo. Le sue fibre discendono lungo la sostanza bianca dell'encefalo e del midollo spinale, per terminare, direttamente o indirettamente, sui motoneuroni del tronco dell'encefalo e del midollo spinale. La porzione del sistema corticospinale che termina nel tronco dell'encefalo è detta tratto corticobulbare, mentre la rimanente parte prende il nome di tratto corticospinale. Le fibre di tali vie nervose attraversano la linea mediana prima di raggiungere la loro destinazione nel midollo spinale. Nel tratto corticospinale dell'uomo, oltre l'80% delle fibre si incrociano a livello delle piramidi bulbari (due rilievi longitudinali situati nel bulbo lateralmente alla linea mediana); le altre attraversano la linea mediana a livelli inferiori. Questo incrocio delle fibre dei sistemi discendenti costituisce la base anatomica del controllo motorio controlaterale dei centri nervosi superiori.
b) Sistema extrapiramidale. Nell'area corticale situata subito anteriormente alla corteccia motrice, e pertanto denominata corteccia premotrice, sono presenti cellule nervose che non raggiungono direttamente i motoneuroni, ma si portano a numerosi nuclei del tronco dell'encefalo. Tali neuroni costituiscono il primo tratto di una via motrice multineuronica che prende il nome di sistema extrapiramidale. Gli assoni dei neuroni facenti parte della corteccia premotrice sono in contatto con altri neuroni dei centri sottocorticali, i quali a loro volta proiettano i propri assoni verso i motoneuroni troncoencefalici o verso quelli spinali. La via extrapiramidale risulta pertanto composta da una complessa catena di neuroni tra loro funzionalmente collegati e impegnati nella trasmissione di comandi motori ai muscoli scheletrici. La via multineuronica extrapiramidale è responsabile dell'esecuzione delle attività motorie di tipo stereotipo e ripetitivo, quali per es. il camminare, e del controllo della postura. Inoltre, il sistema extrapiramidale interagisce continuamente con quello piramidale nel regolare qualsiasi movimento volontario. Sistema limbico e comportamento Il sistema limbico è costituito da strutture nervose eterogenee addette, nel loro insieme, ad aspetti particolarmente importanti del comportamento, quali il controllo delle emozioni (paura, rabbia ecc.) e delle loro interazioni con il sistema nervoso autonomo, la spinta all'azione, il senso di gratificazione.
Nei Vertebrati inferiori, il sistema limbico è detto rinencefalo, a motivo delle sue intime connessioni con le strutture olfattive centrali. In questi animali, molti comportamenti istintivi vengono guidati dal senso dell'olfatto. Il sistema limbico comprende tutte le formazioni del cosiddetto lobo limbico, nel quale sono incluse componenti appartenenti a distretti diversi, telencefalici e diencefalici, reciprocamente integrati. Le principali componenti del sistema limbico sono un anello di tessuto corticale filogeneticamente primitivo, detto corteccia limbica, e una serie di strutture sottocorticali funzionalmente associate: l'amigdala, l'ippocampo, i nuclei del setto pellucido, nonché alcune parti del talamo e dell'ipotalamo. Tutte queste componenti encefaliche sono connesse tra loro mediante un complicato intreccio di vie nervose. Fino a non molto tempo addietro, si riteneva che le connessioni tra sistema limbico e corteccia cerebrale fossero estremamente scarse; più recentemente, invece, sono state identificate numerose connessioni limbicocerebrali che svolgono un ruolo essenziale in molte funzioni superiori, quali per es. l'apprendimento e la memoria. Le funzioni limbiche sono state per lo più studiate osservando il comportamento di animali da esperimento sottoposti a stimolazione o ablazione di specifiche aree cerebrali. Per es., la lesione di certe aree ipotalamiche determina l'insorgenza di un comportamento aggressivo, mentre la stimolazione di alcune zone limbiche produce la sensazione di piacere. L'attività del sistema limbico si rende specialmente manifesta attraverso reazioni motorie coinvolgenti i muscoli mimici del volto, nonché con risposte a carico dei sistemi viscerali, come per es. l'aumento della frequenza cardiaca e di quella respiratoria. Apprendimento e memoria I sistemi sensoriali, motori e associativi dell'encefalo, in particolar modo quelli corticali, sono in grado di modificare le loro azioni in seguito all'esposizione ripetuta dell'individuo alla stessa sollecitazione (esperienza). Questo adattamento dell'operatività del sistema nervoso è la manifestazione dell'apprendimento, un fenomeno che si riscontra sotto varie forme in tutti gli animali. Insieme con l'aumentata complessità strutturale e funzionale dei centri nervosi encefalici degli animali superiori, la capacità di apprendere dall'esperienza e di ricordare ciò che si è appreso (memoria) si è andata progressivamente sviluppando, fino a raggiungere i massimi livelli nei primati e nell'uomo. Di fatto, la capacità di apprendere e di trasmettere le conoscenze acquisite costituisce la base per lo sviluppo della civiltà e della cultura dell'uomo. Allo stato attuale delle conoscenze, le basi neurobiologiche dell'apprendimento non sono ancora sufficientemente note. Studi concernenti forme elementari di apprendimento e memorizzazione hanno dimostrato meccanismi di adattamento strutturale e funzionale dei circuiti nervosi, e in particolar modo dei punti di contatto tra un neurone e l'altro (sinapsi). Le numerose forme di apprendimento hanno tutte come componente essenziale la memoria. La formazione di quest'ultima avviene probabilmente in due stadi: uno stadio iniziale a breve termine, seguito da uno stadio a lungo termine. Lo stadio a breve termine può essere ulteriormente suddiviso in stadio a brevissimo termine e stadio a breve termine propriamente detto. Ognuno di questi stadi è associato a un corrispondente tipo di memoria. L'informazione immagazzinata nella memoria a breve termine può persistere per minuti od ore, e può essere cancellata (amnesia) alterando momentaneamente l'attività elettrica cerebrale (anestesia profonda, coma reversibile, shock cerebrale). Il consolidamento della memoria avviene attraverso meccanismi capaci di consentire l'immagazzinamento persistente dell'informazione. Probabilmente, quest'ultimo processo avviene con adattamenti non solo funzionali ma anche strutturali, quali per es. la formazione di nuove sinapsi o la sintesi, a livello neuronale, di speciali molecole proteiche. Aree encefaliche particolarmente implicate nella funzione mnemonica sono la corteccia temporale e il sistema limbico.
La struttura encefalica che più direttamente ed estensivamente partecipa alla regolazione delle funzioni omeostatiche, cioè al mantenimento dell'equilibrio delle funzioni dell'organismo e delle caratteristiche chimicofisiche del suo ambiente interno, è l'ipotalamo. Strategicamente posto alla base del cervello e sopra la ghiandola ipofisi, l'ipotalamo è in grado di esercitare un controllo sui centri nervosi viscerali del tronco dell'encefalo e sull'apparato endocrino, mentre, al tempo stesso, subisce l'influenza dei centri superiori diencefalici e telencefalici. Anatomicamente, l'ipotalamo può essere diviso in numerosi nuclei relativamente distinti. A volte, una particolare funzione può essere ascritta a uno specifico nucleo; tuttavia, nella maggior parte dei casi, più ampie aree dell'ipotalamo, costituite da più nuclei, sono impegnate in un'unica funzione. Per svolgere la sua attività di controllo, l'ipotalamo riceve afferenze da tutti i maggiori sistemi sensoriali, sia direttamente che indirettamente, mediante la formazione reticolare. Attraverso queste vie nervose, esso è continuamente informato delle condizioni dell'ambiente interno ed esterno. Altre afferenze, di diversa natura, provengono dal sistema limbico e servono a segnalare lo stato emozionale dell'individuo. Un'ulteriore categoria di informazioni, infine, è costituita da ormoni e da altre sostanze presenti nel sangue, per es. il glucosio e lo ione sodio, che raggiungono l'ipotalamo per via ematica. A sua volta, l'ipotalamo è in grado di esercitare le proprie funzioni mediante fibre efferenti che lo collegano al sistema limbico, ai centri motori troncoencefalici per il controllo delle reazioni motorie comportamentali, ai centri nervosi neurovegetativi del midollo spinale per la regolazione degli organi viscerali. Infine, attraverso il peduncolo ipofisario, contenente fibre nervose e vasi sanguigni, l'ipotalamo è direttamente connesso alla ghiandola ipofisi per il controllo del sistema ormonale. L'ipofisi è un organo indispensabile alla vita dell'organismo in quanto esercita un'azione su molti organi, governando importanti funzioni fisiologiche, sia direttamente sia attraverso la regolazione dell'attività di numerose ghiandole endocrine. Essa rappresenta quindi il tramite mediante il quale il sistema nervoso esercita la sua influenza su quello endocrino, realizzando così il coordinamento integrato di tutte le funzioni viscerali. L'ipofisi, che è situata nella sella turcica dello sfenoide, è formata da tre lobi, ciascuno dei quali dotato di specifiche caratteristiche anatomo-funzionali. I lobi sono distinti in anteriore, o adenoipofisi, posteriore, o neuroipofisi, e intermedio. Quest'ultimo, presente nell'uomo in forma rudimentale, è costituito da cellule a funzione poco nota contenenti gli ormoni melanotropi, o della stimolazione dei melanociti (MHS, Melanocyte stimulating hormones), sostanze che provocano l'aumento della sintesi del pigmento melanina, responsabile della colorazione cutanea.
a) Ormoni dell'ipofisi anteriore. L'ipofisi anteriore è costituita da tessuto ghiandolare, le cui cellule, in base alla maggiore o minore affinità per i coloranti nei preparati istologici, vengono tradizionalmente distinte in cromofile e cromofobe. Queste cellule producono almeno sei diversi ormoni proteici, che possono essere secreti indipendentemente l'uno dall'altro e che generalmente aumentano il trofismo e l'attività secretoria delle cellule bersaglio. Due di questi ormoni, l'ormone tireostimolante (TSH, Thyroid stimulating hormone), o tireotropina, e l'ormone adrenocorticotropo (ACTH, Adrenocorticotropic hormone), o corticotropina, stimolano la secrezione degli ormoni prodotti, rispettivamente, dalla tiroide e dalla corteccia surrenale. Due altri ormoni, l'ormone follicolostimolante (FSH, Follicle stimulating hormone) e l'ormone luteinizzante (LH, Luteinizing hormone), stimolano la secrezione ormonale delle gonadi e sono pertanto detti ormoni gonadotropi. Essi svolgono inoltre un ruolo determinante sulla crescita e sullo sviluppo delle cellule riproduttive: gli ovociti e gli spermatozoi. I restanti due ormoni ipofisari, la prolattina e l'ormone della crescita (GH, Growth hormone), provvedono al controllo, rispettivamente, del trofismo della mammella e dell'attività metabolica di molteplici organi e tessuti. La secrezione degli ormoni dell'ipofisi anteriore dipende da specifiche sostanze prodotte da alcuni neuroni ipotalamici e trasportate all'ipofisi mediante uno speciale dispositivo vascolare, chiamato sistema portale ipotalamo-ipofisario. Questo sistema ha origine nell'eminenza mediana dell'ipotalamo, dove sono presenti numerosi capillari che confluiscono tra loro per formare piccoli vasi, i quali si portano all'ipofisi anteriore scendendo lungo il peduncolo ipofisario; giunti nell'ipofisi, si ramificano nuovamente, dando luogo a un altro sistema capillare. Mediante il sistema portale, le sostanze secrete dai neuroni nei capillari ipotalamici raggiungono le diverse cellule ipofisarie, regolandone la secrezione ormonale. Tali sostanze, definite in passato fattori liberanti e fattori inibenti, attualmente vengono più correttamente denominate ormoni ipofisotropi. Di questi, sette sono attualmente ben caratterizzati: ciascuno è preposto al controllo e alla liberazione di uno o, raramente, due ormoni ipofisari. Almeno uno di essi, quello che regola la secrezione della prolattina (PIH, Prolactin inhibiting hormone), ha un'azione inibente anziché stimolante la secrezione.
b) Ormoni dell'ipofisi posteriore. L'ipofisi posteriore, o neuroipofisi, ha una struttura totalmente diversa da quella dell'ipofisi anteriore, in quanto non contiene cellule secretrici, ma è costituita soprattutto da fibre e terminazioni nervose di neuroni ipotalamici, i cui corpi cellulari formano due nuclei: il nucleo sopraottico e il nucleo paraventricolare. La neuroipofisi, pertanto, deve essere considerata un'estensione dell'ipotalamo, al quale è collegata per mezzo delle fibre nervose presenti nel peduncolo ipofisario. I due ormoni liberati dall'ipofisi posteriore, l'ossitocina e l'ormone antidiuretico (ADH, Antidiuretic hormone, vasopressina), costituiscono due tipici esempi di neurosecrezione. Di fatto, essi vengono sintetizzati dai neuroni ipotalamici sotto forma di proormoni e, racchiusi in piccole vescicole, migrano lungo l'assone seguendo il flusso assoplasmatico. Prima di raggiungere il lobo posteriore dell'ipofisi, il proormone viene trasformato nella sua forma attiva e accumulato nelle terminazioni assoniche. La liberazione si verifica in risposta all'insorgenza di impulsi elettrici nella fibra nervosa. A seguito di questo evento, il contenuto delle vescicole è riversato nell'interstizio extracellulare, dal quale viene asportato dal sangue circolante. L'ormone antidiuretico, prodotto principalmente dai neuroni del nucleo sopraottico, prende parte al controllo della quantità di acqua presente nell'organismo. Esso è secreto ogni volta che l'acqua corporea diminuisce (deidratazione), come pure nel caso di perdita di sangue (emorragia). L'ormone antidiuretico agisce principalmente sui dotti collettori del rene, aumentandone la permeabilità all'acqua. A seguito di quest'azione, la perdita di acqua attraverso l'urina può essere controllata e, in condizioni di emergenza, ridotta al minimo indispensabile. I segnali che promuovono la liberazione di ADH provengono sia dai recettori di pressione situati nel cuore e nei vasi, sia da specifici neuroni, posti nell'ipotalamo, sensibili alla variazione della concentrazione degli elettroliti plasmatici (osmocettori). L'ossitocina è prodotta principalmente dai neuroni del nucleo paraventricolare, a seguito della stimolazione dei recettori del capezzolo della mammella e di quelli presenti nel collo uterino. Durante l'allattamento, l'ossitocina agisce sull'epitelio muscolare delle ghiandole mammarie, stimolandone la contrazione, con conseguente eiezione del latte. Nel corso del parto, l'ossitocina stimola la contrazione massiva del miometrio uterino, favorendo l'espulsione del feto. Formazione reticolare e ciclo veglia-sonno Le variazioni del livello di attività generale del cervello si manifestano con stati di coscienza che possono essere profondamente diversi tra loro, come per es. lo stato di veglia e quello di sonno. Tali variazioni sono strettamente connesse all'azione attivante o inibente di specifici sistemi neuronali inclusi nella formazione reticolare. Come si è detto in precedenza, questa è un'area di sostanza grigia, estendentesi dal bulbo al mesencefalo, che, oltre a contenere alcuni importanti centri di regolazione di funzioni vegetative e del movimento, include anche aggregati neuronici in grado di determinare il livello di attività dell'encefalo, e di conseguenza lo stato di vigilanza. I sistemi neuronali della formazione reticolare implicati nel controllo dello stato di coscienza sono distinti nei sistemi reticolare attivante e reticolare deattivante. I neuroni di questi sistemi vengono continuamente bersagliati da segnali provenienti da aree telencefaliche, dal cervelletto e dal midollo spinale, e a loro volta inviano segnali a queste medesime regioni del sistema nervoso. Pertanto, la formazione reticolare influenza praticamente tutte le aree del sistema nervoso e viene da esse influenzata. Lo stato di veglia o di sonno è dovuto al prevalere dell'attività del sistema attivante o di quello deattivante. La veglia è determinata dallo stato di eccitazione del sistema attivante: l'eccitazione improvvisa produce il risveglio, l'eccitazione protratta mantiene lo stato di veglia. Il sonno può dipendere sia dalla inattivazione del sistema reticolare attivante, sia dalla attivazione di quello deattivante. La modificazione dell'attività generale del cervello si accompagna a specifiche variazioni dell'attività elettrica della corteccia cerebrale. Questa può essere visualizzata mediante l'elettroencefalografia, una tecnica che consente la registrazione grafica dell'attività elettrica cerebrale, rilevata mediante elettrodi posti sul cuoio capelluto (v. IV, cap. 4: I segnali elettrici e magnetici).
L'occhio è un complesso organo di senso, mediante il quale l'energia delle onde luminose viene convertita in impulsi nervosi. In esso è presente un sistema ottico, destinato alla formazione dell'immagine sulla retina. Gli stimoli luminosi, trasformati in impulsi elettrici dai recettori visivi della retina, percorrono le vie ottiche e raggiungono la corteccia cerebrale, dove avviene l'elaborazione delle immagini.
L'occhio, unitamente ai suoi annessi, è contenuto nella cavità orbitaria. La cavità orbitaria è di forma piramidale, con la base diretta anteriormente e l'apice rivolto indietro e medialmente: infatti, gli assi delle due cavità orbitarie convergono e idealmente si incontrano subito davanti al foro occipitale. Le pareti delle cavità orbitarie sono costituite da ossa del neurocranio e dello splancnocranio: superiormente dall'osso frontale, in basso dallo sfenoide, dal mascellare e dal palatino, medialmente dallo sfenoide, dall'etmoide e dal lacrimale (o unguis), e lateralmente dallo zigomatico, dal frontale e dallo sfenoide. La cavità orbitaria è lunga circa 4,5 cm e larga alla base circa 3,5-4 cm, ed è divisa in una parte anteriore e in una posteriore dalla fascia di Tenone, una struttura connettivale fissata al contorno dell'orbita, che rappresenta una sorta di involucro contenente il bulbo oculare. Nella porzione anteriore della cavità orbitaria, oltre al globo oculare, sono situate le palpebre e le vie lacrimali. Le palpebre sono pieghe cutanee nel cui spessore sono presenti il muscolo orbicolare e una struttura fibrosa, il tarso, che contiene delle particolari ghiandole sebacee, le ghiandole di Meibomio. Il margine libero delle palpebre delimita la rima palpebrale, lunga circa 30 mm, su cui si impiantano le ciglia, in numero di circa 130 per la palpebra superiore e 50 per quella inferiore. Lo strato più interno delle palpebre è rappresentato dalla congiuntiva, che, riflettendosi sul bulbo oculare, in alto per la palpebra superiore, e in basso per la palpebra inferiore, costituisce il sacco congiuntivale, dove si riversa il liquido lacrimale. Il liquido lacrimale è prodotto da una piccola ghiandola, del peso di circa 2 g, situata in alto e lateralmente nella cavità orbitaria. La ghiandola lacrimale versa il suo prodotto nel sacco congiuntivale per mezzo di una serie di condotti escretori. Il liquido lacrimale, dopo aver bagnato anteriormente il bulbo oculare, si raccoglie nel lago lacrimale, situato in prossimità dell'angolo mediale dell'occhio. Da qui viene poi aspirato, per mezzo dei punti lacrimali, nei condotti lacrimali, lunghi 10 mm; questi sboccano nel condotto nasolacrimale, che a sua volta si apre nel meato inferiore delle cavità nasali. La porzione posteriore della cavità orbitaria, denominata loggia retrofasciale, contiene una certa quantità di tessuto connettivo, il corpo adiposo dell'orbita che avvolge i muscoli, i vasi e i nervi propri dell'occhio.
La struttura più importante contenuta nella cavità orbitaria è il bulbo oculare. Esso pesa circa 8 g e presenta il diametro trasverso di circa 23 mm, il diametro verticale di circa 23 mm e il diametro sagittale di circa 24 mm. La parete del bulbo oculare è costituita da tre strati o tuniche: una tunica fibrosa, o sclera, che anteriormente è trasparente e forma la cornea, la parte che si vede osservando il bulbo oculare dalla rima palpebrale; una tunica vascolare, o uvea, costituita posteriormente dalla coroide e anteriormente dal corpo ciliare e dall'iride; infine, una tunica nervosa interna, la retina, distinta in una porzione ottica e in una cieca. La cornea ha un raggio di curvatura minore rispetto a quello della restante parte della sclera; quando questo raggio di curvatura non è uniforme, si ha l'astigmatismo corneale. Perifericamente alla cornea è situato l'orlo sclerocorneale, che contiene un canale per il deflusso dell'umore acqueo. Profondamente alla cornea si trova il foro pupillare, che è circoscritto dall'iride. Cornea e iride delimitano la camera anteriore dell'occhio, ripiena di umore acqueo. L'iride fa parte della tunica vascolare dell'occhio e contiene due muscoli antagonisti tra loro: il muscolo costrittore, o sfintere dell'iride, che provoca la miosi, cioè la riduzione del diametro del foro pupillare; e il muscolo dilatatore, che determina la midriasi, ossia l'aumento del diametro. Dietro al foro pupillare e all'iride si trova il cristallino, che ha forma di lente biconvessa e presenta una faccia anteriore, una faccia posteriore e un equatore, a livello del quale si fissa ai processi ciliari, che fanno parte della tunica vascolare dell'occhio. Il cristallino è responsabile dell'accomodazione, cioè della corretta messa a fuoco sulla retina dell'immagine degli oggetti che il soggetto percepisce. Pertanto, importanti sono sia le variazioni della sua elasticità sia le dimensioni dei raggi di curvatura delle sue facce. Posteriormente al cristallino è situato il corpo, o umore, vitreo, di natura gelatinosa, perfettamente trasparente e incolore. La tunica più interna del bulbo oculare è rappresentata dalla retina, costituita da più strati sovrapposti, ciascuno dei quali contiene cellule e fibre nervose. Lo strato più esterno, ovvero quello che si trova a stretto contatto con la lamina vascolare, è costituito dai coni e dai bastoncelli, che sono le cellule differenziate adatte alla percezione visiva. Profondamente a coni e bastoncelli, è presente una serie di cellule nervose, come le cellule bipolari e le cellule multipolari, che rappresentano le prime tappe nella trasmissione della visione. Nella porzione posteriore della retina sono presenti la papilla e la macula lutea. La papilla è la zona in cui le fibre del nervo ottico escono dalla retina. La macula lutea, invece, è situata in corrispondenza del polo posteriore del bulbo oculare; essa presenta al centro una depressione, detta fovea centralis, che è la zona della cosiddetta visione distinta. Il bulbo oculare è irrorato da una serie di piccole arterie, le arterie ciliari, distinte in anteriori e posteriori. Il drenaggio venoso dell'occhio è assicurato da quattro vene, dette vorticose, che originano dalla coroide e si gettano nelle vene oftalmiche.
I muscoli propri dell'occhio sono: i quattro muscoli retti, superiore, inferiore, laterale e mediale; i due muscoli obliqui, superiore e inferiore; per consuetudine si considera in questo gruppo anche il muscolo elevatore della palpebra superiore, che tuttavia non partecipa alla rotazione del bulbo. I muscoli retti si fissano nel fondo della cavità orbitaria su un anello tendineo (zonula di Zinn), che al suo centro presenta una fessura attraverso la quale passano l'arteria e la vena oftalmica e alcuni rami nervosi. Anteriormente, i muscoli retti si vanno a inserire sulla sclera a diversa distanza dalla circonferenza della cornea, distanza che è caratteristica per ciascuno di essi: il retto superiore, infatti, si fissa a una distanza di 8 mm, quello inferiore di 6 mm, quello mediale di 5 mm e quello laterale di 7 mm. Il muscolo obliquo superiore ha inizio posteriormente alla zonula di Zinn e, dopo aver sfiorato la faccia superiore del bulbo oculare, raggiunge un anello fibroso nell'angolo superomediale dell'orbita, lo attraversa, e va quindi a inserirsi lateralmente nella porzione posterosuperiore del bulbo oculare. Il muscolo obliquo inferiore, invece, origina in prossimità del condotto nasolacrimale, si dirige lateralmente, passando al di sotto del muscolo retto inferiore, e si fissa nella zona posteroinferiore del bulbo oculare. Perciò, l'abbassamento del bulbo oculare è causato principalmente dal retto inferiore e dall'obliquo superiore; l'innalzamento dal retto superiore e dall'obliquo inferiore; l'adduzione dal retto mediale e l'abduzione dal retto laterale. Ai movimenti più complessi del bulbo oculare partecipano in varia misura i differenti muscoli. Vie ottiche La funzione visiva è assicurata dalle vie ottiche. Queste iniziano con i recettori visivi, ossia i coni e i bastoncelli, che si collegano con le cellule bipolari e con le cellule multipolari, dette anche gangliari, presenti nello spessore della retina. I neuriti delle cellule gangliari fuoriescono dal bulbo oculare, dando origine al nervo ottico. Il nervo ottico esce dalla cavità orbitaria, penetra nella cavità cranica e, unendosi al controlaterale, costituisce il chiasma dei nervi ottici. Dal chiasma dei nervi ottici, la via ottica si continua posteriormente con i tratti ottici e le radiazioni ottiche, raggiungendo così la zona della percezione visiva, situata nella corteccia cerebrale del lobo occipitale. Per mettere in atto attività riflesse collegate alla visione, come per es. la lacrimazione, l'ammiccamento, la miosi, la midriasi e l'accomodazione, la via ottica è collegata a centri mesencefalici, che inviano, attraverso i nervi cranici, impulsi adeguati per la realizzazione di questi riflessi. Vista La percezione visiva può essere distinta, nelle sue grandi linee, in due fasi: la formazione dell'immagine e la ricezione a livello della retina. Formazione dell'immagine La funzione del sistema ottico dell'occhio è quella di far convergere in un punto sulla retina i raggi luminosi provenienti da un punto oggetto. In tal modo, sulla retina si forma un'immagine nitida, che risulta rimpicciolita e capovolta rispetto all'oggetto. Prima di stimolare i recettori retinici, i raggi luminosi vengono deviati (rifrazione) da tutti quei mezzi trasparenti che costituiscono il sistema ottico dell'occhio: la cornea, l'umore acqueo, il cristallino e il corpo vitreo. Nel loro insieme, essi formano una struttura trasparente paragonabile a una lente biconvessa che, in quanto tale, è in grado di far convergere i raggi luminosi incidenti paralleli all'asse verso un punto, detto punto focale, posto dietro la lente e lungo il suo asse ottico. Se una sorgente puntiforme luminosa è posta a una distanza pari o superiore a 6 m, i raggi luminosi provenienti da essa passanti per la pupilla possono considerarsi paralleli e, senza bisogno di alcun intervento di messa a fuoco, attraverso i mezzi ottici dell'occhio convergono sul piano retinico, formando un'immagine distinta. Al contrario, i raggi provenienti da oggetti più vicini sono divergenti e, in assenza di opportune regolazioni, convergono in un punto focale che non è compreso nel piano retinico. In questo caso, sulla retina si forma un'immagine sfocata, cioè indistinta. Per evitare questo inconveniente, nell'occhio sano si realizza una serie di aggiustamenti, all'insieme dei quali si dà il nome di accomodazione. Il fenomeno più rilevante dell'accomodazione consiste nella variazione della curvatura del cristallino, e quindi del suo potere di rifrazione. La forma del cristallino è controllata dal muscolo ciliare, che lo appiattisce quando devono essere messi a fuoco oggetti distanti, oppure gli consente di assumere una forma più convessa, e quindi di aumentare il proprio potere di rifrazione, quando devono essere veduti oggetti vicini. Il meccanismo di formazione delle immagini può frequentemente presentare delle alterazioni, in conseguenza delle quali si instaurano difetti della visione, quali miopia, ipermetropia, astigmatismo, che possono essere corretti con l'uso di apposite lenti. L'accomodazione implica anche variazioni del diametro pupillare. Il restringimento del foro pupillare, che avviene nel guardare oggetti molto vicini, determina un aumento della profondità del campo visivo, e quindi una loro migliore messa a fuoco. Tale regolazione avviene mediante meccanismi riflessi che si attivano anche in relazione alla quantità di luce che penetra nel globo oculare: l'intensa esposizione alla luce produce la costrizione pupillare (miosi), mentre in condizioni di buio la pupilla si dilata (midriasi).
Entrambi i tipi di recettori retinici, i coni e i bastoncelli, contengono molecole fotosensibili, dette fotopigmenti, che hanno la funzione di assorbire la radiazione luminosa e produrre un segnale elettrico. I coni, che per essere attivati richiedono una certa intensità di illuminazione, sono i recettori impiegati nella visione diurna e per il riconoscimento dei colori. Essi sono massimamente concentrati nella fovea retinica, che risulta pertanto altamente specializzata. Inoltre, a motivo del particolare schema delle connessioni nervose che legano i coni ai neuroni retinici, questi recettori risultano privilegiati nei riguardi dell'acuità visiva, cioè nell'abilità a riconoscere come distinti due punti del campo visivo molto vicini tra loro. I bastoncelli, assai più numerosi dei coni, hanno un'elevatissima sensibilità alla luce, consentendo la visione anche in condizioni di scarsa illuminazione (visione notturna). Le molecole fotosensibili presenti nell'occhio umano sono formate da una proteina, l'opsina, e da un pigmento sensibile alla luce, il retinene, che è un derivato della vitamina A. Gli eventi che portano all'attivazione di un fotorecettore sono stati studiati principalmente nei bastoncelli, nei quali è presente un composto fotosensibile, la rodopsina. Su di essa, l'energia luminosa determina una modificazione della configurazione molecolare del retinene, a seguito della quale, attraverso una serie di composti intermedi, si giunge alla dissociazione dell'opsina dal retinene. Tale sequenza di eventi determina la modificazione dello stato elettrico della membrana del recettore. Dopo la demolizione verificatasi per effetto della luce, il retinene ripristina la sua configurazione originaria e si unisce di nuovo all'opsina per ricostituire il composto fotosensibile. Questo processo è favorito da condizioni di scarsa illuminazione. I coni, che come si è detto permettono la visione dei colori, sono distinti in tre differenti tipi, in base al composto fotosensibile in essi contenuto. Il pigmento è in ogni caso il retinene, ma l'opsina differisce in ciascuno dei tre tipi di cellule, conferendo loro una specifica sensibilità luminosa. Nell'uomo, i tre tipi di coni rispondono in modo ottimale ai colori rosso, blu e verde. Il segnale elettrico generato dai fotorecettori a seguito della stimolazione luminosa si propaga lungo la catena neuronica contenuta nello spessore della retina: dalla cellula recettrice alla cellula bipolare, e da quest'ultima alla cellula gangliare. Gli assoni delle cellule gangliari formano il nervo ottico, che ha la funzione di inviare le informazioni visive all'encefalo sotto forma di impulsi nervosi. Nella retina sono presenti anche cellule nervose disposte trasversalmente rispetto alle precedenti, le cellule orizzontali e amacrine, che sono in grado di modulare l'attività degli altri neuroni retinici. Le informazioni visive, penetrate nell'encefalo tramite le fibre dei tratti ottici, vengono utilizzate già a livello mesencefalico, sia per coordinare attività riflesse, quali quelle implicate nell'accomodazione e nei movimenti degli occhi, sia per regolare alcuni aspetti del comportamento, come l'attenzione, il sonno o la veglia. La maggior parte delle fibre del tratto ottico termina nei corpi genicolati laterali, piccoli rilievi sporgenti alla superficie posteroinferiore del talamo, da cui originano fibre che raggiungono la corteccia visiva primaria del lobo occipitale degli emisferi cerebrali. In quest'area corticale e in quelle a essa adiacenti, dette aree visive associative, avviene l'elaborazione percettiva delle informazioni rilevate dai recettori oculari. Sebbene la rappresentazione della retina nella corteccia visiva primaria sia molto precisa, essa non rispetta le reali proporzioni esistenti tra la fovea, posta centralmente, e la zona periferica. La fovea, che ha le dimensioni di circa 1 mm2, ha una rappresentazione corticale molto ampia, mentre la rimanente zona circostante ha una rappresentazione relativamente assai minore. La ragione di questa diseguaglianza è nella maggiore densità delle cellule gangliari in rapporto con la fovea, come pure nel ruolo preminente di quest'ultima nell'acuità visiva, nella percezione spaziale e nella visione dei colori; funzioni, queste, che richiedono un numero maggiore di unità neuronali e, quindi, una più ampia area corticale. Le aree visive associative sono ben sviluppate nei primati e, ancor più, nell'uomo. Esse ricevono informazioni soprattutto dall'area visiva primaria e partecipano a complessi fenomeni percettivi, quali il riconoscimento dell'orientamento degli oggetti e del loro movimento.
Al fine di mantenere l'immagine visiva sulla fovea, i muscoli estrinseci dell'occhio imprimono al globo oculare movimenti controllati da specifici centri nervosi. Poiché gran parte del campo visivo è esplorato simultaneamente dai due occhi (visione binoculare), occorre una perfetta coordinazione dei movimenti oculari affinché le immagini possano formarsi su punti corrispondenti delle due retine. Un'alterazione di tale processo provoca la visione sdoppiata dell'oggetto. I muscoli oculari determinano quattro tipi principali di movimenti: i movimenti saccadici, molto rapidi, che si verificano quando lo sguardo è spostato bruscamente da un oggetto a un altro; i movimenti di inseguimento, che consentono di seguire con lo sguardo un oggetto che percorre il campo visivo; i movimenti di compensazione, che mantengono l'immagine sulla retina anche durante lo spostamento del capo; infine i movimenti di convergenza, che fanno ruotare gli occhi verso l'interno quando si guardano oggetti vicini.
L'orecchio è costituito da formazioni esterne e da formazioni comprese nelle ossa del neurocranio, più precisamente nella rocca petrosa del temporale. Nell'orecchio sono contenuti i recettori dell'apparato statoacustico, cioè le strutture capaci di percepire i suoni e di assicurare al soggetto l'equilibrio nello spazio. Dal punto di vista fisiologico, nell'organo dell'udito è possibile distinguere: un apparato di conduzione, formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno; un apparato di trasmissione, costituito dalla membrana timpanica, dalla catena degli ossicini e dall'orecchio medio in generale; un apparato di percezione, contenuto nel segmento anteriore del labirinto e rappresentato dall'organo del Corti e dai suoi centri nervosi. Ad assicurare l'equilibrio statico e dinamico del corpo provvedono invece, con il concorso dell'apparato visivo, del cervelletto e della sensibilità propriocettiva muscolare e articolare, i segmenti medio e posteriore del labirinto.
L'orecchio viene suddiviso in esterno, medio e interno. L'orecchio esterno è rappresentato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo, o meato acustico. L'orecchio medio è costituito dalla cavità, o cassa, del timpano, nella quale è collocata la catena degli ossicini (martello, incudine e staffa), dalla tuba uditiva e dalle cellule mastoidee. L'orecchio interno è formato dal labirinto osseo e dal labirinto membranoso, distinti ciascuno in porzione vestibolare e porzione cocleare.
Orecchio esterno Il padiglione auricolare è costituito da una lamina fibrocartilaginea, rivestita da cute. La sua superficie è caratterizzata da una serie di pieghe e solchi. La piega più esterna, che segue il margine del padiglione, è l'elice, all'interno del quale si trova l'antelice; elice e antelice delimitano, in prossimità del condotto uditivo esterno, la fossa triangolare. Nella parte inferiore del padiglione auricolare, tra due rilievi triangolari, il trago e l'antitrago, è presente una profonda incisura, l'istmo, inferiormente e posteriormente al quale si trova quella parte del padiglione auricolare che è priva di sostegno cartilagineo e prende il nome di lobulo. Il padiglione auricolare è irrorato da rami dell'arteria carotide esterna e innervato da rami del plesso cervicale e del nervo vago. Al padiglione auricolare fa seguito il condotto uditivo (2-3 cm), costituito da una porzione esterna cartilaginea e da una porzione interna ossea, entrambe rivestite da cute. Nello spessore della cute del condotto uditivo sono presenti delle ghiandole sudoripare modificate, il cui secreto, unitamente a cellule epiteliali desquamate, forma il cerume.
Orecchio medio L'orecchio medio è costituito da una cavità cuboidea, separata dal condotto uditivo per mezzo del timpano, membrana di forma circolare o leggermente ellittica e diametro di circa 8-9 mm. Nella cavità cuboidea è contenuta la catena degli ossicini: il martello, l'incudine e la staffa. Il martello è compreso, con il suo manico, nello spessore della membrana del timpano, e rimane perciò solidale con essa. La testa del martello si articola con l'incudine, il cui processo lenticolare si articola con la staffa; la base di questa si fissa alla finestra ovale, che mette in comunicazione l'orecchio medio con la cavità del vestibolo. La catena degli ossicini è mantenuta in posizione da una serie di legamenti, che unitamente a due piccoli muscoli, il tensore del timpano e lo stapedio, ne condizionano i movimenti. Per mezzo dei movimenti della catena degli ossicini, le vibrazioni della membrana del timpano vengono trasmesse al liquido che si trova all'interno della cavità del vestibolo (perilinfa). Sulla parete mediale della cassa del timpano è presente anche la finestra rotonda, chiusa dalla membrana timpanica secondaria, che mette in comunicazione l'orecchio medio con l'inizio della cosiddetta rampa timpanica della chiocciola. Sulla parete anteriore della cassa timpanica si apre la tuba uditiva, o tromba di Eustachio, canale muscolomembranoso della lunghezza di circa 4 cm, che mette in comunicazione l'orecchio medio con la faringe. Sulla parete posteriore della cassa del timpano si apre l'antro mastoideo, che rappresenta la comunicazione tra l'orecchio medio e le cellule mastoidee, che sono cavità di varie dimensioni, scavate nell'osso temporale, soprattutto al livello dell'apofisi mastoide.
Orecchio interno All'orecchio medio fa seguito l'orecchio interno, il quale è costituito dal labirinto osseo e dal labirinto membranoso. Il labirinto osseo è composto da una serie di canali e cavità, scavati nella rocca petrosa del temporale e comunicanti tra loro. Alcune delle cavità del labirinto, come la cavità del vestibolo e i canali semicircolari, costituiscono la porzione vestibolare; altre, come la chiocciola ossea, rappresentano la porzione acustica. Il vestibolo è una cavità di forma ovoidale, con asse maggiore della lunghezza di 6 mm, che lateralmente comunica con l'orecchio medio per mezzo della finestra rotonda, e anteriormente si continua nella rampa vestibolare della chiocciola. Sulla sua parete mediale si trovano due aree, denominate recesso ellittico e recesso sferico, che presentano una serie di forellini e accolgono strutture membranose dell'orecchio interno. La parete superiore mostra quattro orifizi, quella posteriore solo uno. In questi orifizi sboccano i tre canali semicircolari, superiore, posteriore e laterale, ciascuno dei quali misura circa 13-14 mm. La chiocciola ossea è costituita da un canale che si dispone ad avvolgere un rilievo conico, il modiolo, determinando tre giri sovrapposti: il giro basale, il giro medio e il giro apicale. La chiocciola ossea ha un diametro alla base di 8-9 mm e un'altezza di circa 4 mm, e il canale che la costituisce è lungo circa 37 mm. Il canale è diviso in modo incompleto in due parti da una laminetta ossea, la lamina spirale ossea. La parte superiore è la rampa vestibolare, quella inferiore è la rampa timpanica. All'interno del labirinto osseo è collocato il labirinto membranoso, distinto in vestibolare e acustico. La porzione vestibolare del labirinto membranoso è rappresentata dall'utricolo, dal sacculo e dai canali semicircolari membranosi.
All'interno di queste tre strutture è presente un liquido caratteristico: l'endolinfa. L'utricolo e il sacculo sono piccole vescicole, poggiate rispettivamente sul recesso ellittico e sul recesso sferico della cavità del vestibolo. Utricolo e sacculo contengono i recettori specifici del senso vestibolare, e in particolare informano sui cambiamenti di posizione, per es. della testa rispetto al tronco. Tali recettori, chiamati macchie acustiche, sono costituiti da cellule di sostegno e da cellule ciliate, sormontate da una massa gelatinosa su cui poggiano cristalli di carbonato di calcio, gli otoliti. I canali semicircolari membranosi contengono, nella loro porzione iniziale dilatata, i recettori vestibolari deputati alla percezione dell'inizio e della fine dei movimenti rotatori: le creste ampollari, che hanno una struttura molto simile alle macchie acustiche, con la sola differenza che la massa gelatinosa è molto più spessa e costituisce una caratteristica cupola. La parte acustica del labirinto membranoso è rappresentata dalla coclea membranosa, che è situata nella chiocciola ossea e occupa parte della rampa vestibolare; al suo interno si trova l'organo del Corti, contenuto nella membrana basilare. L'organo del Corti, recettore acustico, è costituito da cellule di sostegno e da cellule ciliate. Le cellule di sostegno più caratteristiche sono i pilastri, che si dispongono su due file per delimitare il canale del Corti. Le cellule ciliate, acustiche, si distinguono in esterne e interne; le prime sono più numerose, circa 13.000. Poggiata sull'organo del Corti si trova una lamina ricchissima di fibrille, la membrana tectoria, che è immersa e fluttua nell'endolinfa. Vie vestibolari acustiche I recettori vestibolari, macchie acustiche e creste ampollari, sono collegati, per mezzo del nervo statoacustico (VIII paio dei nervi cranici), al cervelletto, alla corteccia cerebrale e al midollo spinale, in modo da assicurare al corpo l'equilibrio statico e dinamico. Le cellule acustiche dell'organo del Corti, invece, sono collegate con rami nervosi provenienti dal ganglio spirale del Corti, il quale è situato sul modiolo, alla base della lamina spirale ossea. Il ganglio del Corti a sua volta invia fibre al sistema nervoso centrale. Il nervo acustico, costituito dai rami che provengono dal ganglio spirale, raggiunge il ponte e qui si collega alla via acustica centrale, il lemnisco laterale, che termina nel mesencefalo, a livello del tubercolo quadrigemino inferiore. Da quest'ultima stazione, la sensazione acustica, dopo aver attraversato ancora il corpo genicolato mediale, posto alla superficie posteroinferiore del talamo, raggiunge, percorrendo un apposito fascio, l'area acustica percettiva situata nel lobo temporale. Udito L'orecchio trasforma l'energia delle onde sonore in impulsi elettrici, che vengono inviati a specifici centri nervosi deputati alla percezione dei suoni e alla loro interpretazione. Le onde sonore sono caratterizzate da due parametri fisici: l'ampiezza e la frequenza. L'ampiezza indica il valore massimo dell'escursione delle particelle in movimento o, in questo caso, del timpano, e il suo corrispettivo percettivo è l'intensità della sensazione uditiva. La frequenza indica invece il numero di cicli oscillatori al secondo, o hertz (1 Hz = 1 ciclo al secondo) ed è correlata con la percezione dell'altezza, o tonalità, del suono che udiamo. La maggior parte dei suoni è costituita da frequenze, o toni, fondamentali e da un certo numero di frequenze aggiuntive, che conferiscono al suono la componente percettiva, che viene detta timbro, o qualità del suono. Variazioni di timbro ci consentono, per es., di distinguere i suoni di differenti strumenti che emettono note della medesima frequenza. Il campo di sensibilità dell'orecchio umano all'intensità dei suoni è molto ampio. La variazione di intensità tra un suono appena udibile e uno che raggiunge la soglia del dolore è di circa 1012 volte. Per le frequenze dei suoni, il campo di udibilità è compreso tra 20 e 20.000 Hz. Tuttavia, la sensibilità non è la stessa per le diverse frequenze e la massima sensibilità si manifesta per frequenze comprese tra 1000 e 4000 Hz. Il primo evento nel processo uditivo è costituito dall'ingresso delle onde sonore nel canale uditivo. Tale evento è favorito dalla complessa forma del padiglione auricolare, che risulta particolarmente adatta al convogliamento dei suoni verso il timpano. Il padiglione auricolare è ritenuto importante anche per la localizzazione della sorgente sonora; in alcuni animali, esso è mobile e può essere orientato verso la sorgente sonora, migliorando così la prestazione uditiva. Sul fondo del canale uditivo è tesa la membrana timpanica, che sotto l'effetto delle onde di pressione viene posta in vibrazione con ampiezza e frequenza dipendenti dalle caratteristiche del suono. Il secondo stadio nel processo uditivo consiste nella trasmissione della vibrazione timpanica, attraverso l'orecchio medio, all'organo recettore del Corti, che è immerso nella perilinfa, il liquido che riempie l'orecchio interno. I movimenti del timpano sono trasmessi dalla catena degli ossicini, la quale è connessa a un estremo con la membrana timpanica e all'altro estremo con la finestra ovale dell'orecchio interno. La catena ossicolare vibra all'unisono con la membrana timpanica, e tale vibrazione si trasmette anche alla finestra ovale. Le proprietà meccaniche della catena degli ossicini e le dimensioni della finestra ovale, molto più piccola del timpano, sono tali da aumentare di circa 20 volte la pressione sonora esercitata sull'orecchio interno. La quantità di energia trasmessa dalla catena degli ossicini può essere modificata dalla contrazione dei due piccoli muscoli che agiscono sul martello e sulla staffa. I suoni particolarmente intensi provocano in via riflessa la contrazione di questi muscoli (riflesso timpanico), cui consegue una riduzione della trasmissione del suono. Il significato funzionale di questo riflesso è quello di prevenire l'eccessiva stimolazione dei delicati recettori acustici. Le vibrazioni della staffa pongono in movimento varie strutture della coclea, la componente uditiva dell'orecchio interno, in cui ha luogo la trasformazione dell'energia meccanica delle onde sonore in segnali elettrici interpretabili dai centri nervosi uditivi. Allorché la catena degli ossicini fa oscillare la base della staffa contro la finestra ovale, nel compartimento della scala vestibolare si producono onde di pressione che, attraverso la perilinfa, si propagano dalla base della coclea verso il suo apice. Le onde di pressione vengono trasmesse anche all'endolinfa e alla membrana basilare, ponendo quest'ultima in vibrazione. Poiché la membrana basilare contiene l'organo del Corti e le relative cellule sensitive, la sua vibrazione produce una deformazione delle ciglia delle cellule recettrici, che si traduce nell'insorgenza di segnali elettrici da inviare ai centri nervosi. Le caratteristiche strutturali della membrana basilare non sono omogenee in tutta la sua estensione: infatti, passando dalla base all'apice della coclea, si osservano graduali variazioni delle dimensioni, della tensione e delle proprietà viscoelastiche. La conseguenza di ciò è che, all'instaurarsi di un'onda di vibrazione che si propaga lungo la membrana basilare, la regione di massima oscillazione varia in funzione della frequenza del suono. Onde sonore ad alta frequenza determinano infatti la massima ampiezza di oscillazione nelle porzioni della membrana basilare più vicine alla staffa, mentre le regioni più distanti vibrano massimamente in risposta a basse frequenze. In tal modo, le frequenze dei suoni in arrivo vengono già discriminate in base alla regione di massima oscillazione della membrana basilare. Laddove lo spostamento di quest'ultima raggiunge il punto più alto, si ottiene la massima stimolazione delle cellule recettrici. I segnali elettrici che originano nell'organo del Corti vengono inviati ai nuclei cocleari bulbari mediante fibre che, insieme a quelle provenienti dall'apparato vestibolare, costituiscono l'VIII paio di nervi cranici. Da questi centri d'ingresso, le informazioni uditive raggiungono numerosi altri centri troncoencefalici che regolano importanti riflessi, quali quelli che guidano i movimenti della testa e degli occhi per la localizzazione della sorgente sonora. Informazioni acustiche sono anche inviate alla formazione reticolare, dove influenzano la regolazione dello stato di veglia e di attenzione. La percezione dei suoni avviene nella corteccia cerebrale uditiva, situata nel lobo temporale. Le informazioni acustiche raggiungono la corteccia uditiva primaria mediante fibre che originano nel talamo. In quest'area corticale, così come nei centri uditivi inferiori, è presente una rappresentazione topografica della coclea, sicché i neuroni di alcune porzioni della corteccia uditiva sono implicati nella percezione di suoni ad alta frequenza, mentre altri, collocati in altre porzioni, intervengono per i suoni a bassa frequenza. La corteccia uditiva primaria è in rapporto con le vicine aree uditive associative, dove l'informazione uditiva viene ulteriormente analizzata e confrontata con quelle provenienti da altri organi di senso. In queste aree associative avvengono i complessi fenomeni di integrazione sensitivomotoria connessi con la comprensione e la produzione del linguaggio. Senso dell'equilibrio Il controllo della postura e del movimento implica il coinvolgimento di vari tipi di recettori, per es. quelli situati nelle articolazioni e nei muscoli, e di un organo di senso speciale, l'apparato vestibolare, che è in grado di rilevare la posizione e i movimenti del capo nello spazio. Tale complesso apparato, situato nell'orecchio interno, è in connessione con numerosi centri nervosi motori preposti al controllo di risposte riflesse adattative finalizzate al mantenimento dell'equilibrio. Tra le varie aree recettoriali presenti nell'apparato vestibolare, quelle situate nel sacculo e nell'utricolo sono addette al rilevamento dell'accelerazione lineare e della posizione del capo relativamente alla direzione della forza di gravità. Nella più comune postura del capo, quella ortostatica, l'utricolo risponde all'accelerazione orizzontale e il sacculo a quella verticale. L'attivazione di queste aree sensoriali è dovuta alla presenza degli otoliti immersi nella cupola gelatinosa che ricopre le cellule ciliate recettrici. Gli otoliti sono più pesanti della circostante endolinfa, e l'accelerazione lineare del capo in qualsivoglia direzione provoca, per effetto inerziale, il loro spostamento relativo in direzione opposta. Le forze radenti del complesso sostanza gelatinosa-otoliti, che vengono in tal modo esercitate sulle cellule recettrici, flettono le ciglia di queste ultime e ne determinano l'eccitamento. Le macchie sacculari e utricolari sono attive anche quando il capo è immobile, in quanto gli otoliti risentono della forza di gravità. Perciò, i recettori presenti in queste aree sensoriali sono in grado di rilevare anche la posizione della testa rispetto alla direzione di gravità. I recettori situati nelle creste ampollari dei canali semicircolari rilevano le accelerazioni dovute al movimento rotatorio del capo. I tre canali sono disposti ciascuno perpendicolarmente rispetto agli altri, e quindi il movimento rotatorio del capo in qualsiasi direzione stimola almeno una delle tre aree sensoriali ampollari. La stimolazione dei recettori avviene nel modo seguente. Quando la testa è posta in movimento rotatorio, i canali semicircolari, e quindi le cellule ciliate che si trovano nell'ampolla, vengono spostati nella stessa direzione. Tuttavia, l'endolinfa che riempie i canali semicircolari ed è libera di muoversi in essi tende, a causa della sua inerzia, a mantenere la sua posizione, dando luogo a un movimento relativo della cupola ampollare rispetto al liquido. Questo movimento determina a sua volta la flessione delle ciglia delle cellule recettrici, e quindi la loro stimolazione. Al cessare della rotazione si produce una distorsione delle ciglia in direzione opposta. I segnali elettrici che hanno origine nell'apparato vestibolare raggiungono prevalentemente i nuclei vestibolari bulbari mediante le fibre vestibolari dell'VIII nervo cranico; da questo primo centro di integrazione, l'informazione vestibolare viene principalmente inviata verso i centri spinali e troncoencefalici. Nel midollo spinale, essa viene utilizzata per regolare il tono dei muscoli estensori impegnati nel controllo della postura e dell'equilibrio. Nel tronco dell'encefalo, l'informazione vestibolare viene impiegata per regolare i movimenti coordinati del capo e degli occhi. I nuclei vestibolari sono inoltre connessi con una parte specializzata del cervelletto (il lobo flocculonodulare), preposta al controllo dell'appropriata esecuzione dei comandi motori. Infine, i nuclei vestibolari inviano fibre anche ai sistemi sensoriali somatici della corteccia cerebrale che sono implicati nella percezione della posizione della testa e dell'intero corpo nello spazio.
Le cavità nasali sono due ampie fosse scavate nello scheletro della faccia, allungate in senso sagittale. Esse rappresentano la prima porzione dell'apparato respiratorio, costituendo la principale via per l'ingresso dell'aria, che preparano al contatto con le delicate strutture polmonari riscaldandola, umidificandola e depurandola dalle scorie più grossolane: funzioni che si devono sia alla forma delle cavità nasali sia alla particolare mucosa di cui esse sono rivestite. Una parte di questa mucosa, la mucosa olfattiva, ospita inoltre i recettori per gli stimoli olfattivi. Strutture anatomiche Le cavità nasali sono formate da due condotti simmetrici, distinti in destro e sinistro, separati tra loro dal setto. Comunicano con l'esterno attraverso le narici, mentre posteriormente si aprono nella faringe tramite le coane, o narici interne. Complessivamente sono costituite da due porzioni: una anteriore, il vestibolo, e una posteriore, le cavità nasali propriamente dette. Il vestibolo è delimitato anteriormente dal naso esterno, o piramide nasale, sostenuto dalle cartilagini nasali, alare e accessoria, e posteriormente da un piccolo rilievo denominato limen nasi. È ricoperto da cute molto sottile da cui sporgono peli grossi e rigidi, denominati vibrisse, che rappresentano la prima difesa contro l'ingresso di materiale corpuscolato nelle vie respiratorie. Alle vibrisse sono inoltre annesse grandi ghiandole sebacee e piccole ghiandole sudoripare. Le cavità nasali propriamente dette presentano una parete mediale, una laterale, una volta e un pavimento. La parete mediale, è formata dal setto nasale, che è costituito posteriormente da una porzione della lamina verticale dell'etmoide, posteroinferiormente dal vomere e anteriormente dalla cartilagine del setto. Tale parete è liscia. La parete laterale è invece irregolare per la presenza di tre rilievi ossei, che prendono il nome di cornetti o turbinati, distinti in superiore, medio e inferiore; di questi quello inferiore va considerato un segmento osseo a sé stante. I tre cornetti, che si presentano come segmenti concavi inferiormente e lateralmente, delimitano degli spazi detti meati, distinti anch'essi in superiore, medio e inferiore. Nel meato superiore si aprono le cellule etmoidali posteriori e il seno sfenoidale; nel meato medio il seno frontale, le cellule etmoidali anteriori e il seno mascellare; nel meato inferiore, infine, il canale nasolacrimale. La volta delle cavità nasali è costituita anteriormente dalle ossa proprie del naso e, posteriormente, dalla lamina orizzontale che prende il nome di cribrosa dell'etmoide. Il pavimento, infine, è costituito, nella sua porzione anteriore, dai processi palatini del mascellare superiore e, in quella posteriore, dalla lamina orizzontale del palatino. Le pareti delle cavità nasali sono rivestite interamente da mucosa e, soprattutto a livello della parete laterale e di quella mediale, sono notevolmente vascolarizzate. Nella parete laterale decorrono l'arteria pterigopalatina, l'arteria sfenopalatina e le arterie etmoidali. In corrispondenza del setto nasale, e più precisamente a livello della sua porzione anteriore, è localizzata una piccola zona di circa 1 cm2, denominata locus Valsavae, che presenta una notevole irrorazione sanguigna superficiale e pertanto è spesso soggetta a traumi ed emorragie. I nervi presenti a livello delle cavità nasali sono eccitosecretori e conducono la sensibilità generale. Essi derivano dal nervo trigemino (tramite il nervo nasale interno e il nervo nasociliare, ramo del nervo oftalmico) e da rami che appartengono al ganglio sfenopalatino. A ciascuna fossa nasale sono annessi i seni paranasali, cavità scavate nelle ossa, che si distinguono in: seni frontali, localizzati internamente alla porzione anteriore dell'osso frontale; seni mascellari, di forma piramidale, scavati nelle ossa mascellari; seno sfenoidale, contenuto nel corpo dello sfenoide e il cui sviluppo si completa intorno ai 20-25 anni; cellule etmoidali anteriori e posteriori, rappresentate da una serie di cellette pneumatiche presenti nelle masse laterali dell'etmoide. I seni frontali e mascellari comunicano con il meato medio; il seno sfenoidale si apre nel meato superiore con un orifizio ristretto da una piega circolare mucosa; le cellule etmoidali, infine, si aprono sia nel meato superiore sia in quello medio.
Mucosa olfattiva La mucosa olfattiva si dispone a ricoprire la volta delle cavità nasali e si presenta come una zona di colorito giallastro, con un'estensione media di circa 2,5 cm2. Complessivamente, è composta di un epitelio e di una tonaca propria. L'epitelio è a sua volta formato da tre distinti tipi di cellule: olfattive, di sostegno e basali. Le cellule olfattive sono cellule nervose in grado di percepire gli stimoli odorosi e di trasmetterli al bulbo olfattivo. Esse sono costituite da un corpo, disposto profondamente nell'epitelio, e da due prolungamenti, distinti in distale e prossimale. Il prolungamento distale, più voluminoso, termina con una piccola vescicola olfattiva che sporge sulla superficie della mucosa; la superficie della vescicola presenta numerose ciglia lunghe. Il prolungamento prossimale è invece più sottile e si approfonda nella tonaca propria per andare a far parte del nervo olfattivo. Le cellule di sostegno sono disposte tra le cellule olfattive e la loro superficie è ricca di numerose estroflessioni, i microvilli. Le cellule basali, infine, sono scarsamente sviluppate e si dispongono a costituire lo strato più profondo dell'epitelio della mucosa olfattiva. Nella mucosa sono inoltre presenti piccole strutture ghiandolari che hanno la capacità di secernere muco. Vie olfattive Le vie olfattive originano dai recettori periferici localizzati nella mucosa olfattiva. Tali recettori sono rappresentati dalle cellule olfattive, e più precisamente dalle loro innumerevoli ciglia. Queste strutture recettoriali sono in grado di captare gli stimoli odorosi e di trasmetterli, attraverso il prolungamento prossimale della cellula olfattiva, al bulbo olfattivo, formazione pari a forma di oliva, posta in corrispondenza della faccia inferiore del lobo frontale. Dal bulbo olfattivo, e in particolare dalla confluenza dei prolungamenti neuritici di speciali cellule (cellule mitrali e a ciuffo) che lo compongono, si diparte il tratto olfattivo, un cordoncino nervoso a sezione triangolare, lungo circa 3 cm. Dalla porzione posteriore del tratto olfattivo, detta trigono olfattivo, si dipartono due strie olfattive, laterale e mediale, che si dirigono verso la corteccia cerebrale per confluire, rispettivamente, nell'estremità anteriore dell'ippocampo (uncus) e nella circonvoluzione paraterminale e paraolfattiva. Le fibre nervose deputate al trasporto delle informazioni olfattive percorrono le strutture suddette per terminare in alcune specifiche stazioni: il nucleo olfattivo anteriore, posto appena dietro il bulbo olfattivo; il tubercolo olfattivo, posto nella porzione posteriore del trigono olfattivo; l'amigdala; i nuclei del setto pellucido; il lobo piriforme; l'ippocampo. Nel lobo piriforme, porzione inferomediale del lobo temporale, in particolare, esistono tre aree principali in cui terminano fibre dirette dal bulbo olfattivo: tali regioni sono l'area olfattiva primaria (prepiriforme), l'area piriforme e l'area entorinale (area olfattiva secondaria). Sono queste le aree specifiche deputate alla sensibilità olfattiva. Al bulbo, inoltre, giungono fibre provenienti da centri intercalati lungo la via centrale (talamo, ipotalamo, formazione reticolare e mesencefalica), la cui funzione è quella di modulare gli stimoli olfattivi. In particolare, esse permettono le correlazioni tra stimoli odorosi e attività vegetativa ed emotivo-istintiva.
L'olfatto è uno dei sensi più antichi dal punto di vista evolutivo ed è ben sviluppato in molti animali inferiori e notturni. Questa forma di sensibilità permette di apprezzare l'odore dei cibi, degli individui, dell'ambiente ecc. Nell'uomo, come negli animali, l'olfatto, probabilmente più di ogni altra forma di sensibilità, evoca reazioni emotive. Il senso dell'olfatto, inoltre, è di importanza primaria per la ricerca e la scelta del cibo. I recettori olfattivi, localizzati nella mucosa olfattiva, vengono a contatto con le molecole odorose dell'aria quando queste penetrano nel naso con l'inspirazione. Poiché durante la respirazione la mucosa olfattiva non è direttamente investita dai principali flussi d'aria che percorrono le cavità nasali, il contatto delle molecole odorose con i recettori può essere favorito attraverso l'atto dell'annusamento. Infatti, mediante tale attività, che può essere sia volontaria che riflessa, si aumenta considerevolmente il flusso d'aria che percorre il meato nasale superiore, sede della mucosa olfattiva. Prima di poter essere avvertita, la sostanza odorosa deve dissolversi nello strato di muco che ricopre l'area olfattiva, e solo successivamente può entrare in rapporto con i siti posti sulla membrana delle cellule recettrici. L'interazione, se sufficientemente intensa, determina l'insorgenza di un impulso nervoso che, attraverso vie specifiche, viene inviato al bulbo olfattivo. I messaggi olfattivi, già in parte elaborati nel bulbo olfattivo, vengono poi trasmessi alle aree corticali olfattive, che costituiscono i siti di percezione, discriminazione e memorizzazione degli odori, e al sistema limbico, che è implicato nelle reazioni comportamentali da essi indotte. Altri importanti bersagli delle informazioni olfattive sono i centri ipotalamici che regolano l'assunzione del cibo e la secrezione degli ormoni connessi con l'attività riproduttiva. Sebbene sia dotato di una modesta sensibilità olfattiva, l'uomo è in grado di discriminare migliaia di qualità odorose. Le basi fisiologiche della capacità discriminativa degli odori sono, a tutt'oggi, in gran parte sconosciute. Secondo una delle teorie più accreditate, tutti gli odori possono essere ricondotti a un numero piuttosto contenuto (circa sette) di odori primari. Le cellule recettrici, provviste di differenti popolazioni di siti recettoriali, possono essere attivate da più di un tipo di molecola odorosa, rispondendo tuttavia ai diversi odori in modo non uniforme. Di conseguenza, si ipotizza che i centri superiori possano discriminare i vari odori attraverso l'analisi degli stimoli di diseguale intensità provenienti dall'eccitazione simultanea di più cellule recettrici. Nell'aria sono generalmente presenti numerosissime sostanze odorose; tuttavia l'uomo è in grado di apprezzarne una sola per volta, in quanto l'odore più intenso tende a mascherare quelli più deboli (fenomeno del mascheramento). Inoltre, la continua esposizione allo stesso odore provoca una diminuzione della sensibilità olfattiva (fenomeno dell'adattamento). Per superare l'adattamento a una molecola odorosa, la concentrazione di questa deve essere notevolmente aumentata. Funzioni respiratorie del naso Attraversando le cavità nasali per accedere all'albero bronchiale, l'aria inspirata subisce, prima di raggiungere il delicato ambiente alveolare, una serie di necessari condizionamenti. Al passaggio dell'aria nei seni nasali si svolgono processi che ne determinano il riscaldamento, l'umidificazione e la filtrazione. Al fine di preservare il sottile epitelio alveolare dal raffreddamento e dall'essiccamento causati dalla ventilazione, l'aria, ancor prima di raggiungere la trachea, viene riscaldata alla temperatura corporea e umidificata quasi fino a saturazione. Questi condizionamenti si attuano a seguito del contatto dell'aria con il rivestimento epiteliale che ricopre le pareti delle cavità nasali. La particolare costituzione anatomica di tali cavità facilita il condizionamento: la presenza dei tre turbinati aumenta la superficie della parete laterale delle fosse nasali e la mucosa che le tappezza è munita sia di una ricca vascolarizzazione, particolarmente adatta allo scambio di calore, sia di numerose ghiandole produttrici di muco, che la mantengono costantemente bagnata. Anche la funzione di depurazione si avvale della presenza della mucosa. Infatti, le piccole particelle (del diametro di alcuni micrometri) sospese nell'aria vengono trattenute dalla viscosità del muco quando vanno a urtare contro le pareti degli stretti meati nasali per effetto del flusso turbolento dell'aria. Le cellule della mucosa, inoltre, sono munite di ciglia vibratili. I movimenti delle ciglia tendono ad allontanare le impurità trattenute dal muco, spostando quest'ultimo verso l'orifizio esofageo, da dove, mediante la deglutizione, raggiunge quindi lo stomaco per essere digerito.
La cavità orale, o buccale, che è contenuta nello splancnocranio e a cui appartengono o sono annesse varie formazioni, come le labbra, le arcate alveolodentali, il palato, la lingua e le ghiandole salivari, rappresenta la prima porzione dell'apparato digerente. È inoltre la sede del gusto e, infine, svolge un importante ruolo nell'articolazione dei suoni.
Vestibolo e arcate alveolodentali I limiti anteriori e laterali della cavità orale sono dati rispettivamente dalle labbra e dalle guance; la parete superiore è costituita dal palato, mentre quella inferiore, o pavimento, è rappresentata dal solco sottolinguale e dalla lingua. Nella cavità orale si distinguono una parte anteriore, detta vestibolo, comunicante con l'esterno tramite la rima buccale, e una parte posteriore, la cavità buccale propriamente detta, che si apre nella faringe mediante l'istmo delle fauci. Tra il vestibolo e la cavità buccale vera e propria sono interposte le arcate alveolodentali, robusti rilievi formati dai processi alveolari delle ossa mascellari e della mandibola, ricoperti da una mucosa detta gengiva. Quando le arcate alveolodentali sono chiuse, il vestibolo della cavità orale è costituito da una fessura virtuale a forma di ferro di cavallo, a concavità posteriore. Anteriormente, esso è delimitato dalle labbra, lateralmente dalla superficie interna delle guance, e profondamente dalle gengive e dai denti. Quando le arcate alveolodentali sono ravvicinate, se la dentatura è completa, il vestibolo comunica con la cavità buccale propriamente detta solamente tramite lo spazio retrodentale. Le gengive sono la continuazione della mucosa che riveste internamente labbra e guance. I denti sono organi di fondamentale importanza nel processo di masticazione: sono costituiti da una porzione esterna, la corona, da una parte infissa nell'alveolo, la radice, e da una terza parte che collega le altre due, chiamata colletto. Al centro, ciascun dente presenta una cavità detta camera pulpare. Il dente è costituito da una varietà di tessuto osseo, la dentina o avorio, rivestito di cemento a livello della radice e da smalto a livello della corona. Nell'uomo si distinguono due dentizioni: la prima è rappresentata da 20 denti, detti caduchi o da latte; la seconda è composta da 32 denti, detti permanenti, dei quali 16 disposti nell'arcata dentaria superiore e 16 in quella inferiore. In ogni arcata si riconoscono 4 incisivi, 2 canini, 4 premolari, 6 molari. La cavità buccale propriamente detta è delimitata da tre pareti: la parete superiore, la parete inferiore e un istmo, per mezzo del quale essa comunica con la faringe.
Palato Il palato costituisce la parete superiore della cavità bucale. È suddiviso in una parte anteriore, il palato osseo, e in una posteriore, denominata palato molle. Il palato osseo, chiamato anche palato duro, è formato dal processo palatino delle ossa mascellari e dalla lamina orizzontale delle ossa palatine; tali strutture sono ricoperte da mucosa, sulla cui superficie sono collocati i piccoli orifizi di sbocco delle ghiandole salivari minori (o palatine). La mucosa anteriormente è sollevata in creste arcuate, le pliche palatine. Il palato molle, o velo palatino, è invece una struttura laminare di forma quadrilatera, che dal margine posteriore del palato duro si estende posteriormente e lateralmente, terminando con gli archi palatini. Sul margine posteriore del velo palatino, e più precisamente sul suo punto medio, si dispone un piccolo rilievo di forma conica: l'ugola. La struttura del palato molle è sostenuta da una lamina di natura connettivale, detta aponeurosi palatina, alla quale si sovrappongono muscoli e mucosa. I muscoli sono: il tensore del palato, l'elevatore del palato, il glossopalatino, il faringopalatino e il muscolo dell'ugola. La parte posteriore della cavità orale è rappresentata dall'istmo delle fauci, delimitato lateralmente dai rilievi dei due archi palatini; di essi l'anteriore è chiamato palatoglosso, quello posteriore palatofaringeo. I due archi inferiormente delimitano la fossa tonsillare, nella quale sono disposte le tonsille palatine, strutture particolari risultanti dall'accumulo di tessuto linfoide.
Lingua La lingua costituisce il pavimento della cavità orale. In essa si distinguono due parti: una anteriore o libera, detta porzione buccale o corpo, e una posteriore, faringea, detta radice. Il limite fra corpo e radice è costituito dal solco terminale, che ha la forma di una V aperta sul davanti. La lingua è costituita da uno scheletro fibroso e da più strutture muscolari, fissate su di esso. I muscoli della lingua sono distinti in estrinseci, con origine extralinguale, che consentono i movimenti fondamentali per la deglutizione e la fonazione (proiezione in avanti, indietro, in alto e in basso), e intrinseci, con origine e inserzione nella lingua, che consentono alla lingua di restringersi, appiattirsi, prendere concavità superiore o inferiore. Una plica mucosa longitudinale mediana, il frenulo della lingua, unisce la parte posteriore della mandibola alla superficie inferiore della lingua, limitandone i movimenti. A livello della superficie dorsale della lingua si possono riconoscere dei piccoli rilievi della mucosa: le papille, che sono distinte in filiformi, vallate, fungiformi e foliate. Le papille più piccole e più numerose sono le filiformi: la loro funzione è sia meccanica, in quanto conferiscono alla lingua la ruvidezza necessaria a far procedere il bolo alimentare verso la faringe, sia tattile, poiché sono ricche di fibre nervose deputate al trasporto di tale tipo di sensibilità. Le papille vallate, disposte nel solco terminale, sono invece ricche di boccioli, o calici, gustativi, che sono i recettori dell'organo del gusto. Sporadici corpuscoli gustatitivi si trovano anche nelle papille fungiformi, disposte fra quelle filiformi, che sono numerose soprattutto all'apice della lingua. Le due papille foliate, infine, situate nella parte posteriore dei margini della lingua libera, e composte da una decina di pieghe parallele, separate da solchi, sono anch'esse ricche di boccioli gustativi. I boccioli gustativi, oltre che nelle papille, possono localizzarsi anche a livello della faringe, dell'epiglottide e, raramente, della laringe. Tali recettori, che nel loro complesso delimitano il canale gustativo, sono costituiti da tre tipi di cellule: cellule gustative, cellule epiteliali e cellule basali. Ogni bocciolo gustativo, anche se capace di rispondere a più stimoli, si distingue per la recettività a uno specifico stimolo gustativo fondamentale (dolce, amaro, acido, salato). A livello della radice della lingua è disposta la tonsilla linguale.
Ghiandole salivari Alla cavità orale sono annesse, pari e simmetriche, le ghiandole salivari, distinte in ghiandole salivari maggiori, ovvero parotide, sottomandibolare e sottolinguale, e ghiandole salivari minori, piccole strutture ghiandolari disseminate nella mucosa e nella sottomucosa. La loro funzione è quella di produrre la saliva, liquido deputato alla prima fase della digestione degli alimenti. La parotide è una ghiandola del peso di circa 30 g, disposta, posteriormente alla branca montante della mandibola e anteriormente al meato acustico esterno e al muscolo sternocleidomastoideo, nella loggia parotidea, nella quale sono contenuti anche tratti dell'arteria carotide esterna, della vena giugulare esterna e del nervo facciale. La parotide è composta da una parte profonda e da un prolungamento superficiale ed è dotata di un condotto escretore, chiamato dotto di Stenone, che sbocca nel vestibolo, a livello del colletto del secondo molare superiore. La ghiandola sottomandibolare è localizzata a livello del pavimento della cavità orale, in corrispondenza dell'omonima loggia. La ghiandola pesa circa 7-8 g e il suo dotto escretore sbocca a livello del vestibolo. La ghiandola sottolinguale è in realtà costituita da un insieme di piccole ghiandole, raggruppate nella sottomucosa del solco sottolinguale; è fornita di un condotto escretore maggiore e di più dotti minori, che sboccano ai lati del frenulo della lingua.
Vie gustative La via nervosa attraverso cui gli impulsi generati a livello dei recettori dei boccioli gustativi raggiungono i centri encefalici è costituita da tre tipi di neuroni: il protoneurone, il neurone associativo e il neurone integrativo. Il primo appartiene ai nervi cranici VII, IX e X. Il VII paio dei nervi cranici (facciale), con un suo ramo (corda del timpano), trasporta gli impulsi nervosi gustativi provenienti dall'apice e dal corpo della lingua; il IX (glossofaringeo) trasmette le informazioni percepite a livello della base della lingua; il X (nervo vago), infine, per mezzo di un suo ramo (nervo faringeo superiore), fa da tramite agli stimoli che sono captati a livello delle pieghe glossoepiglottiche. Dopo aver percorso questi nervi, le fibre nervose raggiungono il nucleo del tratto solitario, situato nel bulbo, e contraggono sinapsi con il secondo neurone, che con il suo neurite si porta fino al talamo e qui contrae sinapsi con il pirenoforo del terzo neurone, il quale, integrando gli stimoli ricevuti, li convoglia, infine, al centro sensoriale gustativo, localizzato a livello della corteccia del lobo parietale. Digestione buccale: masticazione, secrezione salivare e deglutizione Quando il cibo viene ingerito, cioè introdotto nella bocca, subisce una serie di processi di natura meccanica e chimica che costituiscono il primo stadio della digestione. Loro scopo è quello di trasformare il boccone di cibo in una massa molle e umida, il bolo, atta a essere deglutita.
La demolizione meccanica del cibo avviene mediante la masticazione. Questo processo si realizza per intervento di numerose strutture: i denti, le labbra, la lingua e i muscoli masticatori che azionano la mandibola. I denti dell'uomo sono adatti a una dieta onnivora: gli incisivi per recidere, i canini per strappare, i premolari per schiacciare, i molari per triturare. La forza che i denti possono esercitare varia dai 10-20 kgf degli incisivi ai circa 90 kgf dei molari. L'atto ritmico del masticare implica non solo il movimento della mandibola e l'azione dei denti, ma anche il moto coordinato della lingua e di altri muscoli della cavità orale. L'attività dei muscoli masticatori e della lingua è volontaria ma anche di tipo riflesso. Il solo collocare il cibo nella bocca può infatti innescare meccanismi nervosi riflessi, che sono controllati da centri situati nel tronco dell'encefalo. Alcuni animali, per lo più carnivori, deglutiscono il cibo quasi immediatamente dopo averlo ingerito, mentre l'uomo lo mastica alquanto a lungo. A parte la necessità di frammentare il cibo in modo che il bolo non sia troppo grosso per entrare nell'esofago, la masticazione prolungata non sembra essere determinante per lo svolgimento del processo digestivo. Essa, tuttavia, favorisce l'apprezzamento gustativo del cibo.
La masticazione del cibo sarebbe estremamente difficoltosa senza l'aiuto della saliva, il succo secreto dalle ghiandole salivari. Le ghiandole parotidi producono un secreto sieroso contenente sali ed enzimi digestivi; le ghiandole sottomandibolari e sottolinguali sono invece miste, cioè producono anche muco, una secrezione densa che conferisce alla saliva la sua caratteristica viscosità. L'adulto secerne da 1 a 2 litri di saliva al giorno. Di questa, il 25% è secreto dalla parotide, il 70% dalle sottomandibolari e il 5% dalle sottolinguali. La saliva sierosa, che contiene oltre il 99% di acqua, umidifica la bocca e le labbra, rendendole scorrevoli per la produzione della parola; ha una funzione detergente per bocca e denti, liberandoli dai detriti alimentari; inoltre, permette la soluzione di sostanze alimentari solide che solo in tale stato possono raggiungere e stimolare i recettori gustativi, dando luogo alla sensazione del gusto. La saliva sierosa contiene inoltre la ptialina, un enzima che avvia la scissione chimica dell'amido, formando sostanze più semplici, le destrine, e il disaccaride maltosio. Un altro enzima salivare è il lisozima, sostanza ad azione disinfettante in grado di demolire la membrana cellulare dei batteri. La saliva mucosa, contenente la glicoproteina mucina, agisce principalmente quale lubrificante, che amalgama il cibo facilitando la formazione del bolo, che è successivamente trasportato verso la parte posteriore della bocca per la deglutizione. La formazione e la secrezione della saliva sono sotto il controllo del sistema nervoso autonomo. Le fibre parasimpatiche che originano dai nuclei salivari del bulbo stimolano la secrezione salivare, sia sierosa sia mucosa. Le fibre simpatiche svolgono azione inibente la secrezione sierosa. Piccoli quantitativi di saliva, circa 0,5 ml/min, vengono secreti continuamente al fine di mantenere umida la bocca. L'incremento di secrezione che si verifica ai pasti è dovuto a meccanismi riflessi. La presenza del cibo nella bocca costituisce infatti un potente stimolo per i recettori presenti nella cavità orale. Messaggi nervosi vengono inviati lungo i nervi gustativi ai centri salivari bulbari, i quali a loro volta esaltano la secrezione delle ghiandole salivari, che possono produrre fino a 4 ml/min di saliva. La secrezione di saliva può essere anche dovuta ad attività riflessa condizionata, cioè fondata su una precedente esperienza. Risposte condizionate sono promosse dalla vista e dall'odore del cibo, nonché dal pensiero del cibo e dai rumori connessi alla sua preparazione.
Dopo essere stato opportunamente preparato nella bocca, il bolo viene gradualmente sospinto verso il retro della lingua, dove la stimolazione delle terminazioni nervose quivi esistenti e di quelle della faringe attiva il riflesso della deglutizione. Mediante tale riflesso, il bolo viene immesso, attraverso la faringe, nell'esofago e nello stomaco. La deglutizione è un processo complesso, regolato da un centro nervoso che è situato nel bulbo e coordina l'attività contrattile di 25 muscoli scheletrici distribuiti nella bocca, nella faringe, nella laringe e nella porzione iniziale dell'esofago, nonché della muscolatura liscia della porzione inferiore di quest'ultimo. Quando si sposta all'indietro forzando il bolo nella faringe, la lingua viene sollevata per chiudere la via di accesso alla cavità nasale, mentre l'epiglottide viene abbassata per impedire l'accesso del bolo alla laringe e, quindi, alle vie aeree. A tale scopo risulta determinante anche la chiusura della glottide. Quando il bolo raggiunge la faringe, altri riflessi provvedono al suo trasporto nell'esofago e poi nello stomaco.
Il senso del gusto serve per apprezzare alcune qualità fisico-chimiche del cibo, e quindi per guidare l'individuo nella scelta dei nutrienti necessari al metabolismo energetico e all'omeostasi idrica ed elettrolitica. Esso esercita inoltre una certa influenza sulla regolazione dell'appetito, sull'inizio della digestione e sulla capacità di evitare sostanze dannose e sgradevoli presenti nei cibi. I condizionamenti operati dal gusto del cibo nei primi periodi della vita esercitano un profondo effetto sulle future abitudini dell'individuo. Gli organi recettori del gusto, i boccioli gustativi, sono alla nascita circa 10.000. La sensibilità gustativa è servita soprattutto dai boccioli gustativi situati nella lingua. Le cellule recettrici contenute all'interno dei boccioli gustativi si rinnovano continuamente, con un ciclo della durata di circa 10 giorni. Il primo evento della sensazione gustativa consiste in un legame stabile della sostanza chimica con specifici siti recettivi presenti sulla membrana delle cellule gustative. Si noti che una sostanza perfettamente secca non può essere assaporata finché non si sciolga in soluzione nella saliva. La conseguenza dell'interazione della sostanza con il recettore di membrana è l'insorgenza di un impulso nervoso, che viene trasmesso al sistema nervoso centrale da una sottile fibra posta alla base della cellula recettrice. Sebbene i boccioli e le cellule gustative abbiano una struttura molto simile, essi risultano funzionalmente distinti in quattro tipi diversi, ciascuno rispondente prevalentemente a uno dei quattro stimoli gustativi primari: dolce, amaro, acido, salato. I differenti tipi di boccioli gustativi presentano anche una specifica collocazione sulla superficie linguale: quelli più sensibili al dolce e al salato sono concentrati principalmente sulla punta della lingua, quelli per l'amaro nella porzione posteriore, quelli per l'acido sui margini. La soglia di sensibilità, ovvero la minima quantità di sostanza in grado di evocare la sensazione, è alquanto diversa per gli stimoli gustativi primari. Le sostanze amare presentano la soglia più bassa, e pertanto vengono riconosciute anche in piccolissime quantità, mentre la soglia più elevata è quella per le sostanze dolci. Le informazioni gustative trasmesse dalle fibre del VII, IX e X paio dei nervi cranici confluiscono nel nucleo del tratto solitario situato nel bulbo, che costituisce il primo centro integrativo di tale forma di sensibilità. Da quest'area vengono stabiliti tre gruppi di connessioni con altre regioni encefaliche. Il primo gruppo è diretto ai vicini centri bulbari che regolano in via riflessa l'attività delle ghiandole salivari e dello stomaco. Il secondo gruppo di connessioni è diretto ai centri ipotalamici e al sistema limbico; le proiezioni limbiche inducono le risposte affettive connesse alla sensazione gustativa (gradevole o sgradevole), mentre quelle ipotalamiche partecipano alla regolazione della sensazione di fame e di sazietà. Infine, il terzo gruppo di connessioni viene stabilito con il talamo e con la corteccia cerebrale, e serve per l'apprezzamento cosciente e per la discriminazione della informazione gustativa.
Sebbene la produzione della voce sia primariamente il risultato della vibrazione delle corde vocali laringee, la forma finale dei suoni emessi è in gran parte dovuta ai fenomeni di risonanza e ai processi di articolazione che avvengono nel naso e soprattutto nella bocca. La cavità orale può essere considerata un risuonatore con caratteristiche di risonanza variabili in rapporto alla sua forma e al suo volume, all'atteggiamento delle labbra, alla posizione che assume la lingua nella cavità stessa. Il ruolo della cavità orale è ancora più determinante nell'articolazione del linguaggio, la quale consiste in una complessa interruzione della corrente d'aria che, in precedenza, ha determinato la produzione dei suoni nella laringe. Le strutture della cavità orale che partecipano in modo più rilevante all'articolazione della parola sono la lingua, le labbra e i denti. I muscoli impegnati nella complessa attività motoria connessa all'articolazione del linguaggio sono coordinati da un centro nervoso corticale che fa parte di un'area associativa situata nel lobo frontale dell'emisfero sinistro (area di Broca); quest'ultimo, per quanto concerne la specifica funzione verbale, risulta pertanto dominante rispetto all'emisfero destro.