TESTAMENTI DI FEDERICO II
Sono noti due testamenti di Federico II: il primo, datato 1o maggio 1228, fu redatto poco prima della morte della moglie Isabella, deceduta ad Andria dieci giorni dopo la nascita del figlio Corrado (26 aprile), e poche settimane prima della partenza per la crociata. Il secondo testamento fu compilato sul letto di morte dell'imperatore (13 dicembre 1250). Un presunto terzo testamento, secondo Gunther Wolf (1956) un "testamento privato" che integra il "testamento di stato" del 1250, è stato giudicato a partire da Ernst Kantorowicz (1957) un'esercitazione stilistica (risalente al 1251 ca.) priva di valore dal punto di vista storico; la stessa valutazione può essere espressa per l'esercitazione stilistica di carattere satirico pubblicata da Eduard Winkelmann.
Il testamento del 1228 fu reso noto in presenza dei grandi del Regno riuniti a Barletta, ma è tramandato solo nel resoconto condensato di Riccardo di San Germano, che potrebbe aver preso visione del testo. Tutti gli abitanti del Regno, secondo Riccardo, dovettero giurare di rispettare il testamento, in forza del quale ai sudditi siciliani sarebbero state garantite la pace e la sicurezza di cui avevano goduto al tempo di re Guglielmo II (m. 1189). Al duca Rainaldo di Spoleto era affidata la reggenza ("regni ballium") per l'intero periodo d'assenza dell'imperatore; in caso di morte di quest'ultimo doveva succedergli il figlio maggiore Enrico (VII), sia nel Regno sia nell'Impero. Se anche l'erede fosse morto senza discendenti, il figlio minore Corrado sarebbe subentrato in entrambe le cariche. Se i due figli fossero morti senza eredi, la successione sarebbe spettata a eventuali figli legittimi sopravvissuti dell'imperatore ("filii ipsius superstites"). Questo passo è concepito in prospettiva del futuro, tanto più che Federico al momento non aveva altri figli legittimi. In ogni caso, è superflua l'emendatio presa talvolta in considerazione di "filii" in "filie" (figlie). All'imperatore premeva il rafforzamento dell'unio regni ad imperium, laddove per entrambi i Regni considerava come ovvio presupposto la successione, sebbene Enrico VI nel 1196 avesse fallito nel suo Erb-reichsplan ('progetto di un Regno ereditario') e il Papato insistesse, come prima, sulla soppressione più volte promessa dell'unione personale.
Il testamento redatto sul letto di morte, ma evidentemente trascritto postumo da un notaio della cancelleria, il 17 dicembre, in ottemperanza alle norme del diritto romano, conteneva le seguenti disposizioni: 1. Corrado IV ereditava il Regno e l'Impero; in caso di morte senza discendenti, gli sarebbero subentrati nell'ordine i figli di Federico, Enrico e Manfredi. A quest'ultimo spettava la reggenza ("balium") in Italia e in Sicilia per l'intera durata dell'assenza di Corrado, con pieni poteri imperiali; 2. Manfredi otteneva in feudo da Corrado il principato di Taranto in proporzioni specificate, la signoria di Monte S. Angelo e quanto gli era già stato concesso nell'Impero (e inoltre, ma solo in una parte della tradizione, 10.000 once d'oro); 3. Il nipote omonimo di Federico, figlio di Enrico (VII), riceveva in feudo da Corrado i ducati d'Austria e di Stiria, come pure 10.000 once d'oro; 4. Enrico, figlio di Federico, avrebbe ottenuto o il Regno d'Arles o quello di Gerusalemme, secondo la decisione di Corrado, e in aggiunta 10.000 once d'oro; 5. A discrezione di Corrado e dei crociati 100.000 once d'oro dovevano essere destinate a sostegno della Terrasanta per la salvezza dell'anima dell'imperatore; 6. Ai Templari andavano restituiti tutti i loro beni legittimamente acquisiti; 7. Tutte le chiese e i conventi dovevano essere reintegrati nei loro diritti; 8. Gli abitanti del Regno sarebbero stati esentati dalle collette, come al tempo di Guglielmo II; 9. Conti, baroni, cavalieri e vassalli avrebbero beneficiato dei diritti e delle libertà di cui godevano all'epoca di Guglielmo II; 10. Le chiese di Lucera e di Sora e quelle che avevano subito danni dai funzionari imperiali dovevano essere risarcite; 11. I proventi della masseria imperiale di S. Nicola sull'Ofanto (S. Nicolaus de Aufido) dovevano essere impiegati per la manutenzione dei ponti locali; 12. Tutti i prigionieri andavano liberati, a eccezione di quelli dell'Impero e di coloro che si erano macchiati di alto tradimento nel Regno; 13. Manfredi doveva dotare di terre la servitù meritevole della corte imperiale, ma non attingendo dai beni della Corona, e Corrado, Enrico e i loro eredi erano tenuti al rispetto di queste disposizioni; 14. Nessuno dei colpevoli di alto tradimento nel Regno era autorizzato a rientrarvi, e i discendenti non avrebbero potuto disporre della loro eredità; 15. I debiti imperiali dovevano essere pagati; 16. La Chiesa romana, sua madre, doveva essere risarcita di quanto le spettava, a condizione che restituisse all'Impero quanto gli spettava salvaguardando il diritto e l'onore dell'Impero ("ius et honor imperii"); 17. Federico desiderava essere sepolto nella cattedrale di Palermo, accanto al padre e alla madre, e a questa chiesa dovevano essere versate 500 once d'oro per la salvezza della sua anima e in memoria dei genitori. Il testamento fu firmato da testimoni nominati: l'arcivescovo Berardo di Palermo, il margravio Bertoldo di Hohenburg (parente e familiare), il conte Riccardo di Caserta (genero), Pietro Ruffo di Calabria (mastro delle scuderie imperiali), Riccardo di Montenero (gran giustiziere di corte), magister Giovanni da Otranto (notaio della cancelleria), Folco Ruffo (poeta di corte), Giovanni da Ocra, (ma solo in una parte della tradizione), magister Giovanni da Procida (medico dell'imperatore), magister Roberto "de Panormo" (giudice di gran corte), magister Nicola "de Brundusio" (notaio pubblico e della cancelleria).
Come già era accaduto nel 1228, emerge di nuovo con chiarezza la volontà di Federico II di affidare la successione dell'Impero, nel suo complesso, a un unico discendente; gli premeva inoltre di giungere a un accordo con il pontefice, senza tuttavia sacrificare i diritti imperiali. Come nel precedente testamento, è indicativo il richiamo al periodo del governo illuminato di Guglielmo II, laddove è implicita anche l'ammissione di alcuni obiettivi mancati nel passato. Federico mirava a dare ai propri figli "un orientamento all'azione, a stabilire un programma che indirizzasse il loro operato politico, sebbene l'attuazione dei diversi punti non dipendesse in ugual misura esclusivamente da loro" (Stürner, 2000, p. 589).
Fonti e Bibl.: il primo testamento: Regesta Imperii, V, 1-3, Die Regesten des Kaiserreiches […], a cura di J.F. Böhmer-J. Fi-cker-E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901, nr. 1725c; Riccardo di San Germano, Chronica, in M.G.H., Scriptores, XIX, a cura di G.H. Pertz, 1866, p. 349 (edito in G. Wolf, Die TestamenteKaiser Friedrichs II., "Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, Kan. Abt.", 48, 1962, pp. 314-352 [ora in Stupor mundi. Zur Geschichte Friedrichs II. von Hohenstaufen, a cura di Id., Darmstadt 1966, pp. 692-749], in partic. p. 318 [pp. 697 s.]); e in R.I.S.2, VII, 2, a cura di C.A. Garufi, 1936-1938, p. 151. Il secondo testamento: Regesta Imperii, V, nr. 3835; M.G.H., Leges, Legum sectio IV: Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, II, a cura di L. Weiland, 1896, nr. 274, pp. 382-389 (edito in G. Wolf, Florilegium testamentorum, Heidelberg 1956, nr. 4, pp. 12-16; Id., Die Testamente Kaiser Friedrichs II., pp. 318-324 [pp. 698-710]; Quellen zur deutschen Verfassungs-, Wirtschafts- und Sozialgeschichte bis 1250, a cura di L. Weinrich, Darmstadt 1977, nr. 132, pp. 532-541 [con traduzione tedesca]). L'esercitazione stilistica: Regesta Imperii, V, 4, Nachträge und Ergänzungen, a cura di P. Zinsmaier, Köln-Wien 1983, nr. 498; G. Wolf, Florilegium testamentorum, nr. 5, pp. 16-20 (edito in Id., Die Testamente, pp. 325-334 [pp. 710-724]). L'esercitazione stilistica di carattere satirico: Acta Imperii inedita, nr. 437, p. 371. O. Hartwig, Über den Todestag und das Testament Kaiser Friedrichs II., "Forschungen zur Deutschen Geschichte", 12, 1872, pp. 631-642; P. Scheffer-Boichorst, Zur Geschichte des XII. und XIII. Jahrhunderts. Diplomatische Forschungen, Berlin 1897, pp. 268-289; E. Kantorowicz, Kaiser Friedrich der Zweite, II, Ergänzungsband, Berlin 1931, p. 302 ss.; G. Wolf, Ein unveröffentlichtes Testament Kaiser Friedrichs II., "Zeitschrift für die Geschichte des Oberrheins", 104, 1956, pp. 1-51; E. Kantorowicz, Zu den Rechts-grundlagen der Kaisersage, "Deutsches Archiv", 13, 1957, pp. 115-150; G. Baaken, Ius imperii ad regnum, Köln-Weimar-Wien 1993, pp. 277 ss., 351 ss.; Id., Das Testament Kaiser Heinrichs VI., in Kaiser Heinrich VI. Ein mittelalterlicher Herrscher und seine Zeit, Göppingen 1998, pp. 46-60; W. Stürner, Friedrich II., II, Der Kaiser 1220-1250, Darmstadt 2000, pp. 142 ss., 588 ss.
Traduzione di Maria Paola Arena