Abstract
Viene esaminato il negozio testamentario sia sotto il profilo formale, con particolare riguardo alle diverse tipologie di testamento, che sostanziale, soffermandosi sulla struttura, la natura giuridica e le funzioni che esso svolge nell’ambito del diritto successorio. Si prosegue con l’analisi del contenuto del testamento, con particolare attenzione al rilievo giuridico che la volontà del testatore assume nel nostro ordinamento, per poi concludere con l’esame delle cause di invalidità e di inefficacia delle disposizioni testamentarie, il tutto come disciplinato all’interno del secondo libro del codice civile.
Il testamento costituisce lo strumento giuridico che l’ordinamento accorda ai privati per disporre, con efficacia dal momento della morte, del loro patrimonio in tutto o in parte. Nel nostro sistema di diritto due sono le fonti della successione per causa di morte intesa quale fenomeno che si caratterizza per il subingresso di una determinata persona nella titolarità di una situazione giuridica patrimoniale appartenente ad altra persona defunta, ed il testamento, accanto alla legge, è una di esse (Capozzi, G., Successioni e donazioni, III ed., Milano, 2009, 17).
La successione testamentaria si fonda principalmente sulla volontà del de cuius che attraverso il testamento ha la possibilità di incidere sia sulla scelta dei destinatari delle situazioni giuridiche attive e passive di cui è titolare che sulla portata delle stesse.
Se dal punto di vista formale la disciplina codicistica che regola il negozio testamentario è piuttosto rigorosa, al contrario, il contenuto dello stesso può essere il più vario ed è lo stesso legislatore ad ammettere, accanto a disposizioni a contenuto patrimoniale, come l’istituzione di erede o il legato, l’efficacia di disposizioni a carattere non patrimoniale, come il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio.
La successione ereditaria, a seconda che la delazione avvenga per legge o per testamento, può essere legittima o testamentaria. Il rapporto tra le due è di sussidiarietà, come emerge dalla lettera dell’art. 457, co. 2, c.c. ove si prevede che non si fa luogo alla successione legittima se non in mancanza totale o parziale di quella testamentaria. A tal riguardo, laddove il testatore abbia disposto del proprio patrimonio solo in parte, le due forme di successione possono concorrere fra loro, mentre, si discute circa la prevalenza dell’una o dell’altra. Contrariamente all’orientamento tradizionale, la dottrina più recente (Perego, E., Favor legis e testamento, Milano, 1970, passim) sostiene la preminenza della successione testamentaria su quella legittima, come sarebbe confermato dal favor del legislatore per la ricerca della presunta volontà del testatore, come emerge in molte delle norme del secondo libro del codice civile.
Con riferimento alla capacità di disporre delle proprie sostanze per testamento, il legislatore codicistico utilizza una formula particolarmente ampia. L’art. 591 c.c. stabilisce, invero, che possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge, senza precisare se si tratti di incapacità di agire o di incapacità giuridica. La dottrina maggioritaria (Santoro Passarelli, F., Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, 25; Torrente-Schlesinger Manuale di diritto privato, Milano, 2007, 1222) ritiene che la norma in esame faccia riferimento ad una forma di incapacità giuridica relativa più che ad una incapacità di tipo negoziale. Ad ogni modo, sono certamente incapaci di disporre per testamento i minori (anche emancipati), gli interdetti giudiziali (mentre può disporre per testamento l’interdetto legale a seguito della modifica apportata all’art. 32 c.p. dalla l. 24.11.1981, n. 689) e gli incapaci naturali come emerge chiaramente dal prosieguo della norma sopra menzionata.
Rientra nell’ambito della capacità giuridica anche la capacità di ricevere per testamento, che grosso modo coincide con la capacità di succedere. Costituisce, tuttavia, una specificità della testamenti factio passiva (ovvero della capacità di ricevere per testamento) la capacità concessa ai nascituri non concepiti, purché figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, come previsto dall’art. 462, ult. co., c.c. Inoltre, va precisato che le persone giuridiche possono succedere solo per testamento, essendo la successione legittima riservata ai parenti sino al quarto grado, o, in mancanza, esclusivamente allo Stato.
La legge prevede, inoltre, talune ipotesi di incapacità relativa a succedere per testamento nei confronti di soggetti che, per il delicato ruolo che svolgono in relazione al testatore, potrebbero influenzarne la volontà al momento della testamenti factio. Per questa ragione sono nulle le disposizioni testamentare della persona soggetta a tutela nei confronti del tutore o del protutore (art. 596 c.c.), o del testatore nei confronti del notaio, dei testimoni, dell’interprete (art. 597 c.c.) e di chi ha scritto o ricevuto il testamento segreto (art. 598 c.c.).
L’esigenza di salvaguardare la libera formazione della volontà testamentaria è particolarmente evidente laddove il legislatore commina la nullità delle disposizioni a favore dei soggetti sopra indicati anche se fatte per interposta persona (art. 599 c.c.).
Il testamento, in quanto negozio giuridico mortis causa, è destinato a produrre i suoi effetti solo alla morte del testatore, ovvero in un momento in cui non è più possibile interpellare l’autore delle disposizioni in esso contenute al fine di un loro eventuale chiarimento, per questo l’ordinamento tutela e protegge la volontà privata in tale settore più che altrove.
A tal proposito, la dottrina è solita ricondurre alla disciplina e all’interpretazione delle norme in materia testamentaria una serie di principi posti a salvaguardia della volontà del de cuius.
Il principio di certezza della volontà testamentaria che postula la regola in base alla quale le disposizioni di volontà del de cuius devono emergere con chiarezza inequivocabile sia dal punto di vista soggettivo (ai sensi dell’art. 628 c.c. è nulla ogni disposizione fatta a favore di persona indeterminata), che sotto il profilo oggettivo.
Il principio di personalità della volontà testamentaria è stabilito al fine di garantire l’integrità delle disposizioni contenute nel testamento, evitando che queste provengano da terzi interessati. Esso si desume dall’art. 631 c.c. secondo il quale è nulla ogni disposizione testamentaria con la quale si fa dipendere dall’arbitrio di un terzo l’indicazione dell’erede o del legatario o la determinazione della quota di eredità che il de cuius intende destinare ai suoi eredi. Analogamente, l’ordinamento prevede la nullità delle disposizioni che rimettono al mero arbitrio di un terzo la scelta dell’oggetto del legato, implicitamente ammettendo che la scelta sia operata con arbitrium boni viri.
Anche il formalismo che caratterizza il negozio testamentario rientra tra i principi posti a tutela della volontà del testatore. In particolare, la dottrina tradizionale (Allara, M., Il testamento, Padova, 1936, 232) ritiene che l’insieme delle norme che disciplinano la forma dei testamenti persegua una duplice finalità. Da un punto di vista sostanziale tale formalismo avrebbe l’inevitabile funzione di far riflettere il testatore circa l’importanza dell’atto che è in procinto di compiere e gli effetti che il testamento è destinato a produrre al momento della sua morte; sotto un profilo processuale poi, il testamento rappresenta in forma documentale la volontà del testatore.
Infine, il testamento è considerato dal legislatore un atto revocabile e proprio il potere di revoca delle disposizioni contenute all’interno del testamento rappresenta un ulteriore principio volto a salvaguardare la volontà testamentaria, permettendo di fatto al testatore di liberarsi del regolamento di interessi predisposto in precedenza, ogni qualvolta lo desideri. D’altra parte il testamento è un atto destinato a produrre effetti solo al momento di apertura della successione, per tale ragione è permesso al suo autore di mutarne il contenuto sino all’ultimo momento prima della sua morte.
Il principio di revocabilità del testamento è elevato dal legislatore codicistico a principio di ordine pubblico, come si desume non solo dal divieto dei patti successori ex art. 458 c.c. (in particolare di quelli cd. dispostivi ovvero delle convenzioni mediante le quali il testatore si obbliga nei confronti di taluno a disporre delle proprie sostanze mortis causa in un determinato modo), ma anche dal divieto del testamento reciproco (nullo ai sensi dell’art. 635 c.c.) e dall’irrinunciabilità della facoltà di revocare o modificare le disposizioni testamentarie (art. 679 c.c.).
Il testamento è un negozio giuridico a struttura unilaterale e unipersonale. In realtà la classificazione del testamento quale negozio giuridico è stata per molto tempo dibattuta dalla dottrina. Taluni (Irti, N., Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui. Problemi generali, Milano, 1967, 151 ss.) hanno negato la natura negoziale del testamento sottolineando le forti differenze di disciplina tra testamento e contratto. Altri (Cicu, S., Il testamento, Milano, 1951, 19), sostenuti da una giurisprudenza costante (cfr. tra le altre Cass., 10.8.2006, n. 18131) hanno affermato che le disposizioni contenute nel testamento hanno natura negoziale, estendendo altresì l’applicabilità del principio di autonomia privata espresso dall’art. 1322 c.c., purché nei limiti della meritevolezza degli interessi perseguiti dal testatore.
Il testamento è, inoltre, un negozio personalissimo proprio in virtù del principio sopraesposto di personalità della volontà testamentaria, in base al quale non è ammessa alcuna interferenza esterna nella scelta del soggetto erede o legatario, mentre talune eccezioni sono previste con riguardo alla determinazione dell’oggetto del legato o del soggetto beneficiario dello stesso purché la scelta ricada entro determinati parametri posti dal testatore (artt. 631 e 632 c.c.). Riflette la medesima esigenza, il divieto di testamento congiuntivo, ovvero effettuato da due o più persone contemporaneamente (art. 589 c.c.).
La caratteristica più peculiare del negozio testamentario è la sua revocabilità sia esplicita sia anche implicita, ad esempio attraverso il perfezionamento di un testamento successivo che si ponga in contrasto con quello avente data anteriore. Come sottolineato con riguardo ai principi posti a salvaguardia della volontà testamentaria, (v. supra, § 3) il testatore ha la possibilità di revocare in tutto o in parte il testamento in qualsiasi forma perfezionato sino al momento della sua morte senza alcuna limitazione.
Le ipotesi di revoca del testamento sono tipiche. In particolare, la revoca del testamento può essere manifestata espressamente (art. 680 c.c.) all’interno di un nuovo testamento o di un atto ricevuto da un notaio alla presenza di due testimoni (di cui si discute circa la natura giuridica) oppure in maniera tacita. Le ipotesi di revoca tacita consistono nella predisposizione di un testamento posteriore che contenga disposizioni incompatibili con quelle contenute in un precedente testamento (art. 682 c.c.), nella distruzione (volontaria) del testamento olografo ad opera del testatore (art. 684 c.c.), nel ritiro del testamento segreto (art. 685 c.c.).
Il testamento, inoltre, è un negozio tipico connotato da un alto grado di formalismo, dal momento che l’ordinamento giuridico richiede che esso sia stipulato in una delle forme prescritte (olografo, pubblico, segreto, testamenti speciali) e per ogni forma testamentaria vi sono requisiti di validità e di efficacia particolarmente rigorosi. Sul punto la dottrina è unanime nel ritenere privo di efficacia il testamento cd. nuncupativo, ovvero in forma orale.
Il formalismo che caratterizza il negozio testamentario se per un verso può apparire eccessivo, per un altro verso persegue la finalità di garantire l’integrità della volontà del testatore (v. supra, § 3).
In linea generale, il codice civile distingue tra testamenti ordinari:
- testamento olografo (art. 602 c.c.) personalmente redatto, datato e sottoscritto dal testatore con scrittura privata;
- testamento pubblico (art. 603 c.c.) redatto da un notaio alla presenza di due testimoni sulla base della volontà espressa dal testatore con le formalità prescritte dalla legge;
- testamento segreto (artt. 604 e 605 c.c.) redatto dal testatore il quale consegna la scheda testamentaria, aperta o sigillata, al notaio che vi appone l’atto di ricevimento;
e testamenti speciali:
- quando il testatore si trova in luogo ove domina una malattia contagiosa, o in caso di pubblica calamità o infortunio (art. 609 c.c.);
- testamento ricevuto a bordo di nave o di aeromobile (artt. 611 e 616 c.c.);
- testamento di militari o persone a seguito di forze armate dello Stato (art. 617 c.c.).
Per ciascuna forma testamentaria l’ordinamento prevede ben determinati requisiti di validità e di efficacia degli stessi. Mentre si ritiene che le disposizioni testamentarie, indipendentemente dall’involucro che le contiene, abbiano sempre la medesima efficacia (in base al principio di equipollenza delle forme testamentarie).
Se dal punto di vista formale il testamento è un negozio giuridico tipizzato entro rigide regole, sotto il profilo contenutistico l’autonomia privata ha un ben più ampio raggio di azione. Seguendo poi l’orientamento (v. supra, § 4) che ritiene applicabile alla volontà testamentaria l’art. 1322 c.c., il solo limite posto dall’ordinamento diviene quello della meritevolezza dell’interesse perseguito tramite le disposizioni poste in essere dal testatore.
Inoltre, è lo stesso codice a prevedere (all’art. 587 c.c.) che il contenuto del testamento possa essere sia a carattere patrimoniale (cd. contenuto tipico), che non patrimoniale (si parla al riguardo di contenuto atipico).
Le disposizioni testamentarie tipiche hanno dunque carattere patrimoniale e generalmente sono di natura attributiva, in quanto attraverso di esse il testatore dispone delle proprie sostanze a favore dei propri eredi o legatari. A tal proposito, l’art. 588 c.c. chiarisce che ogni qualvolta il testatore attribuisce ad un soggetto determinato l’universalità dei propri beni o una parte di essi si ha un’istituzione di erede, indipendentemente dalla formula usata dallo stesso. Viceversa, laddove il testatore dispone di taluni beni o taluni diritti in favore di soggetti determinati si ha la figura del legato. Erede è colui che, una volta accettata l’eredità, subentra nell’insieme delle situazioni giuridiche attive e passive facenti capo al de cuius; legatario è, invece, chi acquista, senza necessità di accettazione alcuna, direttamente al momento della morte del testatore una situazione giuridica soggettiva attiva.
L’istituzione di erede e il legato sono però solo alcune delle disposizioni a carattere patrimoniale che un testamento può contenere. Innumerevoli sono, infatti, le ipotesi, tipizzate e non dal legislatore, di disposizioni patrimoniali diverse da quelle appena descritte (basti pensare a quelle mediante le quali il testatore opera la divisione tra coeredi, la ripartizione dei debiti ereditari, la costituzione di vincoli di destinazione, di una fondazione o di un fondo patrimoniale; la condizione, il termine e l’onere ecc.).
Accanto alle disposizioni a carattere patrimoniale la dottrina parla di contenuto atipico del testamento intendendo con tale formula le disposizioni a carattere non patrimoniale le quali, come previsto dall’art. 587 c.c. sono efficaci anche se contenute in un atto che ha la forma del testamento ma risulta privo di disposizioni patrimoniali. Talune sono previste espressamente dal legislatore, come per il caso del riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio (art. 254 c.c.) o delle disposizioni sulla propria sepoltura o cremazione (l. 30.3.2001, n. 130); ma vi sono altre disposizioni che dottrina e giurisprudenza ammettono possano essere contenute in un testamento anche al di fuori di una previsione normativa esplicita (come la revoca dell’atto costitutivo di fondazione ex art. 15 c.c.).
Maggiore attenzione merita il discorso di quegli elementi che, in materia contrattuale, sono tradizionalmente identificati quali accidentali, ma che il legislatore codicistico ha provveduto a disciplinare anche nel secondo libro del codice civile con le specificazioni dovute alla diversa natura e struttura del testamento.
L’art. 633 c.c. prevede espressamente che l’efficacia delle disposizioni a titolo universale come di quelle a titolo particolare possa essere condizionata (condizione sospensiva) o possa venir meno (condizione risolutiva) al verificarsi di un evento futuro e incerto. Proprio il momento della futurità è stato oggetto di indagine e al riguardo la giurisprudenza (Cass., 6.10.1970, n. 1823) ha sottolineato come tale carattere debba riferirsi al momento della testamenti factio e non necessariamente ad un momento successivo alla morte del testatore.
Con riferimento alle condizioni impossibili o illecite, a differenza di quanto previsto nella disciplina del contratto in generale, l’art. 634 c.c. prevede che queste siano da considerarsi come non apposte, salvo la comminatoria della nullità dell’intera disposizione condizionata come disposto per il caso del motivo illecito (art. 626 c.c.) ovvero nel caso in cui la condizione impossibile o illecita sia stata l’unico motivo che ha spinto il testatore a disporre in quella determinata maniera ed emerga dal testamento.
Anche il termine ha una sua disciplina peculiare nell’ambito delle successioni testamentarie. L’art. 637 c.c., in ossequio all’antico brocardo semel heres semper heres, considera non apposto a una disposizione a titolo universale il termine dal quale l’effetto di essa deve cominciare o cessare. È più probabile che ad oggi la norma trovi la sua ratio giustificatrice non tanto nel principio in base al quale un soggetto non può perdere la sua qualità di erede una volta acquistata, quanto piuttosto nel divieto di sostituzione fedecommissaria di cui all’art. 692 c.c. Con riguardo alle disposizioni a titolo di legato, viceversa, viene a contrario ammessa l’apposizione di un termine finale o iniziale.
La peculiarità dell’onere sta nel fatto che esso trova un’espressa disciplina solo nell’ambito del testamento e della donazione, sebbene non si dubiti della possibilità di un suo utilizzo anche in altri negozi a titolo gratuito come il comodato, il mutuo o il deposito. Esso consiste in un’obbligazione (in senso tecnico ex art. 1173 c.c.) di dare, fare o non fare, imposta al beneficiario di una liberalità dallo stesso soggetto che lo ha beneficiato.
Non è pacifica la sua natura giuridica. L’orientamento della dottrina e della giurisprudenza tradizionali (Allara, M., Principi di diritto testamentario, Torino, 1957, 109 ss.; Cass., 18.3.1999, n. 2487) assimilano l’onere alla condizione e al termine considerandolo un elemento accessorio e accidentale rispetto alla disposizione attributiva cui accede.
Di contrario avviso è la dottrina più moderna che ravvisa nell’onere un negozio autonomo (Gazzoni, F., L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, Milano, 1974) in virtù della sua ambulatorietà, ovvero della possibilità che l’onere non ricada solo sul soggetto direttamente individuato dal testatore quale onerato, ma anche su altri e diversi soggetti (es. sul coerede con diritto di accrescimento o sull’erede legittimo) qualora i primi vengano meno per qualsiasi causa. Come la condizione, l’onere impossibile o illecito si ha come non apposto, ma rende nulla la disposizione se ne ha costituito il solo motivo determinante (art. 647 c.c.).
Nell’eventualità in cui l’onerato non adempia alla propria obbligazione, gli interessati (coloro che hanno un interesse all’adempimento) possono adire l’autorità giudiziaria per far dichiarare la risoluzione della disposizione testamentaria, se il testatore aveva previsto tale ipotesi o l’onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione (art. 648 c.c.).
Anche il testamento può essere invalido, dunque nullo o annullabile, o inefficace, laddove, pur essendo presenti i requisiti di validità dello stesso, questo sia impossibilitato ab origine o in via sopravvenuta a produrre i propri effetti giuridici.
Il testamento può essere nullo in primo luogo per vizi formali, specificatamente disciplinati dal legislatore codicistico sia per l’ipotesi di testamento olografo che di testamento pubblico o segreto (art. 606 c.c.). Innumerevoli poi sono le ipotesi di nullità sostanziale del testamento previste espressamente nel secondo libro del codice civile (es. nullità del testamento congiuntivo o reciproco ex art. 589, nullità della sostituzione fedecommissaria ex art. 692 c.c., patti successori ex art. 458 c.c.) o ricavate in via interpretativa da talune norme (ipotesi di nullità virtuale).
La disposizione testamentaria annullabile, come il contratto annullabile, è in grado di produrre i suoi effetti fino al momento in cui intervenga una sentenza che ne dichiara l’annullamento eliminando retroattivamente gli effetti già prodotti. La peculiarità dell’annullabilità in materia di testamento rispetto a quella disciplinata in tema di contratto in generale è data dal fatto che la legittimazione attiva non è relativa bensì assoluta come avviene per la nullità.
Ancora, la caratteristica più peculiare delle disposizioni testamentarie nulle sta nella possibilità di conferma delle stesse ai sensi dell’art. 590 c.c. Tale norma rappresenta una vistosa deroga all’art. 1423 c.c. che non ammette la convalida del negozio nullo. Essa, invero, dà la possibilità a coloro che, conoscendo la causa d’invalidità della disposizione testamentaria, potrebbero farla valere in giudizio, di assecondare la volontà del testatore attraverso una conferma del contenuto della disposizione stessa, che può essere manifestata in forma espressa o tacitamente mediante un comportamento volontario.
Artt. 457, 458, 462, 586, 587, 588, 589, 590, 591, 596, 597, 598, 599, 601, 602, 603, 604, 605, 606, 609, 611, 616, 617, 626, 628, 631,632, 633, 634, 635, 637, 638, 647, 648, 679, 692 c.c.
Allara, M., Il testamento, Padova, 1936; Allara, M., Principi di diritto testamentario, Torino, 1957; Bonilini, G., Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2006; Capozzi, G., Successioni e donazioni, III ed., Milano, 2009; Cicu, S., Il testamento, Milano, 1951; Gazzoni, F., L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, Milano, 1974; Gazzoni, F., Manuale di diritto privato, 2011, Napoli, 495 ss.; Irti, N., Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui. Problemi generali, Milano, 1967; Palazzo, Testamento e istituti alternativi, in Tratt. dir. priv. Alpa-Patti, Padova, 2008; Perego, E., Favor legis e testamento, Milano, 1970; Santoro Passarelli, F., Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, 222 ss.; Torrente, A-Schlesinger, P., Manuale di diritto privato, Milano, 2007, 1302 ss.