testamento
Il vocabolo occorre quattro volte nelle opere di D., nel suo significato giuridico di " atto scritto " col quale una persona dispone delle sue sostanze e di altro per il tempo dopo la sua morte. In Cv IV XI 7 si ricordano le ricchezze conseguite per testamenti o per mutua successione come esempi di fortuna che è da ragione aiutata, secondo una distinzione ispirata ad alcuni passi di Aristotele e più ancora di s. Tommaso (cfr. Busnelli-Vandelli, ad l.).
La parola compare ancora due volte in Cv IV XV 17, all'interno di una citazione ricavata dal Digesto: In colui che fa testamento, di quel tempo nel quale lo testamento fa, sanitade di mente, non di corpo, è da domandare (v. Digesta Iustitiani Augusti, recogn. edid. P. Bonfante, C. Fadda ecc., Mediolani 1931, 653: " In eo qui testatur, eius temporis quo testamentum facit, integritas mentis, non corporis sanitas exigenda est "). In If XXX 45 il falsario Gianni Schicchi viene indicato come colui che si sostituì nel letto di morte a Buoso Donati, testando e dando al testamento norma (" Può significare: ‛ dettando il testamento in forme legali '; oppure: ‛ fingendo così bene, che il notaio ne rimase ingannato e l'atto ebbe piena validità '; ovvero ancora: ‛ regolando il testamento in modo da garantire il proprio vantaggio ' ", Sapegno).
Il vocabolo testamentum era adoperato, accanto a foedus, per esprimere nel significato di " patto ", " alleanza ", il greco διαθὴκη, ebraico bĕrïth, cioè l'alleanza tra Jahvé e la nazione d'Israele, di cui per l'appunto si narra nell'Antico Testamento, la prima grande parte della Bibbia; a essa segue il nuovo patto tra Dio e l'umanità avvenuto con l'incarnazione di Cristo, di cui nel Nuovo Testamento. Il vocabolo è adoperato infatti da D. per indicare le Sacre Scritture, in Pd V 76 avete il novo e 'l vecchio Testamento (per cui cfr. XX 88 le nove e le scritture antiche). V. anche BIBBIA; SCRITTURA: La Sacra Scrittura.