testé (testeso)
L'avverbio ricorre in D. sette volte: due volte nella forma intera e primitiva, e in entrambi i casi in rima (Pg XXI 113 e Pd XIX 7; ma la forma era viva anche in prosa: cfr. Parodi, Lingua 260).
È di solito avverbio di tempo passato, indicante un'azione da poco compiuta (" poco fa ", " poco prima "): Vn XXXIV 2 Altri era testé meco; Pg XXI 113 perché la tua faccia testeso / un lampeggiar di riso dimostrommi?; XXIX 26 femmina, sola e pur testé formata (" tre qualità che avrebbero dovuto consigliare a Eva l'ubbidienza: l'esser donna, l'esser sola, l'esser appena uscita dalle mani di Dio ": U. Bosco, D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 279), e 126 la terza [donna] parea neve testé mossa, ossia " caduta di fresco ", e quindi particolarmente bianca; XXXII 11 li occhi pur testé dal sol percossi (col rafforzamento del pur, come in XXIX 26: " or ora ").
Ma t. può essere impiegato anche come avverbio di tempo presente (" ora ", " in questo momento "): If VI 69 Poi appresso convien che questa [Parte] caggia / infra tre soli, e che l'altra sormonti / con la forza di tal che testé piaggia, ossia " che ora si destreggia " (" ora; ma I fatti chiariranno! ", Mattalia); oppure con riferimento a un futuro immediato: Pd XIX 7 quel che mi convien ritrar testeso, " ciò che ora dovrò riferire ".