Testimonianze conclusive. Attualità di Venezia
I prodromi ideali del nostro Risorgimento sono ravvisati nella maturità del movimento illuministico, mentre il suo primo compimento si attua nel sesto decennio dell’Ottocento. Questo arco temporale coincide grosso modo con il periodo di più grave e pericolosa decadenza di Venezia, dopo la fine della Repubblica nel 1797.
Risorgimento significa rinascimento o resurrezione nazionale, risveglio del «genio» italico, riemergere di un’identità comune definita su riconoscibili fondamenti dalle antiche radici. E comportava anzitutto la liberazione del suolo italiano dalla presenza straniera. L’unità del Paese era la meta, l’ultima tappa di questo processo e, in tale prospettiva, l’annessione del Veneto, e di Venezia in particolare, fu addirittura considerata una priorità.
Paradossalmente, però, tutto ciò accelerò e concluse il trapasso di Venezia dal rango di città capitale a capoluogo di provincia, in uno scenario di oggettiva emarginazione ancor più accentuato dal fatto che il mondo (i trasporti, le comunicazioni, i centri di produzione e di potere economico, gli equilibri politici e militari...) andava sempre più rapidamente mutando.
Così, all’immagine di Venezia sospesa (vincolata e indecisa) tra passato, presente e avvenire — una costante sin dalla caduta della Repubblica — si affiancò con prepotenza quella della città incapace di tenere il passo con la modernizzazione. Parve, insomma, manifestarsi con ogni evidenza una sua «inattualità», e questo suonò come condanna inappellabile, il principio della fine. Al punto che, per «salvarla», si pensò non restasse che «adeguarla» ai tempi moderni.
In realtà, agli occhi più acuti non sfuggì invece che proprio il richiamo allo specifico e consolidato senso culturale e politico di Venezia poteva agevolare, come avvenne, cospicui investimenti di capitali stranieri e consentire l’animarsi di attività lavorative in vari campi. Si pensi al Porto e alla Zona industriale, ma anche alla C.I.G.A. e alla straordinaria iniziativa della Biennale, solo per fare gli esempi più eclatanti.
Certo, eventi «pesanti» si sono verificati nel Novecento, da mettere a dura prova la città e da costringere a congrui aggiustamenti la riflessione su di essa, come, per citare, il tumultuoso cambio del rapporto tra la parte storica e quella di terraferma, o, per altri versi, l’eccezionale acqua alta del 1966. Ma la sostanza della questione, nei suoi termini essenziali, rimane inalterata.
La nostra epoca è chiamata post-moderna. Sembra quasi di derivarne che il superamento adombrato nella definizione sia dovuto a ciò che di caduco e di transitorio era insito nel concetto originale. Il mondo ha sempre più fretta, corre veloce e però rischia di diventare ingovernabile. C’è bisogno di «qualcosa che resta». E qui si impone con forza un «ritorno a Venezia».
Alla singolarità del retaggio storico veneziano, alla civiltà di cui Venezia e la sua laguna sono depositarie seguono responsabilità politiche e civili, delle quali, dopo l’esperienza novecentesca e a Duemila iniziato, ognuno, per quanto gli spetta, e ovviamente in primis chi riveste funzioni di governo, è chiamato a farsi carico.
Viviamo nella cosiddetta era della globalizzazione; l’Europa Unita, dopo una lunga gestazione, si è avviata lungo un cammino importante e irreversibile; più che mai necessario e ricco di prospettive è il dialogo Est-Ovest; questioni di dimensioni planetarie ci sovrastano. Di fronte a tanto orizzonte, così vasto e complesso, il contesto di valori rappresentato da Venezia e dalle sue vicende può e deve trovare voce in capitolo.
Oggi il problema, in estrema sintesi, è fare in modo che, come nei momenti migliori, tutte le parti che compongono la città tornino a «funzionare», cioè in funzionale reciproca relazione. Venezia è, da sempre, laboratorio di studio e ricerca di altissimo livello e la qualità delle sue istituzioni culturali, a cominciare dalle Università, è fuori discussione. È «luogo» straordinariamente attrezzato per l’incontro e il dialogo. Ha enormi potenzialità di produzione immateriale.
Concretamente, Venezia, dopo la stipula del gemellaggio con Sarajevo in un momento drammatico, prosegue i suoi proficui rapporti con le altre realtà dei Balcani, dell’Oriente, nonché dell’America Latina e dell’Africa, queste ultime minate da un sottosviluppo increscioso e intollerabile. Si pone dunque, nei fatti, al servizio del mondo una città-simbolo che è in prima istanza immenso patrimonio ambientale, storico, monumentale, artistico. Una città dalle intatte vocazioni, dalle salde peculiarità.
In quest’ottica, ricostruirne la storia, e in specie quella più recente, vale a farne riemergere e porre in nuova luce le ragioni e la durata. In definitiva: l’«attualità».