Testimonianze - I fratelli Marx
I fratelli Marx
Le maschere che li hanno resi celebri, quelle di Groucho, Harpo, Chico e Zeppo, sono state spesso paragonate alle maschere della Commedia dell'arte (Arlecchino, Brighella, Pantalone ecc.). Si tratta di figure con caratterizzazioni elementari e reazioni fisse, ognuna con un costume che rimane in mente come una sigla. Groucho, con grossi baffi dipinti, il sigaro in bocca, gli occhiali e la giacca a coda di rondine, è la maschera comica dell'arrampicatore sociale, che si esplica in una continua chiacchiera da banditore, per convincere gli altri con paradossi e giochi di parole. Harpo, il muto, con la tuba nera in testa, la parrucca piena di riccioli, l'impermeabile dove può nascondere qualsiasi cosa, il bastone a cui è attaccata una tromba da automobile, è una figura incantata che sta tra il prestigiatore e il bambino scatenato; è il muto che ingurgita oggetti, taglia vestiti addosso agli altri, e sconvolge la serietà della vita normale adulta. Chico, con un cappelluccio simile a quello di Pinocchio, la giacca troppo corta e stretta, le camicie di cattivo gusto, il virtuosismo da pianista di strada, è la maschera dell'immigrato italiano che storpia l'inglese, che fraintende le parole, è sempre pronto alle truffe, alle false testimonianze, allo stravolgimento d'ogni regola. Il quarto fratello, Zeppo, con l'aspetto da bel ragazzo, il completo da persona seria, spesso copre il ruolo di segretario di Groucho, o quello più romantico dell'innamorato.
I primi due film interpretati dai Marx sono adattamenti cinematografici di loro spettacoli teatrali: The cocoanuts del 1929 e Animal crackers del 1930. In The cocoanuts il titolo si riferisce a un lotto di terreno in Florida, Cocoanuts Beach, ma accenna anche agli stravaganti protagonisti, perché nuts significa svitati. Qui troviamo Groucho nel ruolo di un direttore d'albergo, che non può pagare i propri dipendenti perché gli affari vanno male, allora cerca di convincerli che il denaro è una schiavitù da cui bisogna liberarsi. Con questa scena Groucho fa la sua comparsa nel mondo del cinema, proponendo una sua versione umoristica dei più tipici ideali americani per cui l'ideale della libertà diventa con lui soltanto una chiacchiera per imbrogliare il prossimo, mentre l'imbroglio delle parole sembra l'unica energia capace di smuovere il mondo congelato dal denaro.
Nel secondo film ricavato da uno spettacolo teatrale dei Marx, Animal crackers, il titolo si riferisce a certi biscotti a forma di animali; ma crackers ha anche il senso di 'buffoni', mentre animal fa pensare agli impulsi animaleschi dei protagonisti, sempre in vena di toccare, portare disordine, e soprattutto di correre dietro alle donne. Qui Groucho appare nel ruolo d'un celebre esploratore che torna dall'Africa, accolto nella villa d'una ricca signora, dove Chico e Harpo sono stati reclutati per intrattenere gli ospiti. In realtà tutti e tre sembrano degli imbroglioni, intrufolatisi negli scenari della ricchezza borghese per portarvi la confusione. Il che avviene con le chiacchiere paradossali di Groucho, assieme agli scherzi di Harpo, in combutta con Chico. Quel che si nota subito è una vena di immoralismo, rappresentata da Groucho, e una vena di vitalismo, affidata a Harpo, che portano lo scompiglio nelle convenzioni morali codificate.
The cocoanuts e Animal crackers sono esempi più vicini alla comicità originaria da vaudeville, la quale non prevedeva alcuna trama, ma soltanto un canovaccio dove infilare gag, pantomime e intermezzi musicali. Prodotti dalla Paramount Pictures, i due film si avvalgono di collaboratori di grande mestiere, come George S. Kaufman e Morris Ryskind, e di un regista del cinema comico muto, Norman Z. McLeod, i quali hanno mediato il passaggio dal teatro al cinema, aggiungendo esili trame che servono a legare i vari numeri comici. Ma proprio qui si nota come la comicità dei Marx funzioni meglio quando è slegata da ogni motivazione, con lazzi e giochi di parole che distruggono ogni razionalità della trama. Questo è il difficile problema affrontato dagli sceneggiatori dei tre film successivi prodotti dalla Paramount, che rimangono gli apici di tutta la carriera dei Marx: Monkey business del 1931, Horse feathers del 1932, e Duck soup del 1933.In Monkey business, il titolo riprende una frase gergale, che significa 'imbrogli da poco', ma dove monkey (scimmia), continua a suggerire l'idea di comportamenti scatenati o animaleschi. Scritto da uno degli autori comici con più talento in quegli anni, Sidney Joseph Perelman, mette i fratelli Marx nel ruolo di clandestini a bordo d'una nave, sempre in fuga e sempre incatturabili. Ma a questa si aggiunge una seconda trama, con un conflitto tra gangster, a cui Groucho e soci partecipano cambiando sempre schieramento e imbrogliando tutti. La soluzione della doppia trama permette agli sceneggiatori (Perelman e Will B. Johnstone), e al regista (ancora McLeod) di mantenere uno sviluppo narrativo ordinato, e insieme di dare spazio all'irruenza dei Marx che dissacra ogni situazione e annienta ogni convenzionalità.
La doppia trama è mantenuta dagli sceneggiatori anche in Horse feathers. Il titolo va riferito al fatto che Harpo vince una partita di rugby guidando un cavallo, su una biga composta da un bidone della spazzatura; ma è anche un titolo emblematico, che accenna alle assurde azioni dei Marx. Qui Groucho è il direttore d'un collegio che vuol fare vincere la sua squadra di rugby, mentre Harpo deve rapire i giocatori della squadra avversaria. Ma in questo film i Marx concedono meno all'impianto narrativo, e più agli impulsi stravaganti, alle fantasie più puerili e impensabili, dove Harpo trionfa su tutti con le sue strane risorse magiche, come se fosse un eroe delle fiabe. Così la loro esuberante teatralità dà luogo a uno spettacolo antirealistico, che anche è il contrario delle accurate costruzioni dei film di Hollywood, di cui essi spesso sbeffeggiano le trame.
Il culmine di questa tendenza è Duck soup (La guerra lampo dei fratelli Marx). Il titolo originale parla di una 'zuppa d'anatra', dove soup indica anche un gran disordine, mentre duck fa pensare a mosse buffe per scansare i colpi chinando il capo (dal verbo to duck). È il film più anarchico dei Marx, più ricco di trovate visive e giochi di parole che si accavallano, togliendo il fiato allo spettatore. Ambientato in un paese da operetta, Freedonia (nome che evoca la libertà americana), in guerra col paese di Sylvania (che sembra alludere al fascismo), deride i discorsi politici, attraverso le chiacchiere di Groucho (leader di Freedonia), che scrocca dei soldi a tutti e crea solo confusione; mentre Harpo e Chico impersonano delle spie, che cambiano parte senza motivi plausibili. Le sue scene belliche sono una continua parodia dei film di guerra: da quelli che inneggiano all'intervento americano nel primo conflitto mondiale, a quelli sulla guerra di Secessione, a quelli che glorificano gli eroi della rivoluzione americana. Non resta in piedi nessuna morale di comodo, ma neanche nessuna finzione spettacolare hollywoodiana.
Certo per questo è il film dei Marx che ha avuto meno successo di pubblico; ma è anche il film che ha più attirato l'attenzione di uomini di cultura, scrittori, artisti, in America come in Europa ‒ per es. l'attenzione d'un autore come Antonin Artaud, teorico del teatro e del cinema che (in Il teatro e il suo doppio) indicherà nei Marx un esempio di ciò che chiamava 'pantomima non pervertita', ossia una forma di azione teatrale non ancora soggetta alle convenzionali regole realistiche dello spettacolo moderno, che portano a uno stato di passività del pubblico.
Dopo Duck soup, la Paramount non rinnova il contratto con i Marx, che vengono scritturati da un giovane e abile produttore della Metro Goldwyn Mayer, Irving Thalberg. Groucho e i suoi fratelli emigrano a Hollywood, dove Thalberg si propone di riformare la loro comicità, ancorandola a più solide trame narrative, a un'oculata economia di gag, e a un modo di produzione che assicuri in anticipo il successo di pubblico. Così nasce A night at the Opera (Una notte all'Opera), del 1935, il loro film con il più alto livello d'incassi, dove fin dal titolo si vede l'intento di normalizzare il prodotto, con un abbandono dei giochi di parole troppo assurdi o sottili. In realtà, A night at the Opera, nato da un lungo lavoro di scrittura, di G.S. Kaufman e Ryskind, riprende tutti gli schemi adottati nelle precedenti sceneggiature per inquadrare i numeri comici. Anche qui c'è un luogo sacrale dei valori borghesi da dissacrare: l'opera lirica, con una ricca vedova americana che vuole entrare nell'alta società scritturando un celebre tenore italiano; e c'è Groucho nel solito ruolo dello scroccone arrivista, mentre Harpo e Chico hanno ancora il ruolo di clandestini che sbarcano in America, come in Monkey business. A parte queste ripetizioni di schemi, c'è la scena comica più sostenuta e memorabile di tutti i film dei fratelli Marx. È quella in cui, sulla nave che porta il tenore italiano a New York, nella cabina di Groucho entra un'infinità di persone, per motivi vari: oltre a Chico e Harpo, elettricisti, imbianchini, cameriere, altri viaggiatori, che si stipano in un ammasso di carne umana, e che quando la ricca vedova apre la porta, escono a flusso travolgendola come fiume in piena.A night at the Opera è il prodotto meglio organizzato e meglio girato (dall'esperto regista Sam Wood) di tutta la carriera dei Marx. Però non c'è più quell'aria di festa, di sbrigliata espressione dei desideri più corporei, né quella totale irrisione dei valori sociali, che dava agli altri film un tono di anarchia insostenibile. Thalberg morirà durante la lavorazione del film successivo, A day at the races (Un giorno alle corse) del 1937, e da quel momento si ha l'impressione che i Marx restino abbandonati a sé stessi, in una Hollywood che ammette solo prodotti comici di serie, e che continua a produrre i loro film soltanto per sfruttare la loro fama. Infatti A day at the races è una specie di malacopia di A night at the Opera, con gli stessi schemi narrativi, quasi la stessa trama, sostituendo all'ambiente dell'opera quello delle corse ippiche. Ma, oltre a ciò, senza neanche più un momento di comicità travolgente e dilatata come la scena della cabina.
Gli ultimi sei film dei Marx mostrano non tanto un declino delle loro capacità comiche ma il carattere affrettato delle produzioni, e un chiaro disinteresse della MGM per i risultati ottenuti. Tra tutti, forse il più interessante è Room service (Servizio in camera) del 1938, tratto da un testo teatrale, dove Groucho, Chico e Harpo si devono adattare a ruoli che all'origine non erano fatti per loro. Ambientato in un albergo, negli spazi ristretti delle camere, e senza più quel pubblico di borghesi da travolgere che c'era negli altri film, si riscatta per una buona organizzazione della tipica trama da commedia, attraverso le scene nell'albergo, e per il preciso tempismo negli interventi dei Marx, che recuperano il loro gusto degli imbrogli e travestimenti.Il film successivo, del 1939, At the circus (Tre pazzi a zonzo) è invece una mediocre imbastitura di scene ambientate in un circo. Qui il clownismo di Harpo, Chico e Groucho assume un aspetto stereotipato, proprio perché il riferimento al circo toglie quel contrasto con l'ambiente esterno che era sempre stata la caratteristica delle loro azioni comiche. Lo stesso effetto stereotipato si vede in Go West (I cowboys del deserto) del 1940, che è un'imitazione di altri film comici del genere, come quelli dei Three Stoogie, con un richiamo al capolavoro comico di ambientazione western di Buster Keaton e Clyde Bruckman, The general (Come vinsi la guerra). Tutte le scenografie, tutti i costumi, tutte le trame di questi ultimi film dei Marx, hanno l'aria di qualcosa di ripetitivo e posticcio. Non è il posticcio teatrale dei primi film, che diventava un'irrealtà favolistica; è il posticcio dei prodotti comici di serie, come quelli di Bud Abbott e Lou Costello (in Italia chiamati Gianni e Pinotto). Ormai i Marx lavorano su schemi collaudati e ripetitivi, e quello che attrae sono solo i loro tic, i loro atteggiamenti stralunati e paradossali, che non smettono d'essere divertenti, ma sono residui d'una vitalità passata.
The big store (Il bazar delle follie) del 1941, ambientato in un grande magazzino, che resta uno scenario inerte, vede Groucho nel ruolo d'un detective privato che deve indagare su certi furti. E qui, avendo a che fare con una coppia di immigrati italiani che hanno perso la metà dei loro bambini tra le merci dell'emporio, vuole convincerli a prendere come figli bambini di altre minoranze etniche, reperibili facilmente nei paraggi: come se uno valesse l'altro, e come se per i miseri immigrati contasse solo il numero dei figli che possono mantenere, dato che non posseggono altro, nella giungla sociale della vita americana. Questo film si distingue per una maggiore vivacità del dialogo, che recupera la vena immoralistica delle tirate di Groucho, impostando una delle sue interessanti tesi sociali. The big store è l'ultimo film dei Marx prodotto dalla MGM, e segna il momento in cui il gruppo si divide, e ognuno si volge ad altri tipi di spettacolo, come la serie radiofonica Flywheel shister & shister, interpretata da Groucho e Chico, che riprendono il loro vecchio repertorio di dialoghi impossibili.
Nel dopoguerra i Marx riappaiono in due film. Il primo è A night in Casablanca (Una notte a Casablanca) del 1946, prodotto dalla United Artists, e concepito come parodia del più famoso film con Humphrey Bogart, intitolato appunto Casablanca. Groucho si ritrova nel ruolo di direttore d'un albergo, come in The cocoanuts; ma è triste vederlo arrancare in cerca di battute comiche che echeggino quelle patetiche del film con Humphrey Bogart. Il risultato è tra i più scadenti nella carriera dei nostri attori, ed è anche il segno d'una evidente disintegrazione del loro gruppo, dove Harpo sembra aver preso una strada più individuale, con tratti di clownismo molto meno irruente e scanzonato. E così egli appare anche nell'ultima sua impresa cinematografica, in Love happy (Una notte sui tetti) del 1949, un film basato su una sua idea, e dove è il protagonista assoluto, al punto che Groucho compare in una parte minima, e Chico è solo un opaco comprimario. Qui Harpo non è più il sabotatore di tutti i meccanismi della vita adulta, ma una specie di angelico vagabondo che protegge una coppia di innamorati. Nonostante sia un film troppo romantico e senza più la vena anarchica dei fratelli Marx, Love happy resta in mente come uno straordinario congedo dall'incantevole personaggio muto, ormai del tutto simile agli aiutanti magici delle fiabe. E Harpo sparisce ai nostri occhi mentre corre sui tetti di Times Square, tra le insegne pubblicitarie, ormai lanciato verso il puro incanto dell'immaginazione favolistica, che è il tratto essenziale della sua maschera, e il suo personale contributo al fascino perturbante di tutti i film dei fratelli Marx.