TESTUGGINE (testudo)
Antichità classica. - Tale nome fu dato dagli antichi a uno strumento che forma una varietà della lira, perfezionata mediante l'aggiunta di una parte concava, attraverso la quale erano tese le corde. Si otteneva in tal modo che i suoni divenissero più pieni e più vibranti (cfr. Horat., De arte poet., 394). La denominazione derivava da una favola, secondo la quale Ermete avrebbe concepito la prima idea dello strumento vedendo sulle sabbie di Egitto un guscio di testuggine, nel quale i resti della pelle disseccata del ventre erano rimasti distesi quali corde; queste toccate dal nume fecero risuonare note diverse.
Si disse in antico testudo anche una specie di capanna di tavole, ricoperta con pelli non conciate, e disposta su rotelle per poterla trasportare dove si volesse, con la quale si proteggevano in guerra gli uomini mentre scavavano trincee o si avvicinavano alle mura di una città cinta da assedio (Vitruv., X, 15, 16; Caes., De bello gall., I, 43, 52). Qualora una tale macchina fosse servita a coprire i manovratori dello strumento bellico detto ariete, essa si diceva testudo parietaria (Vitruv., X, 13, 2). È riprodotta più volte nei rilievi delle colonne Traiana e di Marco Aurelio, e in quelli dell'arco di Settimio Severo in Roma. Un'altra forma di testudo era quella specie di tetto che i combattenti formavano al di sopra delle loro teste con gli scudi per difendersi dai tiri del nemico, nell'avanzare fino ai piedi delle mura di una piazzaforte (Caes., De bello gall., II, 6; Tac., Hist., III, 27; IV, 33). I manovranti sollevavano gli scudi al di sopra delle loro teste stringendosi in modo che le spalle dell'uno si toccassero con quelle dell'altro, e che gli scudi formassero una copertura compatta a guisa della superficie a scaglie del guscio di una testuggine, o del succedersi delle tegole ricoprenti un tetto. Su tale superficie i proiettili scivolavano senza colpire i manovranti. A rendere più esattamente la struttura di un tetto, i soldati delle file interne si sceglievano tra i più alti. Anche di tale specie di testudo si hanno caratteristiche rappresentazioni nei rilievi delle colonne Traiana e di Marco Aurelio.
Si diceva, infine, testudo un soffitto formato da quattro piani convergenti verso un centro, distinto dalla vòlta (camera) e dalla cupola (tholus). I quattro piani si elevavano fino a un punto che era la loro sommità comune; un tetto costruito in tal modo si diceva tectum testudinatum o testudineum. Una simile forma di copertura era preferita per le edicole dove, nei templi, era posta l'immagine della divinità, poiché le si trovava una rassomiglianza con la vòlta celeste.
Bibl.: H. Blümner, Technologie und Terminologie der Gewerbe und Künsten, II, Lipsia 1911, p. 375 seg.; J. Durm, Die Baukunst der Etrusker und Römer, 2a ed., Stoccarda 1905; id., Die Baukunst der Griechen, 3a ed., Lipsia 1910; A. Jacob ed E. Saglio, in Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, V, Parigi 1919, p. 157 seg.