tetraciclina
Antibiotico appartenente alla classe delle tetracicline di prima generazione (di estrazione naturale) estratto e isolato per la prima volta nel 1953. Il suo uso intensivo ha provocato l’insorgere di resistenze in un’alta percentuale di casi, tuttavia alcuni batteri (specialmente quelli intracellulari) sono ancora sensibili alla sua azione.
La t. può essere impiegata nella brucellosi, nella peste, nella malattia di Lyme, nel colera, nelle infezioni da Campylobacter jejuni e da Helicobacter pylori, e in alcune infezioni di origine sessuale. La t. interferisce con la sintesi proteica batterica bloccando la porzione 50 S del ribosoma. La t. può essere somministrata solo per via orale e, come tutte le t. di prima generazione, la sua farmacocinetica è caratterizzata da alcuni aspetti negativi: scarso assorbimento intestinale e alte concentrazioni nelle vie biliari: la t., dopo essere giunta al fegato, viene di nuovo secreta nell’intestino attraverso la bile (circolo entero-epatico). Per questi motivi, la t. di prima generazione è normalmente sostituita da t. di seconda generazione (minociclina, doxiciclina). La t. viene scarsamente metabolizzata: l’assorbimento gastrointestinale di tutte le t. è fortemente ridotto da cibi o da farmaci che contengono ioni calcio, alluminio, ferro, magnesio o zinco, con i quali forma chelati. Devono intercorrere almeno tre ore tra l’assunzione di t. e quella di alimenti o farmaci contenenti questi ioni. Le concentrazioni raggiunte dalla t. nel liquido cefalo-rachidiano sono basse.
Normalmente la t. è ben tollerata. Si possono verificare dismicrobismi intestinali a causa dello scarso assorbimento intestinale e del circolo entero-epatico, che determinano alte concentrazioni di t. nel tubo gastroenterico. Raramente si osservano epatotossicità, esofagiti o infezioni opportunistiche da candida. Può indurre fenomeni di fotosensibilizzazione. Avendo forte affinità per lo ione calcio, la t. provoca nei bambini alterazioni dentarie e ossee irreversibili, per cui è controindicata in pediatria. Per lo stesso motivo induce anomalie dentarie e ossee nel feto, specialmente se somministrata nel secondo e terzo trimestre di gravidanza. La t. può interferire con la farmacocinetica della digossina, in quanto sopprime l’attività dei batteri responsabili della sua biotrasformazione e quindi ne aumenta la tossicità.