TETTOIA (fr. hangar; sp. tinglado; ted. Scahuppen; ingl. shed)
Coperture in genere, sopra vasti spazî tendenzialmente aperti, destinate a proteggere in qualche modo persone e cose. Nelle tettoie si distinguono due elementi: uno portante e l'altro di copertura. Durante il secolo XIX si sono affermati diversi tipi di tettoie tendenti ad avere elemento portante e ossatura di copertura omogenei e spesso confondentisi.
Le tettoie hanno avuto fino al Neoclassico soltanto povere e sporadiche applicazioni per lo più rurali e artigiane. Sono passate perciò con i secoli e senza lasciare notevoli tracce. Alcuni esempî meritano però di essere ricordati anche se si presentano con nomi diversi. Così i chioschi persiani, edifici elegantissimi e leggerissimi, aperti su tre lati con copertura lignea a terrazza sostenuta da colonne persepolitane a più file e annessi alle abitazioni regali. Poco diverso il padiglione di gala di Tolomeo II nel periodo ellenistico, che era coperto a terrazza su esili colonne e aperto da tutti i lati. In mezzo al mercato di Pompei troviamo le tracce di un edificio circolare, detto impropriamente thólos, completamente aperto da tutte le parti e con tetto conico sostenuto da dodici colonne. Nella Casa dei Vetii, nelle Terme Stabiane e in altre costruzioni di Pompei, nei palazzi imperiali e nelle costruzioni auliche di Roma e dell'impero incontriamo per la prima volta nella storia complessi pittorici decorativi parietali basati sulla teoria di edifici prospettici, completamente aperti da tre lati e in qualche modo coperti. Servivano come scomparti di cicli pittorici e per creare sfondi di vedute o di paesaggio. Questo concetto si ritrova negli affreschi delle scuole romane dei secoli XI e XIII, nei musaici di S. Marco a Venezia e nei cicli di Giotto e dei giotteschi del sec. XIV. Il Medioevo ci presenta, sopra alcune urne tombali, sorte di baldacchini aventi la tipica forma delle tettoie con tetto a due falde e portate da quattro o sei colonne come nel mausoleo di re Ruggiero nel duomo di Palermo, e in altre tombe di Venosa, Zara, Roma, ecc., dei secoli XII e XIII.
Alcuni autori attribuiscono il nome di tettoia anche alle falde dei tetti molto sporgenti dalle murature perimetrali degli edifici quando queste sono sostenute o rinforzate con sistemi di mensole multiple di legno. Gli esempî migliori sono offerti dalla Loggia del Bigallo del sec. XIV a Firenze, dal palazzo dei Gonzaga in Sabbioneta, dagli Alcázar dei re Mori di Siviglia, Segovia e Toledo nonché da alcuni palazzi del Rinascimento toscano come il Lanfreducci di Pisa, il Quaratesi, l'Antinori e gli Uffizî di Firenze che hanno falde sporgenti fino a m. 2,50. Altro genere di tettoie sono quelle che si piantavano, nel Medioevo e nel Rinascimento, sopra alcune porte di chiese o palazzi.
Servivano per riparare i portali e le persone ed erano sostenute con mensole lignee multiple di grande valore decorativo come nella porta del fianco del duomo di Pisa, in quella principale di S. Maria Sovrapporta a Firenze, ecc. Il Barocco ed il Neoclassico non ci offrono esempî migliori di questi.
Si doveva arrivare allo sviluppo industriale e ferroviario propagatosi dopo la prima metà del secolo XIX per poter parlare di un vero e proprio sviluppo di tettoie, le quali in alcuni casi assurgono al carattere di autentiche opere di architettura e d'ingegneria.
Sbalordirono per la loro arditezza quella in ferro dell'esposizione mondiale di Londra del 1851 e del Mercato centrale di Parigi costruito intorno al 1856. Hanno schema basilicale per disposizione di elementi portanti e sistema di eopertura; l'elemento portante è costituito da colonne di ghisa fuse a motivi architettonici, non bene appropriati, e l'ossatura di copertura a capriate e orditura in ferro e soprastruttura di lamiera. A questi primi esempî e con le stesse caratteristiche seguirono le tettoie delle esposizioni mondiali di Parigi, Vienna, Filadelfia, Melbourne, Chicago, ecc.
Ma le tettoie dovevano trovare la loro sistematica applicazione nelle grandi stazioni ferroviarie con l'ufficio di proteggere i viaggiatori. Generalmente si appoggiano da una parte ai prospetti interni delle stazioni e dalla parte opposta su colonne di ghisa o su pilastri o sistemi di murature.
Nelle stazioni di transito, le tettoie possono essere aperte da tre lati o anche solo nei due sensi dei binarî di corsa; in quelle di testa invece possono essere aperte soltanto da un lato come nelle stazioni centrali di Vienna, Milano, ecc. La copertura può essere a due falde unite oppure a falde spezzate. Caso più frequente è quello delle tettoie ferroviarie con copertura arcuata: ad arco ribassato o parabolico come nella stazione di Roma del 1872, ecc.; a tutto sesto come nella stazione di Torino. Queste tettoie hanno copertura sempre leggiera, parte in vetro e parte in lamiera, e le incavallature sono di schema disparatissimo. Quasi sempre si è cercato di mascherare la linea rigida del ferro con sovrapposizioni frontali fuse o peggio ancora con lamiera intagliata a merlettature peggiorando quanto s'intendeva rimediare. Fino all'anteguerra queste tettoie di ferro e ghisa tennero il campo in tutti i paesi e si ebbero solo rarissimi esempî completamente di legno.
Il cemento armato ha permesso applicazioni più monumentali; la sua struttura si è prestata in principio ad essere addomesticata con forme tradizionali, come nelle tettoie della stazione di Lipsia del 1912-13, ma ha finito per assumere via via una monumentalità tutta propria come in quelle di Norimberga.
Nelle tettoie della stazione di Lipsia un sistema di arconi longitudinali, aventi metri 43 di corda, porta quello degli arconi trasversali costituenti centinatura e sistema di copertura. Le nervature del cemento armato costituiscono cassettonato voluto all'intradosso con alcuni scomparti a vetro. A questa meravigliosa espressione segue quella della tettoia per dirigibili nel campo di Orly presso Parigi costruita dal Freyssinet nel 1916, la tettoia per esposizione di macchine agricole di Karlsruhe e quelle più recenti dell'esposizione di Breslavia e di Monaco nelle quali l'ossatura di cemento armato si sposa con il vetro cemento.
Accanto a queste e ad altre superbe costruzioni in cemento armato ricompare ogni tanto il ferro, ora non più tormentato e mascherato ma con la sua stessa linea di resistenza e con la sua spiccatissima fisionomia come nella stazione di Darmstadt del 1910 e principalmente nelle tettoie della stazione centrale di Milano costruite nel 1929-1930.
Le tettoie di Milano, che coprono una superficie di circa mq. 66.500, constano di cinque navate contigue. Quella centrale di m. 72,00 di luce e 34.00 di altezza è fiancheggiata da due di m. 44.90 di luce e 22.50 di altezza e queste da due di m. 21,15 di luce e m. 11,75 di altezza. Le centinature trasversali distano tra loro circa m. 12,50 e risultano composte da un'arco a tre cerniere. La soprastruttura di copertura è costituita da lastre molto sottili di cemento ad alta resistenza, retinato, e la luminosità interna è assicurata mediante vetri retinati.
È da osservare tuttavia che le tettoie delle stazioni ferroviarie sono di costruzione e manutenzione costose, lente a smaltire il fumo (dove la trazione è ancora a vapore), e che costituiscono ostacolo alla buona illuminazione dei locali delle stazioni e all'ampiamento dei piazzali. Perciò attualmente si tende a sostituirle con le pensiline.