teurgia
Dal gr. ϑεουργία, comp. di ϑεός «dio» e ἔργον «opera, attività»; lat. tardo, ecclesiastico, theurgia. Termine che si afferma nella tarda età ellenistica, all’interno della spiritualità e della filosofia greca, per indicare l’«opera divina» di cui l’uomo è capace se riesce a stabilire particolari rapporti con gli dei. La t. assume il suo più ampio sviluppo nel tardo neoplatonismo, con Porfirio, Giamblico e Proclo. In partic. Giamblico, scrivendo il De mysteriis in difesa della t., ne svolge la tematica sia sul piano teorico (ove la t. è la più alta forma di filosofia contemplativa), sia sul piano pratico, come il complesso di tecniche e di esercizi pratici dei teurghi. Sotto entrambi gli aspetti la t. è presentata da Giamblico come il complesso di operazioni sacre che permettono, attraverso i rapporti simpatetici e simbolici con gli dei, di renderli vicini e propizi non piegando la loro volontà, ma interpretando rettamente i simboli attraverso cui si manifestano. T., per il complesso delle operazioni sacre che comprende, è quindi sinonimo di mistagogia (μισταγωγία), pratica sacerdotale (ἱερατικὴ [o ϑεουργικὴ] τέχνη), teosofia (ϑεοσοφία), e teologia (ϑεολογία).