The Asphalt Jungle
(USA 1950, Giungla d'asfalto, bianco e nero, 113m); regia: John Huston; produzione: Arthur Hornblow Jr. per MGM; soggetto: dall'omonimo romanzo di William R. Burnett; sceneggiatura: Ben Maddow, John Huston; fotografia: Harold Rosson; montaggio: Gorge Boemler; scenografia: Cedric Gibbons, Randall Duell; musiche: Miklos Rozsa.
Doc Erwin Riedenschneider, rinchiuso in carcere da sette anni, durante la detenzione in cella prepara minuziosamente il colpo a una gioielleria. L'idea è quella di suddividere i compiti e pagare separatamente coloro che partecipano all'azione, senza spartire il denaro in parti uguali. La ricerca delle persone da convincere è relativamente semplice, vista l'astuzia di Doc. Egli coinvolge, perciò, un allibratore di nome Cobby, in grado di finanziare, almeno parzialmente, il progetto; poi avvicina un barista, Gus Minissi, affidabile e concreto; contatta quindi Ciavelli, scassinatore di professione, Dix Handley, uomo esperto capace di non farsi emozionare e pronto a utilizzare metodi bruschi senza remore, e Alonzo D. Emmerich, avvocato corrotto e in cattive acque. Il gruppo, tutt'altro che affiatato, sembra però in grado di portare a termine il furto di gioielli. Tutto viene calibrato nei minimi dettagli. La garanzia del successo è data dal fatto che ogni partecipante intende utilizzare questa occasione per spiccare il salto verso una vita più agiata. Tra i piani e il loro svolgimento si frappone però l'imprevisto. Mentre la rapina va a segno mirabilmente, la fuga si complica. Una guardia spara a Ciavelli, e dà vita a una lunga serie di eliminazioni sanguinose. La banda si sgretola, e ognuno cerca di farla franca, anche ai danni dei compagni. Dix, assurto a centro della vicenda, vede gli altri malviventi uccidersi a vicenda, e l'avvocato Emmerich suicidarsi con un colpo di pistola. Cobby e Doc finiscono in manette. Anch'egli, però, si trova in grande pericolo. Ferito gravemente, fugge accompagnato da Dolly, donna delusa dalla vita che si è innamorata di lui. Il viaggio in macchina si fa sempre più disperato. L'uomo accetta di farsi curare da un medico, ma ancora una volta è costretto a scappare precipitosamente. Finisce con il morire barcollando su un prato del Kentucky, lo stato della sua infanzia, vicino ai cavalli che lo guardano stramazzare e ne annusano il corpo, ormai privo di vita.
Assurto significativamente a esempio del gangster movie anni Cinquanta, The Asphalt Jungle rappresenta (insieme a The Killing di Stanley Kubrick, che ne è ampiamente influenzato) un brusco mutamento rispetto ai canoni del genere così come si era sviluppato fino ad allora. Si fa strada, grazie al film di John Huston, una rappresentazione realista e desolata del mondo dei malviventi, ben lontana sia dai romantici antieroi alla James Cagney del cinema anni Trenta, sia dalle atmosfere esasperate del noir anni Quaranta. La guerra ha lasciato evidentemente tracce assai profonde nella società americana, suggerendo a cineasti come Huston, Henry Hathaway, Stanley Kubrick, John Sturges l'impulso a una nuova concezione del cinema nero e criminale.
L'originalità del film risiede pertanto sia nei temi che nelle scelte stilistiche. Seguendo fedelmente l'impianto narrativo del romanzo di William R. Burnett da cui è tratto, il film suggerisce alcune riflessioni tutt'altro che superficiali sulla società statunitense. Il colpo, come vari critici hanno sottolineato, è infatti organizzato seguendo il modello della società capitalista (ogni professionista, ben pagato, fa la sua parte e si limita alla sua specializzazione in vista di un prodotto finito che assomma il meglio delle singole parti). Inoltre, il mondo criminale è chiaramente contiguo a quello della cosiddetta società civile, come indica bene la figura dell'avvocato, apparentemente insospettabile e invece corrotto e corruttore. Ogni personaggio, al contrario della tradizione, viene presentato nella sua intera esistenza, il più delle volte semplice e anonima, quasi a suggerire la 'normalità' del crimine. Tutto questo apparente realismo non impedisce però la presenza, muta e opprimente, del destino, incarnato nella logica distruttrice del caso e sempre presente nel film di rapina, che diventa un sottogenere assai frequentato fino ai giorni nostri. Il finale, con la morte patetica di Dix, non immette una dimensione melodrammatica nel film, risultando al contrario anch'esso impietoso e oggettivo nella messa in scena.
Nella costruzione stilistica e figurativa risiede un altro motivo di interesse di The Asphalt Jungle. Sebbene gli esterni siano meno numerosi di quanto molti commentatori sostengano, il film evidenzia una rappresentazione urbana, se non rovinosa, quanto meno deprimente. Scorci assolati, strade sporche, toni del grigio e del nero, nessun fascino, nemmeno quello biblico e ammaliante delle città notturne e piovose del noir. Del resto, il racconto si svolge per lo più negli interni scelti per gli incontri dei vari personaggi, ambienti cui le luci del direttore della fotografia Harold Rosson donano un aspetto respingente e spettrale.
Oltre che a John Huston, l'importanza dell'esito finale va attribuito all'interpretazione sottomessa e nervosa di tutti gli interpreti, soprattutto Sterling Hayden e Sam Jaffe (che vinse la Coppa Volpi come miglior attore al Festival di Venezia del 1950), senza dimenticare Marilyn Monroe, ancora poco conosciuta, nel ruolo di "una gattina di lusso, Lolita cresciuta, nazista del sesso" (M. Morandini). Il film ottenne quattro candidature agli Oscar senza vincerne nessuno.
Interpreti e personaggi: Sterling Hayden (Dix Handley), Louis Calhern (Alonzo D. Emmerich), Jean Hagen (Dolly Conovan), Sam Jaffe (Doc Erwin Riedenschneider), Marilyn Monroe (Angela Phinlay), James Withmore (Gus Minissi), John McIntire (commissario Hardy), Marc Lawrence (Cobby), Barry Kelley (tenente Dietrich), Anthony Caruso (Louis Ciavelli), Teresa Celli (Maria Ciavelli), William Davis (Timmons), Dorothy Tree (May Emmerich), Brad Dexter (Bob Brannon), John Maxwell (Dr. Swanson), William David, Gene Evans, Don Haggerty.
Brog., The Asphalt Jungle, in "Variety", May 10, 1950.
E. Bruno, Giungla d'asfalto, in "Filmcritica", n. 3, febbraio 1951.
M. Vivès, De l'homme… 'Asphalt Jungle', in "Positif", n. 3, juillet-août 1952.
E. Archer, John Huston: The Hemingway Tradition in American Film, in "Film Culture", n. 19, 1959.
E.A. Currie, The Asphalt Jungle, London 1976.
M. Morandini, John Huston, Milano 1995.
P. Brion, John Huston, Paris 2003.