The Girl Can't Help It
(USA 1956, Gangster cerca moglie, colore, 98m); regia: Frank Tashlin; produzione: Frank Tashlin per 20th Century-Fox; soggetto: dal romanzo Do Re Mi di Garson Kanin; sceneggiatura: Frank Tashlin, Herbert Baker; fotografia: Leon Shamroy; montaggio: James B. Clark; scenografia: Lyle R. Wheeler, Leland Fuller; costumi: Charles Le Maire; musica: Bobby Troup.
Tom Miller, agente musicale divenuto alcolizzato in seguito a una delusione amorosa con la cantante Julie London, viene convocato dal non più giovane gangster 'Fats' Murdock, che gli chiede di trasformare in una star la bionda Jerri Jordan, sua protetta. Miller però scopre che la ragazza in realtà sogna una vita da casalinga e non ha alcun desiderio di fare carriera. Nella sua strategia promozionale la accompagna nei locali notturni dove si esibiscono i cantanti alla moda, ma poi, innamoratosi a poco a poco di Jerri, quando scopre con sollievo che la ragazza non sa cantare Miller cerca di persuadere Murdock a rinunciare al proprio progetto. Murdock non si lascia convincere, visto che i cantanti moderni hanno successo anche se sono stonati, e ricorre ai suoi vecchi metodi da gangster per imporre in tutti i juke-box la canzone di Jerri, che ottiene un immenso successo. Ma alla fine Murdock rinuncia a Jerri per diventare a sua volta una star del rock, mentre quest'ultima e Miller, finalmente insieme, avranno molti figli.
Dopo i successi ottenuti insieme alla celebre coppia Jerry Lewis-Dean Martin (Artists and Models ‒ Artisti e modelle, 1955 e Hollywood or Bust ‒ Hollywood o morte, 1956), The Girl Can't Help It confermò Frank Tashlin come uno degli innovatori della Hollywood anni Cinquanta. In un'epoca in cui la commedia era rappresentata quasi soltanto da Billy Wilder, Tashlin ritornò alla devastante irriverenza delle origini, legata al carattere essenzialmente popolare dello spettacolo cinematografico. Nell'opinione della critica intellettuale francese, questo regista trova posto accanto a cineasti rivoluzionari quali Robert Aldrich, Anthony Mann, Nicholas Ray o Richard Brooks. Nei due film precedenti The Girl Can't Help It, Tashlin aveva preso in giro Hollywood e il mondo dei fumetti. Qui si spinge ancora più lontano e fa iniziare la proiezione con una stoccata alla casa di produzione per cui lavora: il protagonista ordina allo schermo (dove l'immagine è in formato standard bianco e nero) di aprirsi al formato CinemaScope e al colore De Luxe di dimostrare che rispondono a verità le proprie pretese di essere "glorious, life-like". Risulta subito chiaro che il registro non è più quello del realismo satirico della vecchia commedia americana da Frank Capra a Preston Sturges, e nemmeno quello dei primi lungometraggi di Tashlin (i 'rosselliniani' Marry Me Again ‒ Il bisbetico domato, 1953, e The Lieutenant Wore Skirts ‒ Mia moglie è di leva, 1956). Siamo nel regno del puro artificio e la realtà filmata è dapprima il cinema, poi la musica. Innumerevoli sono i riferimenti cinematografici, dalla sequenza del cinegiornale di Citizen Kane a una battuta di Sunset Boulevard a un'immagine di The Barefoot Contessa (La contessa scalza, Joseph L. Mankiewicz 1954). Ma la morale è assolutamente attuale: chiunque può diventare una star. "Essere carina dipende solo da come ti metti il fondotinta", dice a un certo punto Jerri. Non siamo lontani da Brecht (Mann ist Mann) o da un altro grande film sullo spettacolo, uscito solo un anno prima, come Lola Montès di Max Ophuls.
La 'rivoluzione' cinematografica di cui parlò Jacques Rivette, recensendo il film sui "Cahiers du cinéma", si manifesta all'interno di un contesto storicamente repressivo. Gli anni Cinquanta furono dominati da guerra fredda, liste nere, conformismo e moralismo, tutti argomenti che Tashlin non affronta mai direttamente. In compenso trova il proprio soggetto ideale nei cambiamenti della vita quotidiana e nelle conseguenti mutazioni dei suoi aspetti visivi. Gli anni Cinquanta erano gli anni del trionfo di culture popolari quali il disegno umoristico e il fumetto. E queste erano anche le origini di Tashlin, che aveva iniziato a lavorare come cartoonist per la stampa e per il cinema. Apparivano intanto altre forme artistiche legate a questa tradizione, ma capaci di innescare profondi cambiamenti. Il cinema era sul punto di essere sostituito dalla musica come primo mezzo di entertainment popolare. Il passaggio del testimone era rappresentato alla perfezione da Elvis Presley, che in quei mesi stava girando il suo primo film per la Fox (lo studio dove era in lavorazione anche The Girl Can't Help It), ma che era considerato una star troppo importante per comparire nel film di Tashlin. E, possiamo aggiungere, troppo autocaricaturale (esattamente come Marilyn Monroe): la sua carriera cinematografica sarebbe stata infatti un fallimento, in misura inversamente proporzionale al suo successo come cantante. Jayne Mans-field è la girl del titolo, tratto da una canzone di Little Richard. L'attrice dal seno strabiliante era stata lanciata come la nuova Marilyn Monroe, suo succedaneo e, in questo caso, sua parodia. Ma già la stessa Marilyn era un oggetto sintetico, che sottolineava gli aspetti voyeuristici della sessualità per 'svuotarla' meglio (il suo talento però la ostacolò, causandone la rovina).
Tashlin sovraccarica questi oggetti artificiali meno di quanto faccia con i loro fan, che appaiono come zombie privi di ogni facoltà di percezione, a parte quella riservata al loro unico oggetto di interesse. The Girl Can't Help It è una satira tagliente delle arti industriali condannate da Theodor W. Adorno e nello stesso tempo uno straordinario ‒ e pienamente cosciente ‒ documento sullo splendore del cinema dei grandi studios e sul rinnovamento della musica popolare attraverso il rock. I numeri di Fats Domino, Abbey Lincoln, The Platters, Little Richard sono filmati con grande rispetto e generosità di mezzi, mentre quella che Jean Domarchi definisce "la totale sconfitta dei bianchi" (fatta eccezione per Julie London) rappresenta l'aspetto ironico del rock. E non è un caso se la più lunga citazione del film di Bernardo Bertolucci sulla cinefilia, The Dreamers ‒ I sognatori (2003), consiste in un frammento di The Girl Can't Help It. Come in ogni periodo di incertezza, negli anni Cinquanta si ebbe la comparsa quasi simultanea di determinati fenomeni e della loro parodia; ma anche di un'arte di rottura basata appunto su questi nuovi fenomeni e definita, nel caso di Tashlin, modernismo popolare. Il regista, con la sua attrazione-repulsione nei confronti del mondo circostante, la sua arte della satira, la sua consapevole pratica di un distacco a metà strada fra il cartoon e Brecht, ne fu per qualche anno il rappresentante più illustre, prima dell'avvento della pop art.
Interpreti e personaggi: Tom Ewell (Tom Miller), Jayne Mansfield (Jerri Jordan), Edmond O'Brien (Marty 'Fats' Murdock), Henry Jones (Mousie), John Emery (John Wheeler), Juanita Moore (Hilda), Julie London, Ray Anthony, Barry Gordon, Fats Domino, The Platters, Little Richard and His Band, Gene Vincent and His Blue Caps, The Treniers, Eddie Fontaine, The Chuckles, Abbey Lincoln, Johnny Olenn, Nino Tempo, Eddie Cochran (se stessi).
Brog., The Girl Can't Help It, in "Variety", December 19, 1956.
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R. Tailleur, Un beau mariage, in "Positif", n. 23, avril 1957.
Anonimo, Gangster cerca moglie, in "Cinema nuovo", n. 106, 1 maggio 1957.
J. Domarchi, D'une pierre trois coups, in "Cahiers du cinéma", n. 72, juin 1957.
Frank Tashlin, a cura di P. Willemen, C. Johnston, Edinburgh 1973.
Frank Tashlin, a cura di R. Garcia, B. Eisenschitz, Locarno-Crisnée 1994.