The Great Dictator
(USA 1939-1940, 1940, Il grande dittatore, bianco e nero, 126m); regia: Charlie Chaplin; produzione: Charlie Chaplin per United Artists; sceneggiatura: Charlie Chaplin; fotografia: Karl Struss, Roland Totheroh; montaggio: Willard Nico; scenografia: J. Russell Spencer; musica: Charlie Chaplin, Meredith Wilson.
1918. In un paese chiamato Tomania gli uomini sono inviati al fronte. Tra questi, un soldato che in seguito a un incidente è colpito da amnesia. Gli anni passano e il soldato rimane in ospedale, inconsapevole del fatto che un suo sosia, il dittatore Adenoid Hynkel, ha preso il potere. Mentre il dittatore manifesta nei suoi comizi (e in radiodiffusione) le proprie idee contro la democrazia e contro gli ebrei, l'ex soldato ‒ un barbiere, prima della guerra ‒ scappa dall'ospedale per ritornare al ghetto, dove ha lasciato i suoi amici e la bottega. Reagisce di fronte ai soprusi di una SS e viene in suo aiuto Hannah, una giovane orfana della quale s'innamora. Intanto, a palazzo, Hynkel sbriga le sue faccende amministrative: posa per qualche secondo di fronte ad artisti sempre più frustrati, si consulta con i suoi fidi uomini. Garbitsch, il ministro della propaganda, prospetta a Hynkel la strategia per far fronte alla crisi: è necessario invadere l'Osterlich prima che lo faccia il dittatore di Bacteria, Napaloni. Hynkel invita Napaloni in Tomania con lo scopo di stabilire una superiorità psicologica nei suoi confronti. Nel frattempo, gli abitanti del ghetto tentano di sopravvivere alle angherie. Il barbiere è salvato dall'intervento di Schultz, un vecchio commilitone che ora ha il compito di controllare il ghetto, ma poi entrambi vengono catturati e mandati in un campo di concentramento. Garbitsch suggerisce a Hynkel di avvicinarsi al territorio dell'Osterlich fingendo una battuta di caccia alle anatre. Durante l'operazione Hynkel accidentalmente cade in acqua. Nel frattempo Schultz e il barbiere fuggono dal campo nelle vesti di alti ufficiali e le SS scambiano il barbiere per Hynkel. Il barbiere, scortato da Schultz, conduce le forze di Tomania in Osterlich. Qui il nuovo Hynkel deve tenere un discorso alla nazione. Un attimo di esitazione e poi la sorpresa: le sue parole sono contro la dittatura e in favore della democrazia e della pace.
Charlie Chaplin depositò presso la Library of Congress a Washington la prima sceneggiatura di un film intitolato The Dictator il 12 novembre 1938, solo due giorni dopo quella 'notte dei cristalli' in cui la furia antisemita colpì i negozi ebraici e le sinagoghe in tutta la Germania. Già da due anni Chaplin stava lavorando al film e gli eventi drammatici, oltre a rafforzare le sue motivazioni, strutturarono il racconto: la visita di Mussolini in Germania si tradusse nell'incontro tra Hynkel e Benzino Napaloni; l'annessione dell'Austria al Reich del marzo 1938 venne esorcizzata immaginando l'ingresso in Osterlich del barbiere. Le copie della sceneggiatura furono distribuite il 3 settembre 1939, giorno in cui l'Inghilterra dichiarò guerra alla Germania.
Il 15 ottobre 1940, giorno in cui il film uscì nelle sale, gli equilibri storici erano profondamente mutati rispetto al momento in cui Chaplin aveva cominciato a lavorare alla sceneggiatura. Hitler era diventato (per l'Inghilterra, per gli Stati Uniti) un nemico inequivocabile e temibile. Tra i critici dell'epoca vi fu chi accusò Chaplin d'essere stato troppo leggero nell'affrontare argomenti così delicati, e il cineasta stesso dichiarò in seguito: "Se avessi saputo com'era spaventosa la realtà dei campi di concentramento, non avrei potuto fare The Great Dictator; non avrei trovato niente da ridere nella follia omicida dei nazisti". All'epoca però prevalse la volontà di puntare il dito su chi aveva già da tempo privato gli ebrei di qualsiasi diritto costituzionale. Questa presa di posizione riportò in voga la falsa ipotesi secondo cui lo stesso Chaplin fosse ebreo. Il regista fu menzionato persino nello Judisches Lexikon, in cui si sosteneva che il suo vero nome fosse in realtà Thonstein. Chaplin ebbe modo di rispondere alle illazioni sottolineando come non occorresse essere ebreo per essere antinazista. E per prendersi gioco di quanti l'accusavano, aveva persino pensato di affidare il ruolo della moglie di Hynkel a un famosa attrice comica ebrea, Fanny Brice.
Per The Great Dictator (il suo film più costoso per l'uso monumentale di comparse, per la ricchezza delle scene e dei costumi, per il sonoro), Chaplin si espose al rischio di un fiasco commerciale da due milioni di dollari. Era consapevole del fatto che la maggior parte dei mercati europei avrebbe rifiutato di distribuire il film. In Italia, per esempio, il Minculpop emanò una perentoria disposizione: "Ignorare la pellicola propagandistica dell'ebreo Chaplin"; peraltro, anche la riedizione di The Great Dictator nel 1961 rimase a lungo in censura: fu avanzata la proposta di tagliare tutte le scene in cui appariva Napaloni/Mussolini, poi ci si limitò a tagliare quelle in cui appariva la moglie del personaggio, per evitare le eventuali reazioni della vedova Mussolini, unica persona vivente fra quelle a cui il film alludeva.
Nonostante le avversità, The Great Dictator è stato, tra tutti i film di Chaplin, il maggiore successo in termini commerciali. Chaplin aveva colto perfettamente gli stereotipi della rappresentazione del potere: nel film le scene dei raduni o delle parate militari sono costruite tenendo in mente l'iconografia del comizio (l'uomo solo, di spalle e in primo piano, guarda la massa informe); evidente appare anche lo studio dei filmati di propaganda, l'analisi attenta delle pose e della tecnica oratoria di Hitler. The Great Dictator è anche il primo film in cui Chaplin parla. Aveva cantato, prima, in Modern Times, ma solo Hitler riesce a 'farlo parlare': forse per-ché, come osserva Enno Patalas, "lo stesso Hitler conquistò lo schermo principalmente grazie alla parola, in veste di oratore". La parodia s'innesca grazie all'irrigidimento del flusso vivo del discorso, e il linguaggio devia verso la sua struttura più schematica e esteriore: le espressioni comiche nascono inserendo suoni familiari senza senso nella rigida struttura di un'enunciazione pubblica. Chaplin riesce così a trasmettere in modo inimitabile la demagogia e l'isteria dei discorsi.
Non basta però la parodia a esorcizzare l'incubo del nazismo: Chaplin, nella sequenza finale, comprende che è il momento di levare la maschera e sfidare frontalmente l'avversario. Il barbiere balbuziente si trasforma in 'profeta' e guardando fisso in macchina, come rapito da un'improvvisa forza, pronuncia con ardore parole di denuncia e di lotta ai soprusi. Il passaggio brusco da un registro all'altro lascia interdetti i critici e gli spettatori, ma la forza del discorso è proprio in questo strappo. Del resto, non può esservi che disagio in un improvviso atterraggio nel reale.
Interpreti e personaggi: Charlie Chaplin (Adenoid Hynkel/il barbiere), Paulette Goddard (Hannah), Jack Oakie (Benzino Napaloni), Henry Daniell (Garbitsch), Reginald Gardiner (Schultz), Billy Gilbert (Herring), Maurice Moskovitch (Mr. Jaeckel), Emma Dunn (Mrs. Jaeckel), Grace Hayle (madame Napaloni), Carter De Haven (ambasciatore di Bacteria), Chester Conklin (cliente del barbiere), Hank Mann (soldato).
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The Great Dictator, a cura di A. Fiaccarini, C. Cenciarelli, M. Zegna, Recco 2002.