The Lady Eve
(USA 1940, 1941, Lady Eva, bianco e nero, 97m); regia: Preston Sturges; produzione: Paul Jones per Paramount; soggetto: Monckton Hoffe; sceneggiatura: Preston Sturges; fotografia: Victor Milner; montaggio: Stuart Gilmore; scenografia: Hans Dreier, Ernst Fegté; costumi: Edith Head; musica: Leo Shuken, Charles Bradshaw.
Jean Harrington e suo padre Harry, bari di professione e d'alto bordo, viaggiano su un piroscafo diretto a New York, in cerca di ricchi polli da spennare. Particolarmente spennabile appare subito il giovane Charles 'Hopsie' Pike, figlio del re della birra, studioso di serpenti di ritorno da un lungo periodo trascorso in Amazzonia. Naturalmente goffo e da lungo tempo privato del contatto femminile, Charles è facile vittima delle astuzie seduttive della scatenata Jean; ma prima dell'arrivo a New York la ragazza s'innamora davvero di lui, impedisce al padre di condurre a termine la sua truffa e si prepara a dire la verità al giovane milionario. Lui, però, viene a saperla da qualcun altro, si sente tradito, non ascolta ragioni e liquida irrevocabilmente Jean. A sua volta furiosa per non avere ricevuto nessuna chance di fiducia, Jean decide di vendicarsi e di truffare davvero Charles, facendosi introdurre come aristocratica Lady Eve nella ricca casa di famiglia di lui, nel Connecticut, convincendolo che non si tratta della stessa persona ma d'un caso di eccezionale somiglianza (suffragato poi dalle allusioni a una misteriosa gemella separata alla nascita), facendolo innamorare di nuovo e sposandolo per poi deluderlo crudelmente. Dopo una notte di nozze in cui rivela al marito un passato di facili costumi, Lady Eve potrebbe ottenere un ricco divorzio, ma tutto ciò che vuole Jean è riconquistare Charles: ci riuscirà, sul piroscafo del loro primo incontro, senza dissipare del tutto un vago alone di ambiguità.
The Lady Eve è Barbara Stanwyck che fa scivolare fuori dalla gonna di seta le lunghe gambe pericolose, e Henry Fonda che vi inciampa. Nessun'altra commedia romantica di questi anni vanta un'incidenza così alta di cadute e piccole catastrofi; nessun'altra commedia, d'altra parte, tematizza tanto esplicitamente l'uscita di un uomo dallo stato d'innocenza. Charles Pike abbandona il suo Eden amazzonico e la sua lunga astinenza sessuale per andare incontro alle squilibranti insidie del femminile; come in un parossismo di ciò che già accadeva al paleontologo di Bringing Up Baby, non fa che rovinare a terra, sgangherare tende, rovesciarsi addosso vassoi d'arrosto e bricchi di caffè, volgendo poi attorno quello sguardo smarrito d'un giovane Lincoln che il destino cinico e, letteralmente, baro avesse precipitato in una comica di Mack Sennett. E Jean Harrington sembra ancora appartenere alla galleria delle eroine della commedia anni Trenta, capaci, per intraprendenza e sapiente follia, di trascinare l'uomo loro compagno in un percorso che sarà di deriva e a un tempo di crescita. Eppure, nella prima grande commedia del più grande autore di commedie americane degli anni Quaranta (autore anche in senso politique: l'unico a scrivere e dirigere da solo tutti i propri film), questi personaggi paiono ancora loro, ma non sono più gli stessi.
Quando Preston Sturges scrisse e diresse The Lady Eve era già uno dei più accreditati giovani sceneggiatori hollywodiani (nel 1933 aveva scritto The Power and the Glory per William K. Howard, ardita ricostruzione d'una vita controversa per flashback e narrazioni off, cui sarà forse debitrice la struttura di Citizen Kane; nei tardi anni Trenta aveva invece sceneggiato belle commedie per Mitchell Leisen); per il debutto alla regia aveva scelto una commedia acida come The Great McGinty (Il grande McGinty, 1940), anticapriana per come sventava ogni illusione sull'onestà delle pratiche politiche, e aveva quin-di diretto Christmas in July (Un colpo di fortuna, 1940), satira più leggera sui piccoli sogni che il denaro può comprare. Con più smagliante calibratura narrativa, anche The Lady Eve provvede a incrinare certe illusioni. Jean/ Lady Eve, bella truffatrice che vive due volte, somiglia alle ragazze degli anni Trenta, però lei, predatrice deliberata, attenta ai patrimoni che le altre si limitavano a ereditare con soave sventatezza; è Barbara Stanwyck, futura signora Dietrichson di Double Indemnity, e quando, per una volta sincera, non viene creduta, il suo sguardo che scintilla duro e preordina la vendetta è già quello d'una dark lady. A non crederle è il Charles Pike di Henry Fonda, paziente e amabile quanto sa essere Fonda, così simile per struttura fisica e presunzione d'innocenza non solo al Cary Grant hawksiano, ma al Longfellow Deeds o al Mr. Smith di Capra: eppure, per quanto preda disponibile d'ogni inganno, incapace proprio d'un gesto autentico di ascolto, di fiducia o di perdono; alla prova dei fatti, non più studioso sognatore e poeticamente goffo, ma un qualsiasi borghese maldestro che abbandona la sposa per via del suo turbolento passato interclassista (con un maggiordomo! che poi si rivelò essere uno stalliere!). Nel nuovo sguardo più concreto e allarmato della commedia sturgesiana, nel nuovo clima degli anni Quaranta, questi eroi romantici ci paiono davvero doppi contraffatti, imitations of lives; e quell'Eden borghese che nella commedia classica è il Connecticut (così come Coney Island ne è stato l'Eden proletario) risulta qui teatrino d'una società ipocrita e un poco ottusa, d'un inganno che non si scioglie, d'una verità amorosa che non trionfa. Per riscattare i suoi personaggi Sturges, con fiabesca simmetria, li trasporta di nuovo sul piroscafo che è stato lo spazio ludico del loro incontro, disegnato da Hans Dreier con leggerezza lussuosa, astratta; e li fa ritrovare in un abbraccio che lascia fuori dalla porta ogni pretesa di verità come ogni sospetto. Preston Sturges, regista di commedie, sa come scuotere false coscienze e anime belle; ma è ancora pienamente, come ha scritto Pauline Kael, il cineasta di una stagione "in cui questo Paese ancora non odiava sé stesso".
Intanto, si prende congedo dall'eredità anni Trenta anche con due memorabili figure di padri: il re della birra papà Pike, un Eugene Pallette di fumettistica rotondità, e il magnifico colonnello imbroglione di Charles Coburn, che ancora su un piroscafo ritroveremo dodici anni dopo, in Gentlemen prefer blondes (Gli uomini preferiscono le bionde, Howard Hawks 1953).
Interpreti e personaggi: Barbara Stanwyck (Jean Harrington/Lady Eve Sidwich), Henry Fonda (Charles 'Hopsie' Pike), Charles Coburn (Harry Harrington), Eugene Pallette (Horace Pike), William Demarest (Muggsy), Eric Blore (Sir Alfred McGlennan), Melville Cooper (Gerald), Martha O'Driscoll (Martha), Janet Beecher (Janet Pike), Robert Greig (Burrows).
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