The Last Picture Show
(USA 1971, L'ultimo spettacolo, bianco e nero, 118m); regia: Peter Bogdanovich; produzione: Stephen J. Friedman per BBS; soggetto: dall'omonimo romanzo di Larry McMurtry; sceneggiatura: Larry McMurtry, Peter Bogdanovich; fotografia: Robert Surtees; montaggio: Donn Cambern, Peter Bogdanovich; scenografia: Polly Platt; costumi: Mickey Sherrard, Nancy McArdle.
Fine novembre 1951. In America è iniziata la stagione di football. Tony Bennett canta Cold, Cold Heart. La televisione è già entrata nei salotti medio-borghesi, e la sera molte famiglie scelgono di restare a casa a guardare Strike it Rich e Your Show of Shows. A Hollywood, tuttavia, nessuno si è ancora accorto del pericolo incombente. Non c'è ancora, è vero, motivo di preoccuparsi. Quell'anno escono, tra tanti altri, An American in Paris di Vincente Minnelli, Ace in the Hole (L'asso nella manica) di Billy Wilder, The Red Badge of Courage (La prova del fuoco) di John Huston, A Streetcar Named Desire (Un tram che si chiama desiderio) di Elia Kazan, Strangers on a Train (L'altro uomo) di Alfred Hitchcock, The Thing From Another World (La cosa da un altro mondo) di Christian Nyby (e Howard Hawks). Manca John Ford, che in qualità di ammiraglio della marina statunitense è andato a girare il documentario This is Korea!, sulla guerra iniziata il 27 giugno 1950 per volere del presidente Harry Truman. La Storia, sia pur confusamente, va avanti, fatta di piccoli e grandi eventi.
Ad Anarene, invece, la Storia è fatta di vento e polvere. In questa sperduta cittadina del Texas non succede mai niente, o quasi. Persino i film arrivano in ritardo, nell'unica sala del paese, il Royal, tenuta dal vecchio Sam 'il leone', anche proprietario dell'unico bar-biliardo. All'ultimo anno di liceo, Sonny, Duane, Billy e la bella Jacy vanno al cinema, un po' per pomiciare, un po' per vedere la famiglia ideale incarnata da Spencer Tracy, Joan Bennett ed Elizabeth Taylor in Father of the Bride (Il padre della sposa) di Minnelli, che però è dell'anno passato. I loro genitori sono un tantino diversi da quelli proiettati sullo schermo: sessualmente repressi, alcolizzati, adulteri, inaciditi, perlopiù assenti. Meglio andare al Royal, e poi al bar a sentire Sam parlare dei bei tempi andati, quando il Texas era il West. Un sogno che tiene unito il gruppo di amici. Ma vento e polvere cancellano tutto. Duane partirà per la Corea, Jacy andrà all'università, Billy verrà travolto da un camion, e Sonny rimarrà solo con il ricordo di amori impossibili, di amicizie spezzate, di sogni infranti. È morto anche il vecchio Sam, e ad Anarene nessuno sa dirigere un cinema. E comunque, ormai, tutti preferiscono la televisione. Dopo essersi inutilmente pestati per l'amore di Jacy, Sonny e Duane si ritrovano al Royal. Le ferite sono ancora vive, ma il mattino dopo Duane partirà per la guerra. E poi stasera è l'ultimo spettacolo: Red River (Il fiume rosso, 1948) di Hawks, strano western in cui John Wayne deve vedersela con una mandria di ottomila buoi dal Texas al Missouri e con un ribelle e non ancora sfigurato Montgomery Clift. Prima di partire per l'avventura, i cowboy gridano uno dopo l'altro il caratteristico "Yahoo!", agitando lo Stetson e facendo scalpitare i cavalli. Poi cala il sipario. È l'ottobre del 1952. Il vento soffia, la polvere turbina. Il Royal è chiuso.
1971. La guerra del Vietnam non finisce mai. Hollywood, invece, è finita. Perlomeno, è finito il tempo dei pionieri: John Ford, Howard Hawks, Fritz Lang hanno chiuso bottega, Orson Welles cerca improbabili finanziamenti per progetti che non andranno in porto, sir Alfred Hitchcock girerà ancora due film prima di salutare per sempre la platea. Il giovane Peter Bogdanovich li ha conosciuti tutti, intervistandoli lungamente e diventandone amico. Sarà Welles a suggerirgli di girare The Last Picture Show in bianco e nero, preferibile per la profondità di campo e per ottenere un'immagine 'dura'. E quando Ben Johnson si mostrerà recalcitrante ad accettare la parte di Sam, sarà Ford, che lo aveva diretto in Rio Grande (Rio Bravo, 1950) e in She Wore a Yellow Ribbon (I cavalieri del Nord-Ovest, 1949) a fare da burbero intermediario. Scrupolosamente girato come un omaggio (inteso come congedo, addio), The Last Picture Show adotta gli stilemi dei grandi maestri, ma pervertendoli e ponendoli al servizio di una realtà degradante e degradata. Bogdanovich misura lo scarto tra l'America del cinema e quella della realtà, tra i grandi spazi dei pionieri e la piccineria dei suoi odierni abitanti, tra la spinta vitale e la malattia e vecchiaia, che contamina e corrode le nuove generazioni. Il cinema è morto e non potrà più rinascere, tutte le grandi storie sono già state narrate, non resta altro che rievocarne il passato splendore, con la consapevolezza in formalina di chi procede a una doppia falsificazione, quella inerente a ogni rappresentazione e quella del rifacimento, del remake.
Alla sua uscita, The Last Picture Show rivelò una nuova generazione di attori e scatenò l'entusiasmo della critica, con rarissime eccezioni (in Italia, Francesco Savio parlò di "falso capolavoro"). Il critico di "Newsweek Magazine" si spinse a definirlo "il più importante film diretto da un giovane regista americano dai tempi di Citizen Kane". Quarantasette critici statunitensi lo elessero migliore film dell'anno. Ottenne otto candidature all'Oscar (tra cui quella per il miglior film e per il miglior regista) e ne vinse due, per gli attori Cloris Leachman e Ben Johnson. Autocommiserativo e a tratti moralistico, il film resta comunque il migliore di Bogdanovich, grazie alla sua innegabile sincerità. Nel 1990 il regista girò un seguito, Texasville.
Interpreti e personaggi: Timothy Bottoms (Sonny Crawford), Jeff Bridges (Duane Jackson), Cybill Shepherd (Jacy Farrow), Ben Johnson (Sam), Cloris Leachman (Ruth Popper), Ellen Burstyn (Lois Farrow), Eileen Brennan (Genevieve), Clu Gulager (Abilene), Sam Bottoms (Billy), Sharon Taggart (Charlene Duggs), Randy Quaid (Lester Marlow), Joe Heathcock (sceriffo), Bill Thurman (Popper), Barc Doyle (Joe Bob Blanton), Jessie Lee Fulton (Miss Mosey), Gary Brockette (Bobby Sheen), Helena Humann (Jimmie Sue), Loyd Catlett (Leroy), Robert Glenn (Gene Farrow), Kimberly Hyde (Annie Martin), Marjorie Jay (Winnie Snips).
T. Pulleine, The Last Picture Show, in "Film quarterly", n. 3, Spring 1972.
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