The Quiet Man
(USA 1952, Un uomo tranquillo, colore, 129m); regia: John Ford; produzione: John Ford, Merian C. Cooper per Republic; soggetto: dal racconto The Green Rushes di Maurice Walsh; sceneggiatura: Frank S. Nugent; fotografia: Winton C. Hoch; montaggio: Jack Murray; scenografia: Frank Hotaling; costumi: Adele Palmer; musica: Victor Young.
L'ex pugile Sean Thornton arriva in Irlanda alla ricerca delle proprie radici e della pace interiore perduta il giorno in cui uccise un avversario sul ring. A Innisfree, il paese natio, si scontra subito con il rissoso Red Will Danaher, che dapprima gli contende l'acquisto della casa avita dei Thornton, poi gli nega il permesso di sposarsi con sua sorella, Mary Kate, della quale Sean si è innamorato e che corteggia sotto il vigile sguardo di Michaeleen Flynn, pronubo e simpatico ubriacone. Grazie anche alle congiunte intercessioni del prete cattolico e del pastore protestante, si giunge comunque al matrimonio, che per poter essere completo ha bisogno però, secondo la tradizione, del versamento della dote testardamente rifiutata da Danaher. Poiché Sean non la pretende, Mary Kate si sente gravemente offesa e nega di considerarsi sua moglie. Solo un grande, catartico, incontro di boxe tra Sean e Danaher, al quale partecipano tutti gli abitanti del villaggio, riporterà infine la pace in famiglia e la serenità nel paese.
Per il primo film interamente girato in Irlanda, la terra dei suoi avi, John Ford fa ricorso a una struttura a flashback (il racconto si snoda con l'accompagnamento di una voce fuori campo) che sottolinea il tono di favola antica, e porta in primo piano quella serenità di sguardo sulle passioni umane e sui fatti della vita che sottende tutte le sue commedie (tra tutte, The Sun Shines Bright ‒ Il sole splende alto, 1953, o Donovan's Reef ‒ I tre della Croce del Sud, 1963) e caratterizza alcuni dei passaggi migliori dei suoi grandi western. The Quiet Man è una commedia che ha il respiro della classicità: capace di trascorrere senza soluzione di continuità dal comico al tragico, dall'elegiaco (la splendida prima apparizione di Maureen O'Hara tra le pecore nel bosco) al malinconico (lo sguardo di John Wayne sul verde paesaggio d'Irlanda), dal bozzettismo sorridente (la miriade di personaggi di contorno: alla stazione, nel pub, sul sagrato della chiesa o per le strade) all'omerica coralità del combattimento finale. Per varietà di toni e per ricchezza strutturale, sembra di assistere alla messa in scena di un'opera di Shakespeare, autore che non è difficile immaginare fosse ben presente a Ford nell'atto di tratteggiare i contrastanti e contrastati rapporti sentimentali tra Sean e Mary Kate. The Quiet Man è "la mia prima storia d'amore", ebbe occasione di dichiarare il regista: e, come al solito, nella sua proverbiale laconicità c'era del vero. Non certo perché negli altri suoi film non ci siano storie d'amore, anche grandi e fondamentali (basti ricordare quella tra John Wayne e Donna Reed in They Were Expendable ‒ I sacrificati di Bataan, 1945), ma perché qui il tema della coppia sta sempre al centro del discorso narrativo e sono sempre i sentimenti tra i personaggi che concorrono a determinare i principali sviluppi drammaturgici del racconto.
Un film ricco e articolato come The Quiet Man mal sopporta comunque di essere racchiuso in un'unica definizione. È la vita, o meglio la sua struttura mitica e archetipica, colta nell'atto stesso del suo svolgersi. La struttura più intima del film è quella di un lungo viaggio esistenziale: dalla tempesta interiore di un animo tormentato alla serenità del suo dissolversi nella culla antica di una riconosciuta collettività ancestrale; con uno sviluppo molto simile a quello di tanti western di Ford, dove il protagonista si acquieta solo trovando, infine, il proprio posto al centro dell'inquadratura e identificandosi completamente con una natura penetrata sempre più a fondo, in campo lungo. È nel corso di questo viaggio che Ford costruisce quelle infinite variazioni drammaturgiche, stilistiche e tonali che fanno di The Quiet Man, per dirla con Janey Ann Place (The Western Films of John Ford, 1974), "uno dei film più rivoluzionari del cinema americano". Un film in cui i sentimenti sono enfatizzati, soprattutto nella prima parte, dall'alternarsi dei campi lunghi e dei primi piani, oltre che dalla rivolta degli agenti atmosferici: il vento che fa sbattere la porta della casa ancora abbandonata e concorre a stilizzare con forti risonanze melodrammatiche il primo bacio di Sean e Mary Kate, o la pioggia che denuda i corpi e rende estremamente sensuale la fuga dei due fidanzati nel cimitero del villaggio. È all'interno di questa natura ora idilliaca e ora fortemente drammatica che Sean va alla ricerca di un proprio spazio esistenziale, dopo il fallimento umano di quell'omicidio che lo spettatore rivive con lui in un improvviso e tragico flashback. E si tratta di una natura che potrà essere infine conquistata solo scegliendo di attraversarla con passo furente (Sean che decide di pretendere da Danaher la dote e che riporta a casa la moglie, trascinandola per il bosco e per i prati) e, poi, rendendola testimone di quella che resta nella memoria come la più epica scazzottata della storia del cinema, non tanto per la sua specifica caratteristica spettacolare (l'attenzione della cinepresa è più rivolta alla coralità di contorno che all'atto stesso del combattimento), quanto perché, sottratta alla tradizionale collocazione claustrofobica, diventa immagine di purificazione collettiva, partecipata condivisione di un senso comune della vita.
Anche in virtù di questa chiusura, The Quiet Man si propone come sintesi estrema di alcuni degli elementi fondamentali del cinema di Ford. In particolare, la naturale traduzione in linguaggio cinematografico della fondamentale semplicità della vita stessa, sintetizzata nella bella battuta con cui Barry Fitzgerald s'accomiata da John Wayne, quando questo decide di dormire per la prima volta nella sua nuova casa: "È una gran bella notte, credo che andrò a raggiungere i miei amici per fare quattro chiacchiere". Per The Quiet Man, Ford vinse il suo quarto Oscar alla regia, a cui vanno aggiunti quello per la migliore fotografia a colori e quello per il migliore attore non protagonista a Victor McLaglen.
Interpreti e personaggi: John Wayne (Sean Thornton), Maureen O'Hara (Mary Kate Danaher), Barry Fitzgerald (Michaeleen Oge Flynn), Ward Bond (padre Peter Lonergan), Victor McLaglen (Red Will Danaher), Mildred Natwick (Sarah Tillane), Francis Ford (Dan Tobin), Eileen Crowe (Elizabeth Playfair), May Craig (donna alla stazione), Arthur Shields (reverendo Cyril Playfair), Charles Fitzsimons (Forbes), Sean McClory (Owen Glynn), James Lilburn (padre Paul), Jack McGowran (Feeney), Ken Curtis (Dermot Fahy), Mae Marsh (madre di padre Paul), Harry Tenbrook (poliziotto), Sam Harris (generale), Joseph O'Dea (guardia), Eric Gorman (ferroviere).
L. Anderson, The Quiet Man, in "Sight & Sound", n. 1, July-September 1952.
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A. Masson, Trois moments, in "Positif", n. 473-474, juillet-août 2000.
Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 452, mai 1996.