The Thief of Bagdad
(USA 1923, 1924, Il ladro di Bagdad, colorato, 136m a 22 fps); regia: Raoul Walsh; produzione: Douglas Fairbanks Pictures/United Artists; sceneggiatura: Elton Thomas [Douglas Fairbanks], Lotta Woods; fotografia: Arthur Edeson; montaggio: William Nolan; scenografia: William Cameron Menzies; costumi: Mitchell Leisen; supervisione tecnica: Robert Fairbanks; musica: Mortimer Wilson.
Ahmed il ladro si aggira per le strade di Bagdad rubando denaro, gioielli e anche una corda magica di cui si serve per entrare in una moschea, dove disdegna in modo sprezzante gli insegnamenti di un santo secondo il quale "la felicità va conquistata". Successivamente la corda gli permette di penetrare nel palazzo reale, dove rimane abbagliato dalla bellezza della figlia del califfo. A Bagdad giungono intanto alcuni pretendenti alla mano della principessa: un principe indiano sul suo elefante, un principe persiano su un cammello e un malvagio principe mongolo, accompagnato da una seducente schiava e intenzionato a impossessarsi di Bagdad a qualsiasi costo. Ahmed, travestito con abiti rubati da "principe delle isole, dei mari e dei sette palazzi", si unisce agli altri pretendenti. L'indovino di corte predice che il primo di loro che toccherà un certo cespuglio di rose sarà colui che otterrà la mano della principessa. A causa di un'ape il cavallo di Ahmed lo fa precipitare proprio nel cespuglio in questione. La principessa sceglie Ahmed, ma la schiava mongola (che l'aveva visto fare irruzione nel palazzo) lo tradisce. Ahmed viene catturato e brutalmente frustato; la principessa però corrompe le guardie convincendole a liberarlo. I pretendenti vengono inviati alla ricerca di tesori: chi riuscirà a portare a corte il dono più raro otterrà in cambio la mano della principessa. Ahmed attraversa quindi la Valle del Terrore, la Valle dei Mostri, la Grotta degli Alberi Magici, il Mare di Mezzanotte, la Dimora del Cavallo Alato e giunge infine alla Cittadella della Luna, dove trova lo Scrigno Magico e il Mantello che rende invisibili. I tre pretendenti di sangue blu si servono dei loro doni ‒ un tappeto, un cristallo e una mela magici ‒ per rianimare la principessa che nel frattempo è stata avvelenata per ordine del principe mongolo. Quando la principessa lo respinge nuovamente, questi ordina ai propri uomini, introdottisi di nascosto in città, di assumere il controllo di Bagdad. Ahmed fa immediatamente ritorno e, grazie ai poteri dello Scrigno Magico, riesce a far apparire un intero esercito che in breve tempo riconquista la città, restituendo il trono al califfo spodestato. Poi, servendosi del Mantello che rende invisibili, Ahmed libera la principessa e insieme a lei prende il volo sul tappeto magico, mentre nel cielo le stelle compongono le parole: "La felicità va conquistata".
The Thief of Bagdad rappresentò il progetto produttivo più ambizioso e avventuroso di Douglas Fairbanks, massima star maschile della Hollywood tra gli anni Dieci e Venti, attore trascorso dai ruoli di giovane americano intraprendente a quelli di spericolato ed esotico protagonista di spettacolari film in costume. Come per altri grandi cineasti suoi contemporanei (Charlie Chaplin, Buster Keaton e Harold Lloyd), la personalità di Fairbanks costituiva la vera anima ed energia creativa di tutti i film che interpretava, anche se diretti da un altro regista (in questo caso un regista straordinario come Raoul Walsh, che Fairbanks aveva conosciuto quando entrambi lavoravano per Griffith). L'orientalismo era di moda in quegli anni: Kismet, opera teatrale di Edward Knoblock risalente al 1911, più volte messa in scena (e riportata poi a nuova vita da Vincente Minnelli nel musical del 1955 Kismet ‒ Uno straniero tra gli angeli), costituì la prima fonte d'ispirazione per The Thief of Bagdad. Per il suo film Fairbanks realizzò il più grande set mai costruito a Hollywood, oltre due chilometri quadrati ideati e arredati dal giovane ma già brillante talento di William Cameron Menzies. Ispirandosi alle illustrazioni di Aubrey Beardsley, Bernard Rackham ed Edmund Dulac, Menzies puntava a uno stile che possedesse la libertà e la fantasia di uno schizzo a matita: gli edifici dai colori chiari, ricchi di torri svettanti, scale a chiocciola, misteriose arcate ed elaborate decorazioni assumono un aspetto di eterea leggerezza riflettendosi su basi nere e lucide ‒ soluzione spesso ripresa nelle scenografie dei musical anni Trenta. I costumi firmati dal futuro regista Mitchell Leisen erano ispirati alle creazioni di Léon Bakst per i Balletti Russi di Djagilev, che alcuni anni prima avevano fatto impazzire Hollywood in occasione di una delle ultime tournée di Nižinskij. I Balletti Russi influenzarono chiaramente anche la recitazione di Fairbanks, sempre caratterizzata dalla compresenza di grazia e forza atletica: qui l'attore sviluppa un nuovo stile, fatto di movimenti molto più simili a quelli della danza che alle convenzioni mimiche del cinema coevo. Le sue prodezze atletiche (reggersi sulle mani per liberarsi le tasche dei guadagni illeciti, o balzare da uno all'altro di una fila di orci giganteschi) si inseriscono splendidamente all'interno di un impeccabile impianto coreografico. Elementi magici quali il Cavallo Alato e il tappeto volante erano ispirati da Der müde Tod (Destino o Il signore delle tenebre, Fritz Lang 1921), di cui Fairbanks aveva acquistato i diritti: la loro magia artigianale sprigiona ancora oggi un incanto più potente di tanti effetti speciali realizzati grazie alle tecnologie digitali.
The Thief of Bagdad resta uno dei più raffinati e innovativi film mai realizzati. Contando sulle dimensioni dello schermo cinematografico e sulla cristallina fotografia di Arthur Edeson, Fairbanks e Walsh fanno ampio uso di spettacolari campi lunghi, inquadrando l'immenso set in modo che la figura di Fairbanks risulti miniaturizzata. La sensibilità sperimentale di Fairbanks si estese anche alla scelta degli attori: il film lanciò la carriera di star della sedicenne cinoamericana Anna May Wong, mentre per il ruolo del pingue principe persiano Fairbanks scelse coraggiosamente un'attrice di origine francese, Mathilde Comont, e per quello del mago di corte mongolo l'eccentrico scrittore Sadakichi Hartmann. In linea con l'ambizioso progetto, per la prima del film Fairbanks commissionò un accompagnamento musicale per orchestra all'illustre compositore americano Mortimer Wilson.
Interpreti e personaggi: Douglas Fairbanks (Ahmed, il ladro di Bagdad), Snitz Edwards (il suo complice), Charles Belcher (il santo), Julanne Johnston (la principessa), Anna May Wong (la schiava mongola), Winter-Blossom (lo schiavo con il liuto), Brandon Hurst (il califfo), Tote Du Crow (l'indovino), [Kamiyama] Sojin (il principe mongolo), K. Nambu (il suo consigliere), Sadakichi Hartmann (il suo mago di corte), Noble Johnson (il principe indiano), Mathilde Comont (il principe persiano), Etta Lee, David Sharpe, Charles Stevens, Sam Baker, Jess Weldon, Scotty Mattraw, Charles Sylvester, Jesse Lasky Jr.
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