The Wind
(USA 1928, Il vento, bianco e nero, 81m a 22 fps); regia: Victor Seastrom [Victor Sjöström]; produzione: MGM; soggetto: dall'omonimo romanzo di Dorothy Scarborough; sceneggiatura: Frances Marion; fotografia: John Arnold; montaggio: Conrad A. Nervig; scenografia: Cedric Gibbons, Edward Withers; costumi: André-ani.
La giovane Letty, d'aspetto fragile e senza più risorse dopo la morte dei genitori, lascia la Virginia per l'Ovest, dove vivono i soli parenti che le siano rimasti. La regione che l'attende è un deserto inospitale battuto da tempeste di sabbia e dal vento del Nord, che le credenze locali rappresentano come un cavallo scalpitante tra le nuvole. Sul treno la ragazza incontra Roddy, che le fa una corte scherzosa e le promette di portarla in terre meno crudeli; alla stazione, due uomini la aspettano per condurla dai parenti. L'accoglienza del cugino è affettuosa, mentre la moglie di lui subito manifesta diffidenza e gelosia per la delicata bellezza di Letty. Durante un ballo, interrotto da un ciclone, entrambi gli uomini che l'avevano accolta alla stazione le fanno una proposta di matrimonio; Letty li invita a risolvere la questione tirando in aria una moneta. Solo troppo tardi si accorge che i due facevano sul serio e che lei è ora fidanzata al giovane Lige. La moglie del cugino approfitta dell'occasione per metterla alla porta e Letty, pur vagamente attratta da Roddy, acconsente a sposare Lige e comincia con lui una nuova e dura vita, in una misera casa di legno costantemente sferzata dal vento. Unica condizione: quel matrimonio improvvisato dovrà restare bianco, e Letty respinge con tenacia gli assalti appassionati del marito. Quindi Lige parte, per andare a caccia di cavalli e mettere insieme il denaro che gli permetterà di uscire dalla miseria e di far tornare la moglie in Virginia. Ma mentre è lontano, Letty, sola e ossessionata dal vento, accoglie un uomo che avanza ferito nel deserto, e che solo quando le è davanti riconosce come Roddy: l'antico corteggiatore approfitta della situazione e la violenta. Il mattino dopo Letty prende una pistola, lo uccide e ne seppellisce il corpo nella sabbia. Al ritorno di Lige, Letty gli racconta tutto, poi aggiunge che ora lo ama e non ha più paura del vento.
Considerato allo stesso tempo come uno dei classici del cinema muto e come un esempio di quella maturità espressiva che del muto conteneva già in sé il superamento, The Wind appare oggi un capolavoro tanto originale quanto misterioso. La sua allegoria inquietante di una natura indomesticabile, "decisa a scacciare per sempre la forza femminile giunta a civilizzare i territori da poco colonizzati" (come scrive Mary Lea Bandy), rappresenta, con una intensità non più raggiunta, un'obiezione oscura all'idea del giardino ricavato dal deserto che è alla base del mito della frontiera, nel cinema e in tutta la cultura americana. Da questo punto di vista il film ‒ che pure costituisce una sorta di summa eccellente delle capacità di costruzione narrativa e stilizzazione plastica raggiunta dai grandi autori del muto, da von Stroheim a Griffith a Lang ‒ somiglia a una di quelle creature scomparse difformi da qualsiasi altra conosciuta e frutto di una linea evolutiva abbandonata, benché il valore del film possa anche essere descritto come l'effetto dell'incontro della migliore attrice americana del muto, Lillian Gish, con uno dei registi europei più dotati di risorse tecniche e drammatiche. Se è per certi versi prevedibile che a realizzare un film sul conflitto irriducibile tra uomo e natura sia stato un regista svedese, poiché il tema è profondamente radicato nella cultura dei paesi scandinavi, non altrettanto lo è diventare consapevoli che tutto lo stile visivo della pellicola si basa, in realtà, su un occultamento astratto del paesaggio stesso, la cui trasformazione in personaggio era stato il motivo dominante del cinema di Victor Seastrom. La polvere, il buio, la claustrofobia del piccolo spazio domestico assediato dal vento riducono la rappresentazione della natura a un nulla oscuro e metafisico: la linea dell'orizzonte è praticamente invisibile per tutto il film.
Tratto da un romanzo scelto da Lillian Gish e sceneggiato da Frances Marion (considerata la professionista della scrittura più affidabile dell'epoca), il film è innervato da una progressione allucinata e da un senso di esasperazione fisica che non trovano sollievo in nessun sottointreccio o pausa comica e distensiva. Ogni volta che i corpi dei personaggi si avvicinano o si toccano, sorgono colluttazioni o violenza, le loro emozioni sono sempre estreme (appetito sessuale, gelosia, rabbia, angoscia) e il mondo che abitano non sembra conoscere nulla di davvero alternativo alla solitudine o alla sopraffazione. Ma è nella scena della violenza sessuale, preceduta da uno dei rari totali della casupola dall'esterno (quasi una soggettiva del paesaggio), che si rende esplicitamente manifesto il fondamento simbolico che governa tutto il racconto. È la natura, più volte rappresentata dall'immagine di uno stallone infuriato sovrimpresso a una fuga di nuvole, la vera violentatrice della protagonista Letty. Girato nel deserto del Mojave in California, ripulito di qualsiasi riferimento al Texas del romanzo originario (per non ferire i sentimenti degli spettatori locali), messo in scena in un inferno insalubre reso tale da potenti turboeliche di motori aerei usate per creare la perenne tempesta di sabbia, il film di Seastrom, che per The Wind rimise insieme il team del suo film americano più significativo, The Scarlet Letter (La lettera rossa, 1926, con Lillian Gish, Lars Hanson e Frances Marion alla sceneggiatura), rappresenta senza docilità o cautele una natura dagli aperti connotati sessuali, che reagisce alla presenza dell'uomo aggredendolo e conducendolo alla pazzia. Difficile immaginare un tabù più violento per il sogno americano. Contro tale rivelatrice temerarietà, a nulla servì l'happy end imposto dal produttore Irving Thalberg (e contro il quale lottarono inutilmente sia Lillian Gish che Frances Marion) o i tentativi di aggiungere, dato che i primi esempi di cinema sonoro erano già nelle sale, un suono postsincronizzato che risultò allo stesso tempo ridondante (il film possiede già nelle immagini la ritmica ossessiva del suono della natura) e inutile per gli spettatori. Il pubblico accolse il film senza alcun entusiasmo e Victor Seastrom, dopo qualche produzione di minori ambizioni, concluse la sua avventura americana rientrando in patria.
Interpreti e personaggi: Lillian Gish (Letty), Lars Hanson (Lige), Montagu Love (Roddy), Dorothy Cumming (Cora), William Orlamond (Sowrdough).
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Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 331-332, juillet-août 1984.