DE QUINCEY, Thomas
Scrittore, nato a Greenheys (Manchester) il 15 agosto 1785, e morto a Edimburgo l'8 dicembre 1859. Rimasto in tenera età orfano del padre, un commerciante che vantava discendenza da un'antica famiglia d'origine normanna (Quincey è il nome di un villaggio della Normandia), il D. Q. crebbe sotto l'influsso dei frattelli maggiori, e specie di una sorella. Messo dai tutori alla Grammar School di Manchester, ne fuggì nel 1802 e, dopo alcuni mesi di vagabondaggio nel Galles, decise di andare a Londra, e, per restare indipendente dalla famiglia, di ottenere dagli usurai un prestito sull'eredità di cui doveva entrare in possesso dopo quattro anni. Consumato ben presto il poco denaro, soffrì la miseria e la fame, e fu soccorso da una povera ragazza, Ann: gli episodî dei mesi passati a Londra formano una delle parti più notevoli delle Confessions. Finalmente si riconciliò con i suoi, e fu mandato nel marzo nel 1803 ad abitare a Everton, sobborgo di Liverpool, e alla fine dell'anno al Worcester College in Oxford. A Oxford, nel 1804, cominciò a prendere oppio, dapprima come un rimedio contro i dolori nevralgici (la salute del D. era stata scossa dalla vita randagia nel Galles e a Londra), poi per viziosa abitudine.
In occasione di una delle visite alla madre, che abitava presso Bath, il D. fece amicizia col Coleridge, da lui ammirato, e accompagnò la moglie di Coleridge a Grasmere, dove conobbe il Wordsworth. Il suo entusiasmo per i Laghisti lo decise a stabilirsi nel Westmoreland nel 1809, per mantenersi in contatto con essi. Colà seguitò i suoi studî, specialmente sui classici e sui filosofi tedeschi (Kant, Fichte, Schelling, Jean-Paul Richter), e nel 1816 sposò Margaret Simpson, da cui ebbe cinque figli e tre figlie.
Progettò opere di filosofia e di scienza economica, ma soprattutto fu travagliato da terribili sogni dovuti all'abuso dell'oppio; nel 1819 cominciò ad occuparsi attivamente di giornalismo, dirigendo la Westmoreland Gazette; nel 1820 si trasferi a Londra ove, presentato da Lamb al direttore del London Magazine, collaborò a questo giornale nel 1821, con le Confessions of an English Opium-Eater, che resero l'autore d'un tratto famoso. Collaborò poi ad altri periodici, specialmente al Blackwood Magazine (in cui apparve nel febbraio del 1827 la prima parte di Murder considered as one of the Fine Arts); e, trasferitosi a Edimburgo nel 1828, visse là per dodici anni scrivendo per la Edinburgh Literary Gazette. Dopo il 1834 scrisse per il Tait's Magazine le sue reminiscenze degli anni d'intimità coi Laghisti, che per il loro carattere indiscreto, non esente da una punta di malignità, gli alienarono gli amici di un tempo. Perduta la moglie nel 1837, sistemò i figli a Lasswade, e visse di quando in quando tra loro, ma più spesso qua e là, in camere d'affitto. Nel 1844 riuscì a ridurre le dosi d'oppio. Avendo affidato alla figlia maggiore l'amministrazione della casa, il D.Q. visse gli ultimi anni in preda a curiose manie; ma pure continuò la sua multiforme attività di letterato, e fu affezionato padre e nonno. Fino ai settanta anni la sua energia fu sorprendente.
A parte un romanzo, Klosterheim (1832), che non ebbe successo nonostante il sensazionalismo derivato dai romanzi della Radcliffe, e il volume The Logic of Political Economy del 1844, le opere del D. videro tutte la luce in periodici, e illustrano in grado eminente i caratteri dell'essay romantico: intimità di riferimenti personali, versatilità d'erudizione, larghezza d'interesse per ogni manifestazione del pensiero, con una spiccata predilezione per il curioso e lo strano, e consumata eleganza di stile immaginoso. In D. Q. troviamo portati a un estremo sviluppo gli aspetti del saggio quali si erano venuti fissando col Montaigne: la prominenza dell'individualità dell'autore, sempre presente col suo "io", l'abitudine della divagazione causata dal costante gioco d'associazioni d'idee, infine l'intellettualismo, che conferisce una patina di letteratura anche agli episodî più patetici di esperienza vissuta. L'humour del D.Q., che si manifesta soprattutto in Murder considered as one of the Fine Arts, non ha la nota umana dell'humour del Lamb, ma per il suo accento deliberatamente ironico partecipa piuttosto del giuoco d'ingegno, senza impegni sentimentali. Per questo genere di humour e per il gusto di speculare su un mondo misterioso di fantasmi metafisici, il D.Q. anticipa il Poe e certi aspetti del decadentismo romantico della fine del secolo, come d'altra parte col suo solenne e splendido stile, d'una suprema abilità ritmica - quintessenza del ciceronianismo filtrata attraverso la grande prosa secentesca, specialmente di sir Thomas Browne - anticipa lo style artiste della scuola dell'arte per l'arte, la prosa sonora, animata d'afflato lirico, di un Pater, di un Wilde, di un D'Annunzio.
Tra gli scritti del D. Q. il più popolare è The Confessions of an English Opium-Eater, che è anche il più vibrante d'umanità; Murder considered as one of the Fine Arts è un esempio celebre di evasione umoristica da un'ossessione di carattere morboso. Meno note ma importantissime per lo studio del senso del mistero e della magnificenza stilistica, le prose liriche, The Dattghter of Lebanon, The English Mail Coach, soprattutto Levana and our Ladies of Sorrow (in Suspiria de profundis). Tra i saggi critici va ricordato quello On the Knocking at the Gate in Macbeth.
Ediz.: The Collected Writings of Th. D.Q., a cura di D. Masson, Edimburgo 1889-90, voll. 14; Uncollected Writings, a cura di J. Hogg, Londra 1890, voll. 2; The Posthumous Writings, a cura di A.H. Japp ("H. A. Page"), Londra 1891-93, voll. 2; D.Q. Memorials, 1891, voll. 2; A Diary of Th. D.Q., a cura di H.A. Eaton, Londra 1927. Una buona edizione delle Confessions... with their sequels The English Mail Coach, and Suspiria de profundis, con un'introduzione di G. Saintsbury, Londra 1927. Traduzioni italiane: Bussano alla porta di Macbeth, trad. C. Linati, Milano 1921; L'assassinio come una delle belle arti, trad. C. Pavolini, Roma 1926; Confessioni di un mangiatore d'oppio, Milano 1930. Delle Confessions diede una versione francese bella ma infedele, il Musset.
Bibl.: A.H. Japp ("H.A. Page"), TH. D.Q: his Life and Writings, 3ª ed., Londra 1890; D. Masson, nella serie English Men of Letters, Londra 1881; H.S. Salt, D.Q., Londra 1904; W.Y. Duran, D.Q. and Carlyle in their Relation to the Germans, in Publications of the Modern Language Association of America (XXII), 1907. Sullo stile del D. vedi specialmente: O. Elton, A Survey of English Literature 1780-1830, Londra 1912; V. Lee, The Handling of Words, Londra 1923 (capitolo: The Syntax of D.Q.), e l'articolo di fondo, Impassioned Prose, nel Times Literary Supplement del 16 settembre 1926.