Hobbes, Thomas
Filosofo politico inglese (Westport 1588 - Hardwicke 1679), fondatore del contrattualismo moderno e teorico dello Stato assoluto. Nello stato di natura, per H., domina la violenza (homo homini lupus), perché ogni individuo si ritiene in diritto di appropriarsi di tutto ciò che desidera. Per evitare la continua sopraffazione e la morte, gli individui rinunciano ai loro diritti naturali e all’uso della forza, delegandoli incondizionatamente allo Stato. H. non prevede la divisione dei poteri. Lo Stato ha poteri assoluti e irrevocabili, e lascia al singolo solo il diritto di sopravvivenza. L’impostazione meccanicistica portò H. a considerare l’analisi razionale come calcolo quantitativo. In questo senso influenzò W. Petty, che riprese tutte le sue tesi economiche. Le idee di H. sulla politica economica sono coerenti con il mercantilismo (➔), che dominava al suo tempo. Anche H. paragona il denaro alla circolazione sanguigna; con due flussi, in entrata e in uscita, dalle casse dello Stato. Propugna inoltre l’aumento della popolazione, per accrescere il potere economico e politico del regno, e ha un forte senso dello sviluppo economico (Leviathan, 1651). H. anticipa J. Locke (➔) nel sostenere che la ricchezza, sebbene sia data anche dalle risorse naturali, consiste soprattutto nel lavoro e nel risparmio, che sono i fattori primari dello sviluppo. Chiede leggi per far crescere la produzione, combattere l’ozio, stimolare la laboriosità e mettere in onore le arti meccaniche e le scienze applicate. H. sostiene che le tasse devono essere uguali per tutti, indipendentemente dal reddito, perché pagano la protezione pubblica, che garantisce le attività economiche e civili. Le imposte devono colpire quindi i beni di consumo, non le proprietà. Chiede anche leggi suntuarie, con forti tassazioni sulle spese eccessive in oggetti di lusso non duraturi, come cibo e vestiti (De cive, 1642; De corpore, 1655).