MANN, Thomas
Scrittore tedesco, nato a Lubecca il 6 giugno 1875: fratello di Heinrich e padre di Klaus, anch'egli già noto come scrittore. Ricevette il premio Nobel nel 1929.
Alla duplice origine da padre tedesco e da madre brasiliana, e all'idea del dissidio tra nord e sud, tra mentalità germanica e sangue latino, tra autorità e libertà, severità morale e libero amore dell'arte, è stata ricondotta anche l'arte del M. Però questo schema dialettico ha sì il suo germe nella situazione biografica e familiare, ma ha trovato anche buon terreno nelle condizioni d'inquietudine dell'epoca, e soprattutto in quel processo di accusa agl'ideali e al modo di vivere della borghesia, che già da tempo aveva avuto in Germania i suoi inizî.
Nel primo grande romanzo del M., che, dopo alcune novelle iniziali (Der kleine Herr Friedemann, 1898), fu giudicato subito come un capolavoro e che, sotto alcuni aspetti, rimase insuperabile in confronto alle opere successive, nei Buddenbrooks (1901), sono motivi autobiografici e familiari e insieme la tesi che vuol dimostrare la "decadenza" degl'ideali "borghesi". Ma mentre in Hauptmann la lotta contro la borghesia si appoggiò agl'ideali, allora nuovi, a carattere socialistico e popolare, tipico è invece che nel romanzo del M. l'accento sia posto sull'elemento decadenza, distruzione: nei Buddenbrooks, una famiglia di commercianti di Lubecca, già solidissima, si insinuano lentamente, attraverso successive generazioni, germi di perplessità religiosa e sentimentale prima, poi le suggestioni del lusso e della cultura, e infine la passione per l'arte; l'ultimo dei Buddenbrooks è un ragazzo, appassionato di musica, un inetto a vivere e a decidere. Così l'antitesi tra solidità borghese e sensibilità artistica è posta in chiarissima opposizione. Ma non è senza significato che le parti più vive del romanzo siano proprio quelle in cui la solidità borghese, della quale pur si vuol dimostrare la decadenza, è vista con segreta nostalgia. Questa "indecisione" tra l'uno e l'altro ideale, che qua e là si colora di umorismo, contiene i germi delle opere successive del M.
Arte singolarmente composita e cosciente: l'umorismo, l'ironia - che non sono più abbandonati dal M. - tanto più affilano le loro armi, tanto più si valgono del carattere composito e riflesso insito nella loro natura, quanto più si restringe il campo dell'azione; dagli elementi sociali, comunque necessarî alla "storia di una famiglia" (si veda anche la meno importante Königliche Hoheit, 1909) si passa all'individualismo artistico: i protagonisti di Tristan (1903), di Tonio Kröger (1904), di Der Tod in Venedig (1913) sono tutti e tre artisti e letterati; anzi l'autobiografia, scoperta in Tonio Kröger, pone veri e proprî problemi sull'arte, sul modo di vivere dell'artista. E dal graduarsi dei diversi minuti elementi di quest'arte complessa, dall'associarsi alcuni di essi piuttosto che alcuni altri, dal prevalere, per es., degli elementi comico-affettuosi su quelli ironico-intellettualistici, nascono le individualità artistiche diverse delle novelle: il lirismo comico-sentimentale di Tristan, l'ironia ora tagliente ora affettuosa di Tonio Kröger, l'intellettualismo morbido e tragico di Der Tod in Venedig, l'equilibrio perspicace e signorile di Hund und Herr 1919, il tono leggiero e insieme comicamente moralistico di Die Bekentnisse des Hochstaplers (1923), la luce tagliente e quasi crudele di Mario und der Zauberer (1930). Se i Buddenbrooks meravigliarono per la loro finezza di psicologia e di gusto artistico in confronto alle opere contemporanee, era pur rimasto in essi qualche cosa del procedimento "esterno" dei naturalisti: anzi l'eccellenza artistica non era più raggiunta nell'ultima parte del romanzo, perché all'assunto audace di mostrare che c'è un certo "valore", sia pure artistico, anche nella disgregazione morale e, come il M. dirà più tardi, "un certo fascino della decadenza" mancava ancora lo strumento adatto. Tale strumento, più fine, più interno, più penetrante, è creato dal Mann nelle novelle. Pericoloso strumento, che in Der Tod in Venedig arriva alle forme morbide del virtuosismo e all'atmosfera equivoca di una passione ex lege, ma che in alcune parti dei Buddenbrooks, nelle novelle, e specialmente in Tristan, crea momenti bellissimi di poesia. Del resto, delle qualità complesse del M., del pronto schermirsi della sua intelligenza di fronte a opposizioni, composizioni e ironie, del suo temperamento a fondo fortemente intellettuale, son prova anche i numerosi saggi critici e storici (Friedrich und die grosse Koalition, 1915; Betrachtungen eines Unpolitischen, 1918), e perfino qualche tentativo per il teatro (Fiorenza, 1905).
Toccato il fondo dell'intellettualismo amorale in Der Tod in Venedig, il M. si ritrae e torna a sentire il fascino dell'altro polo del dilemma: il senso del limite, del dovere, l'attività. Nasce così Der Zauberberg (1924), l'altro vastissimo romanzo. Non a caso esso si svolge in un grande sanatorio di montagna, pieno di malati ricchi, costretti all'inazione; non a caso il finale è posto sulla soglia di una grande azione tragica: la guerra mondiale. Ma se si eccettui la poetica figura del tenente Ziemssem assai meglio è riuscita nel romanzo la descrizione dell'atmosfera morbida e insieme tragica del sanatorio, appartato dal mondo come in un sogno, assai meglio sono rese le passioni serpeggianti tra i malati e i moribondi, che le ragioni, un po' vaghe e retoriche, le quali spingono Castorp a uscire dall'inazione e a tuffarsi nel turbine della guerra.
Il M. doveva però raggiungere la vetta della sua arte non nel romanzo - vedi ora anche Die Geschichten Jaakobs (1933) - ma in un'opera breve quando, in un momento di liberazione e di leggerezza, quasi dimenticate le contraddizioni della dialettica, la malinconia della distanza, "che è al fondo di tutte le cose", attutisce le punte dell'ironia, fonde insieme umorismo e poesia, intelligenza e sentimento. Il professore Cornelius, protagonista di Unordnung und frühes Leid (1926), vede il disordine delle nuove generazioni, ma l'osserva da lontano con occhio perspicace, malinconico e insieme benevolo, ché egli è insegnante di storia all'università, e la storia è la, scienza "di ciò che è avvenuto, non di ciò che avviene", di quando i contrasti dialettici si sono sopiti nell'avvenimento compiuto. Anche l'innocenza di una sua bambina, che il professor Cornelius vede minacciata per un momento da una passione tanto insensata quanto infantile, si ricompone e si acquieta sulle soglie del sonno e del sogno; e l'innocenza è come l'eternità di là dalle lusinghe dialettiche del sì e del no, più su degli scogli in cui battono i marosi della vita.
L'opera del Mann ci appare perciò singolarmente ed efficacemente rappresentativa di un'epoca, la cui stessa perplessità di ideali ha contribuito a scavare nell'anima umana, scoprendone intimità fini e dolorose e traendone modi di poesia, strumenti e fatti forse non inutili all'arte di domani.
Ed.: Gesammelte Werke, voll. 10, Berlino 1925.
Bibl.: G. Jacob, Das Werk Th. M.s Bibliographie, Berlino 1926; Fr. Endres, Th. M., Lubecca 1923; A. Eloesser, Th. M., Berlino 1925; M. Havenstein, Th. M., der Dichter und Schriftsteller, Berlino 1927; H.A. Peter, Th. M. und seine epische Charakterisierungskunst, Berna 1929.