THUBURBO MAIUS
Città dell'Africa Proconsolare, oggi Henchir el Kasbat in Tunisia. La città compare nelle iscrizioni col titolo di municipium Aelium Hadrianum e di colonia Aurelia Commoda; poiché peraltro essa porta talvolta anche l'epiteto di Iulia, si è supposto: che già Augusto avesse dedotto nella località un gruppo di coloni; che per un certo tempo fossero coesistite, l'una vicina all'altra, la civitas indigena e la colonia romana; che la prima fosse divenuta municipio con Adriano; e che i due organismi si fossero infine fusi in uno solo con la colonia Aurelia Commoda. Altri invece non ammette tale sviluppo, e pensa che Augusto si fosse limitato a stabilire nel luogo solo un pagus di coloni romani, privo di regolare organizzazione amministrativa, e che questo pago si fosse fuso successivamente con la civitas indigena, diventata prima municipio, poi colonia. Comunque sia, la città non ha avuto nella vita della provincia una parte di rilievo; in età cristiana fu sede episcopale. Di essa invece rimangono avanzi abbastanza notevoli, scavati in varî momenti, ma solo parzialmente editi.
La città antica si distende su un terreno leggermente ondulato digradante sulla piana circostante, e dominato dalla parte di mezzogiorno da due rilievi più accentuati: su uno è un castello d'acqua, e in un'affossatura dietro ad esso l'anfiteatro, sull'altro un tempio a Saturno.
Non sembra che fosse cinta di mura: comunque non se ne vedono resti sopra terra; lungo il perimetro dell'abitato sorgono invece, quasi a indicare i limiti di esso, tre archiporta.
Il centro è costituito dal Foro e dai suoi annessi, che sono tra gli elementi meglio noti delle antiche costruzioni. Il Foro è una piazza irregolarmente quadrangolare (48,88/48,97 × 45,45/47,05), orientata da N-O a S-E, circondata su tre lati da portici, su cui danno gli accessi alla piazza stessa e varî edifici, e dominata sul quarto lato dal tempio delle divinità capitoline: una disposizione che ha molteplici riscontri in altre città africane.
Il Capitolium, che un'iscrizione data al tempo di Marco Aurelio e Lucio Vero, essendo proconsole Salvio Giuliano il giurista (anche i portici della piazza debbono essere dello stesso periodo o di poco posteriori, ma ebbero restauri nel IV sec.), si innalza come una costruzione di notevole grandiosità. Ha alto podio, con ampia gradinata su tutta la fronte; la cella è preceduta da un pronao molto profondo, con sei colonne corinzie, scanalate e rudentate, in facciata, e altre quattro, due per parte avanti le ante, dietro le prime; colonne e capitelli erano in calcare rosa. Il muro della cella, oggi completamente distrutto, era decorato esternamente da lesene scanalate in stucco, coronate da capitelli pure corinzî. Nel podio, al di sotto del pronao e della cella, erano ricavati ambienti a vòlta, cui si accedeva da porte aperte sul lato posteriore, ed illuminati da finestre lungo i fianchi.
Della statua marmorea colossale di Giove è stata recuperata, oltre ai due piedi e a parte del braccio sinistro, la bella testa (altezza m 1,35), oggi al Bardo; il tipo è quello del Giove di Otricoli, il più comune per i templi capitolini; solo insignificanti e non chiari frammenti si hanno delle figure di Giunone e Minerva. Sullo stesso lato della piazza, appoggiate in un secondo tempo alla gradinata del tempio, si aprono due piccole sale quadrangolari, una delle quali con nicchia nella parete di fondo; ancora al di là di queste, due absidi chiudono le ali laterali del portico della piazza: anche questa è disposizione non nuova per l'Africa.
Sul lato N-E del Foro, oltre ad altri ambienti di minore rilievo e di dubbia identificazione, dava un edificio di notevole ricchezza per la sua decorazione di rivestimenti marmorei; per la sua disposizione e per i testi epigrafici rinvenuti, si può ragionevolmente supporre che esso fosse la curia. È costituito da una corte quadrangolare a colonne, sul fondo della quale, attraverso un vano scandito da due colonne, si apre una sala pure quadrangolare, probabilmente ornata nella parete di fronte da una edicola con statua e dedica alla Pace.
A lato della supposta curia, proprio all'angolo S-E della piazza, è una casa privata, al centro della quale sta un atrio-peristilio a colonne con bacini per acqua ornati di mosaici; segue sul lato sud-orientale del portico del Foro uno degli ingressi di questo, ingresso a gradini, dato che la parte della città che si distende al di là da questa parte era a livello alquanto più alto; segue ancora un altro edificio, probabilmente di carattere privato, con impianti industriali: tanto gli ambienti di questo edificio che quello della casa erano decorati di mosaici: quello della soglia dell'oecus-tablinum della seconda portava l'iscrizione ex oficina Nicenti. Il resto del lato sud-orientale della piazza è occupato da cinque piccole stanze (forse scholae) ornate di marmi e di mosaici.
Sul lato S-O si apriva direttamente sul portico della piazza un solo edificio, il tempio di Mercurio. La cella era preceduta da un vestibolo di forma singolare, e cioè avente lungo tutte le pareti una serie di nicchie semicircolari, più ampie quelle al mezzo dei quattro lati, più piccole quelle in corrispondenza degli angoli. Al centro sta una corte scoperta circondata da un giro di otto colonne corinzie: l'iscrizione della trabeazione dà il 211 come anno della dedica dell'edificio. Dal vestibolo si accedeva alla cella quadrata, oggi quasi completamente distrutta.
Attiguo al tempio di Mercurio è un altro ingresso alla piazza; al di là di esso, ma non comunicanti con questa, sono altre costruzioni e infine, verso S un mercato costituito da un'ampia corte (m 19 × 19) con botteghe su tre lati, e da varî annessi tra cui un'altra corte a peristilio. Ancora verso S si estende la parte della città fino ad ora scavata: si notano in essa due edifici termali che, in base ad alcune iscrizioni, sono stati denominati thermae hiemales e aestivales: attigua a quest'ultimo è una palestra quadrangolare con portico intorno, oggi parzialmente restaurato, la cui costruzione risale al 225 ad opera di membri della famiglia dei Petronii; su di essa si apre un piccolo tempio di Esculapio: annessa alle terme è anche una vasta latrina della consueta forma ad emiciclo. Altri edifici riconosciuti sono: due case private, dette dell'Auriga e del Labirinto, dal soggetto dei mosaici che ne decoravano in ognuna uno degli ambienti; una chiesa cristiana sorta al di sopra di un tempio di Ba'al-Saturno, e presso ad essa i resti di un arco a tre fornici; infine un santuario della Baalit, cioè di Tanit-Caelestis. Come sovente nell'Africa, il tempio, di proporzioni modeste, è al fondo di una corte porticata, ma qui, contrariamente al solito, la corte ha pianta curvilinea con la concavità rivolta verso la fronte del tempio (in ciò diverso anche dal tempio di Caelestis di Dugga).
Oltre alla testa del Giove già ricordata, provengono da Th. M. varie sculture, mosaici, frammenti architettonici del Capitolium ecc., oggi tutti conservati nel Museo del Bardo a Tunisi; soprattutto degno di nota il cosiddetto Tempietto, riproduzione in piccola scala (altezza m 1,168) di un'edicola distila punica: è datato dal Lézine alla prima metà del II sec. a. C., e messo in relazione con monumenti fenici di età ellenistica.
Bibl.: A. Merlin, Le forum de Thuburbo Majus, Tunisi-Parigi 1922 (Notes et Doc. de la Direct. des Antiq., n. VII); G. L. Feuille, Thuburbo Majus, Tunisi s. a. [1950], piccola guida di carattere turistico; P. Quoniam, Le status municipal de Thuburbo Majus, in Cahiers de Tunisie, 1960, p. 25 ss. (con bibl. anteriore sull'argomento: tra cui principale A. Merlin, L'histoire municipale de Thuburbo Majus, in V Congr. Intern. d'Arch., Algeri 1930, p. 212 ss.); per il Tempietto: A. Lézine, Architecture punique (Publ. Univ. Tunis; Faculté de Lettres), Parigi-Tunisi 1960.