Vedi THURII dell'anno: 1966 - 1997
THURII (Θουϕία, Θούριον, Thurium e più spesso Θούριοι, Thurii)
Colonia della Magna Grecia, fondata subito dopo la metà del V sec. a. C. nella piana fra le estreme pendici del Pollino ed il mare Ionio non lontano da Sibari e forse in parte sulle sue rovine (v. sibari).
La posizione della città antica è ancora contestata, benché la pubblicazione del materiale scoperto dallo Zanotti Bianco nel 1932, le estese indagini topografiche condotte sulla scorta dei più progrediti mezzi di prospezione elettromagnetica, insieme con una missione scientifica della Università di Pennsylvania ed i varî saggi di scavo, compiuti da questi istituti e dalla Soprintendenza alle Antichità della Calabria negli ultimi anni, inducano ad escludere che T. sorgesse sull'altura a S-E della piana, dove si era voluto collocarla, riconoscendo nella pittoresca Fonte del Fico la fons thuria della tradizione antica. Non solo il luogo appare inadeguato sotto ogni rapporto alla città voluta da Pericle e costruita da Ippodamo, per la natura accidentata del terreno, i limiti imposti dalle imminenti colline e la distanza dalla costa, ma si aggiunge inoltre la presenza di tombe del IV-III sec. a. C. Al contrario tutta l'area per circa 9 chilometri quadrati sulla sinistra ed anche sulla destra dell'attuale corso del Crati, fra 2 e almeno 5 km dalla foce odierna, si è rivelata ricca di resti di costruzioni, di frammenti ceramici e di oggetti, che senza preconcetti possono riferirsi alla vita di Th. e di Copia.
Fra i documenti più significativi è il bollo col nome Cleandrida impresso su tegole di età romana trovate nel grande edificio più volte ricostruito al Parco del Cavallo. E la storia di Th. è tutta legata al mare e richiedeva a più riprese la immediata vicinanza di un porto, sia pure fluviale. In attesa degli scavi, che chiariranno i dubbî, i primi trovamenti (fra cui vasi attici del 400 a. C.) sulla Tempa della Motta, della quale la Società Magna Grecia ha iniziato nell'estate 1963 insieme con la Soprintendenza l'esplorazione, lasciano sperare che presto si potranno conoscere almeno di riflesso gli aspetti della civiltà e dell'arte della città tuttora sconosciuta.
Nel 453-452 i Sibariti esuli avevano tentato di ricostruire la loro città nel sito primitivo ma, ricacciati dopo cinque anni dai Crotoniati, domandarono aiuto agli Spartani ed agli Ateniesi: i primi rifiutarono, Pericle al contrario approfittò della richiesta per ordinare una grande spedizione nell'intento di creare una nuova colonia di carattere panellenico, convocando a parteciparvi greci di ogni stirpe. Una flotta di dieci navi al comando di Senocrito e Lampone trasportò in Italia gli emigranti, che sbarcarono a Sibari, identificarono nella vicina fonte Thuria il luogo designato dall'oracolo di Apollo e ne trassero il nome per la nuova città (Diod., xiii, 10 s.).
L'area fu cinta di mura e divisa mediante quattro grandi strade longitudinali e tre opposte in simmetrici rioni rettangolari, percorsi da strade secondarie anch'esse parallele e ortogonali. Il progetto viene attribuito ad Ippodamo di Mileto il quale sarebbe andato in persona a dirigerne l'esecuzione, stabilendosi poi a Thurii.
Ma la convivenza dei nuovi coloni con i Sibariti si rivelò molto presto impossibile; scacciati ancora una volta, i Sibariti si trasferirono sul Traente. Il 444 segna l'inizio della vita di Th., come colonia.
Alla geometrica regolarità della pianta urbica corrispose una partizione altrettanto precisa degli abitanti, secondo i rispettivi paesi di origine, in dieci tribù, i cui nomi sono ancora utili per apprezzare la varietà delle correnti, che concorsero a formare la popolazione ed ispirare le attività della nuova colonia: Arcade, Acaide ed Eleia, Beotica, Anfizionide e Doride, Iade, Atenaide, Euboide e Nesiote, cioè insulare.
I Turi vollero anche darsi una costituzione di leggi esemplari, che vanno sotto il nome di Caronda e che avrebbero dovuto superare la celebre legislazione locrese di Zaleuco. È sicuro l'indirizzo democratico della politica iniziale di Th. (in antitesi con l'aristocrazia oligarchica della vecchia Sibari) finché durò il predominio degli Ateniesi che però fu breve; tuttavia solo dopo la disfatta di Nicia Th. si schierò decisamente con gli Spartani; di questo finale atteggiamento politico, che dovè influire sull'indirizzo culturale, si sorprende il riflesso nella monetazione.
Oltre che da discordie interne, l'esistenza di Th. fu tormentata dalle ostilità dei popoli dell'Italia meridionale, che tentarono di opporsi alla sua espansione ma riuscì a mantenere la sua indipendenza fino al 282 a. C., quando chiese ed ottenne da Roma l'invio di un presidio armato. Nel 194 a. C. accolse sul suo territorio una colonia di diritto latino, Gopa Thurii, e fu municipio dalla guerra sociale in poi. Nel IlI sec. d. C. era spopolata, ma è ancora menzionata nell'età di Caracalla e poi nel VI secolo.
Erodoto scrisse proprio a Th. almeno parte delle sue storie, mentre è malsicuro che ne sia stato cittadino e vi sia morto, trovando sepoltura nell'agorà (Hesych., s. v.).
Non conosciamo nessun nome di artista operante a Th. né abbiamo notizie di monumenti nella città; sappiamo che vi era un tempio di Apollo e che vi si praticavano i culti di altre divinità (fra le quali è probabile che prevalesse Atena), di Borea e Diomede divinizzati, e che in un antro presso un fiume di dubbia identificazione si celebravano speciali riti in onore delle Ninfe Lusiadi; dei culti di Zeus, Dioniso, Afrodite, Eracle e degli Eroi si ha un sicuro indizio nei nomi delle platee trasmessi da Diodoro. Le cinque laminette d'oro con formule mistiche iscritte, scoperte nel 1879 in un sepolcro della zona, dimostrano tutt'ora la presenza fra gli abitanti dell'agro turio di iniziati alla religione orfico-pitagorica, anche se l'esplorazione nel 1932 dei presunti timponi rituali (rivelatisi dune naturali) ha sfatato la leggenda della larga diffusione di dottrine esoteriche.
Nonostante le discordie interne, Th. fu molto fiorente; n'è prova la sua splendida monetazione così con l'abbondanza dei conî e degli esemplari, come con l'arte raffinata e la perfezione tecnica dell'incisione nel rendimento dei due tipi costanti (la testa di Atena di profilo sul diritto e sul rovescio il toro imbronciato o cozzante, più spesso a destra), dei loro particolari variati con fantasia e sobrietà e dei minuscoli simboli aggiunti nell'esergo o, più di rado, nel campo. Intorno al 413/410 furono coniate le monete con la sigla Φ e ΦΡΥ e col simbolo del fringuellino, in cui si riconosce la firma del maestro monetale Phrygillos (v.), meglio nota da due tetradracmi siracusani; e nei decenni successivi furono prodotti i pezzi più pregevoli per delicatezza di gusto e d'esecuzione, mentre si moltiplicano le firme degli incisori (ΙΣΤΟΡΟΣ, ΜΟΛΟΣΣΟΣ, ΝΙΚΑΝΑΡΟΣ) per esteso e le tante sigle nelle quali si discute se identificare magistrati o artisti. Verso la metà del IV sec. incomincia la decadenza tecnica ed artistica. Fra il 194 e l'89 a. C. furono emessi i bronzi della colonia romana col nome di Copia, di peso semiunciale.
Bibl.: Philipp, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, c. 646-52, s. v. Thurioi; C. F. Crispo, Contributo alla Storia della più antica Civiltà della Magna Grecia, Tivoli 1940, p. 8 ss.; V. Ehrenberg, in Am. Journ. Philol., 1948, p. 849 ss.; F. Sartori, Problemi di Storia Costituzionale Italiota, Roma-Firenze 1953, p. 110 ss., nei quali si troveranno tutta la bibl. precedente e le citazioni dei testi antichi. Per i culti: G. Giannelli, Culti e miti della Magna Grecia2, 1963, p. 101 ss. Per le monete principalmente: B. V. Head, Hist. Nummorum2, Oxford 1911, p. 85 ss.; S. P. Noe, The Thurian Di-Staters (Num. Notes a. Mon.), New York 1935, n. 71. Per il sito in rapporto col mare e col porto di Ruscia cfr.: H. Nissen, Ital. Landesk., Berlino 1883, II, 2, p. 923. Per le ricerche topografiche ed i risultati degli scavi dal 1932 ad oggi: U. Zanotti Bianco-P. Zancani Montuoro, in Atti e Mem. Soc. magna Grecia, N. S., III, 1960 (1961), p. 9 ss., tavv. I-V; ibid., IV, 1961 (1962), p. 7 ss., tavv. I-XX (con pianta e bibl.); A. de Franciscis, in Rend. Accad. Archeol. Lett. e Arti di Napoli, XXXVI, 1961, p. 63 ss.; F. Rainey, in Ill. London News, 8 e 15 dic. 1962, pp. 928 ss.; 972 ss.