TITI, Tiberio
– Figlio secondogenito del pittore e architetto Santi di Tito e di Agnoletta Landucci, nacque a Firenze il 24 dicembre 1573 (Lecchini Giovannoni, 1986, p. 176). Dei cinque figli maschi della coppia, solo Tiberio e Orazio, nato nel 1575, sembrano essere stati avviati alla professione di pittori. Fu immatricolato all’Accademia delle arti del disegno l’8 luglio 1590, all’età di diciassette anni (ibid.; il fratello Orazio fu immatricolato nel 1594).
Com’era consuetudine all’epoca, condusse l’apprendistato sotto la guida del padre e, fino alla morte di Santi, avvenuta il 25 luglio 1603, la sua attività si svolse interamente all’interno della bottega paterna (ibid.); in particolare, il giovane artista si specializzò nella produzione di ritratti (Baldinucci, 1681-1728, 1846, p. 553; Brooks, 2002, p. 282). Il suo nome (alterato per assonanza in un altrimenti ignoto Valerio di Santi di Tito) è associato per la prima volta a un’opera prodotta dalla bottega paterna nel 1589, quando, in occasione dell’ingresso a Firenze di Cristina di Lorena, Tiberio eseguì una tela raffigurante Goffredo di Buglione eletto primo re di Gerusalemme su disegno di Santi (Lecchini Giovannoni, 1986, p. 176). Nel 1598, per le esequie in effigie di Filippo II di Spagna, celebrate nella basilica di S. Lorenzo a Firenze, al cui allestimento partecipò lo stesso Santi, realizzò una tela a chiaroscuro raffigurante L’entrata di Filippo II a Bruxelles (Petrioli Tofani, 1969, p. 89).
Alla morte del padre, Tiberio non ereditò alcuna delle sue proprietà immobiliari, ma si trovò a gestirne la considerevole eredità artistica. Insieme al fratello Orazio ne rilevò infatti la bottega, posta all’angolo tra via delle Ruote e via Mozza (attuale via S. Zanobi; Mattatelli, 2013, p. 351). L’inventario post mortem della bottega attesta la presenza di cinquantasei quadri, lasciati da Santi a vari stadi di esecuzione, numerosi cartoni e più di settecento disegni (Brooks, 2002). Tra i lavori di grande formato ricordati nell’inventario come incompiuti, e che furono successivamente portati a termine da Tiberio o interamente dipinti da lui su disegno del padre, figurano l’Ultima Cena per la cappella del Ss. Sacramento nella chiesa di S. Marco a Firenze (ancora nella sua collocazione originaria); la Deposizione per la chiesa pisana del S. Sepolcro (Pisa, Museo nazionale di S. Matteo); il Miracolo dei pani e dei pesci per la cappella di villa Spini (coll. privata); la Natività del Battista per la chiesa di S. Giovannino dei Cavalieri a Firenze (ancora in situ; Brooks, 2002, pp. 282-285).
Dopo il 1603 Tiberio subentrò al padre come principale ritrattista della corte medicea, dove fu apprezzato per la qualità delle sue opere e la velocità di esecuzione; in una lettera datata 1610, inviata da Firenze alla corte di Mantova, si dice infatti che egli, «oltre al fare eccellentemente, è huomo che presto spediscie, vero è che è un poco caro» (Piccinelli, 2000, pp. 250 s., doc. 577). Lavorò anche per i rami collaterali della famiglia Medici e per vari membri dell’aristocrazia fiorentina. Nel luglio del 1609 ricevette il saldo per tre ritratti (non identificati) eseguiti per Vincenzo di Carlo di Bernardo de’ Medici (Corti, 1977). Nel settembre del 1615 Michelangelo Buonarroti il Giovane gli commissionò il quadro raffigurante L’erezione del monumento sepolcrale di Michelangelo in Santa Croce nel 1574, destinato alla galleria di Casa Buonarroti, dove tuttora si trova; l’opera fu cominciata nell’ottobre del 1618 e consegnata al committente nell’agosto del 1620 (Vliegenthart, 1969). Nella primavera del 1617 gli venne sollecitata l’esecuzione di alcuni ritratti commissionatigli già da tempo da monsignore Jacques-Auguste de Thou (le lettere relative a questa commissione sono pubblicate nella bancadati on-line in Bia-The Medici Archive Project, www.medici.org, nn. ID 19250, 19252 e 18215).
Ben documentati sono tempistica e contesto del suo breve soggiorno a Mantova, avvenuto nei primi mesi del 1618 (Goldenberg Stoppato, 2016, pp. 175-184). Fu la granduchessa Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II de’ Medici, a inviare Tiberio a Mantova affinché eseguisse un ritratto di Eleonora Gonzaga. Il dipinto era destinato a Ferdinando d’Asburgo, che di lì a poco sarebbe diventato imperatore, con il quale Maria Maddalena stava conducendo una trattativa matrimoniale in favore della giovane principessa Gonzaga. Come attesta un libro di spese, cominciato dal pittore il 3 gennaio 1618, Tiberio lasciò Firenze ai primi di gennaio e giunse a Mantova entro il 13 dello stesso mese. Un primo ritrattino di Eleonora fu inviato a Firenze entro il 27 gennaio, e da lì a Vienna, dove fu consegnato a Ferdinando entro il 10 marzo. Nel frattempo l’artista cominciò un secondo ritratto di Eleonora, questa volta di gran formato, sempre destinato a Vienna; il completamento richiese più tempo del previsto per i numerosi ritratti che gli erano stati nel frattempo commissionati dai Gonzaga e per un attacco di gotta che lo costrinse a letto per diversi giorni. Anche la seconda opera fu spedita prima a Firenze, il 24 marzo, e quindi a Vienna, dove arrivò il 13 maggio. Tiberio ripartì da Mantova il 16 maggio e giunse a Firenze entro il 22 maggio. Sulla base del contenuto di un fascicolo di spese da lui presentato alla corte medicea, e datato 3 ottobre 1618, gli sono stati attribuiti alcuni ritratti di membri della famiglia Gonzaga che potrebbero essere stati eseguiti durante il soggiorno mantovano (Goldenberg Stoppato, 2016, pp. 181-183).
Titi continuò a lavorare con il fratello Orazio nella bottega di famiglia almeno sino al 1619 (Brooks, 2002, p. 282); a questa data i quattro figli maschi di Santi (il primogenito Tito risultava ormai morto) abitavano ancora insieme nella casa progettata dal padre in via delle Ruote al numero 39 (Mattatelli, 2013; Brooks, 2002, p. 282).
L’arrivo a Firenze di Giusto Suttermans nel 1620 decretò la progressiva perdita di prestigio di Tiberio presso i Medici. In una lettera del 5 ottobre 1621 a Caterina de’ Medici Gonzaga, Maria Maddalena d’Austria si lamentava del fatto che l’artista non era ormai più in grado di produrre opere di buona qualità, soprattutto se paragonate ai ritratti realizzati da Suttermans; quest’ultimo lo sostituì ufficialmente come ritrattista di corte nel 1623 (Goldenberg Stoppato, 2016, p. 184).
Tiberio è ricordato in qualità di console dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze negli anni 1606, 1609 e 1620 (Lecchini Giovannoni, 1986, p. 176). Nel 1626, probabilmente a causa di problemi di salute, richiamò da Roma il fratello Orazio, che lo assistette negli ultimi anni di attività.
Morì a Firenze il 10 agosto 1627, apparentemente di pleurite, e fu seppellito nella basilica della Ss. Annunziata (Moücke, 1754, p. 123; Lecchini Giovannoni, 1986, p. 176).
Secondo Filippo Baldinucci (1681-1728, 1846), il quale lo menziona brevemente tra gli allievi di Santi, Tiberio «molto s’impegnò in far ritratti de’ serenissimi principi e d’altri, ed ebbe per suo proprio genio il far piccolissimi ritrattini in rame di dame e cavalieri» (p. 553), molto apprezzati e collezionati tra gli altri dal cardinale Leopoldo de’ Medici; non sono state tuttavia identificate opere di piccolo formato su rame che possano essere attribuite a lui con sicurezza. Non sono state sinora rintracciate neppure le «operette di propria invenzione, cavate dale storie sacre», nelle quali egli era apparentemente molto versato, ma cui non sarebbe riuscito a dedicarsi con costanza a causa delle pressanti richieste del padre (Moücke, 1754, p. 121). Proprio la stretta collaborazione tra padre e figlio rende arduo ricostruire la carriera di Tiberio e riconoscerne la mano nelle opere prodotte dalla bottega paterna. Non stupisce, quindi, che il suo catalogo sia oggetto di discussioni e frequenti ripensamenti; in particolare, numerose attribuzioni avanzate in passato (si vedano soprattutto Paulussen, 1980, e Lecchini Giovannoni, 1986) sono state recentemente riconsiderate su basi stilistiche e documentarie, e numerose opere in precedenza assegnate a Tiberio, soprattutto ritratti, sono ora attribuite a Santi di Tito, Cristofano Allori, Jacopo Ligozzi, Francesco Bianchi Buonavita, Domenico e Valore Casini, Filippo Furini (Goldenberg Stoppato, 2004, pp. 170 e 174; Ead., 2016, p. 192, nota 12; Bastogi, 2017, p. 402; Goldenberg Stoppato, 2017).
Fonti e Bibl.: Bia-The Medici Archive Project (www.medici.org), nn. ID 19250, 19252 e 18215.
F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728), a cura di F. Ranalli, II, Firenze 1846, pp. 553 s.; F. Moücke, Serie di ritratti degli eccellenti pittori dipinti di propria mano che esistono nell’Imperial Galleria di Firenze, II, Firenze 1754, pp. 121-123; A. Petrioli Tofani, Esequie di Filippo II di Spagna - 1598, in Feste e apparati medicei da Cosimo I a Cosimo II, a cura di G. Gaeta Bertelà - A. Petrioli Tofani, Firenze 1969, pp. 89-95; A.W. Vliegenthart, De Galleria Buonarroti: Michelangelo en Michelangelo il Giovane, Rotterdam 1969, pp. 166-168; G. Corti, Notizie inedite sui pittori fiorentini Carlo Portelli, Maso da San Friano, T. T., Francesco Furini, Fabrizio e Francesco Boschi, Giovanni Rosi, in Paragone. Arte, XXVIII (1977), 331, p. 55; I.M.J. Paulussen, T. T., ritrattista dei Medici, in Mededelingen van het Nederlands Instituut te Rome, XLII (1980), pp. 101-128; S. Lecchini Giovannoni, T. T., in Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III. Biografie, a cura di G. Guidi, Firenze 1986, pp. 176 s.; R. Piccinelli, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Firenze e Mantova (1554-1626), Cinisello Balsamo 2000, s.v.; J. Brooks, Santi di Tito’s studio: the contents of his house and workshop in 1603, in The Burlington Magazine, CXLIV (2002), pp. 279-288; L. Goldenberg Stoppato, Per Domenico e Valore Casini, ritrattisti fiorentini, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLVIII (2004), pp. 165-210 (in partic. pp. 170, 174); R. Mattatelli, La casa di Santi di Tito in via delle Ruote. Dimensione abitativa, arte e vita quotidiana di un artista a Firenze tra XVI e XVII secolo, in Bollettino della Società di studi fiorentini, XXII (2013), pp. 344-355; L. Goldenberg Stoppato, A grand duchess and her painters as matchmakers: Maria Magdalena of Austria, T. T., Giusto Suttermans and the betrothal of empress Eleonora Gonzaga, in The Grand Ducal Medici and their archive, a cura di A. Assonitis - B. Sandberg, Londra-Turnhout 2016, pp. 175-184, 192; N. Bastogi, Santi di Tito, in Dizionario biografico degli Italiani, XC, Roma 2017, pp. 396-402; L. Goldenberg Stoppato, Appunti ‘fiorentini’ per il corpus della ritrattistica degli Orsini, in Gli Orsini e i Savelli nella Roma dei papi. Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee, a cura di C. Mazzetti di Pietralata - A. Amendola, Roma 2017, pp. 324 s.