BARBARANI, Tiberio Umberto (Berto)
Nacque a Verona, da Bortolo e da Adelaide Poggiani, il 3 dic. 1872. Intrapresi gli studi di giurisprudenza presso l'università di Padova, li interruppe per iniziare l'attività di giornalista. Esordì come cronista dell'Adige di Verona e fu proprio il suo redattore capo, A. Libretti, a curare, anche finanziariamente, l'edizione della prima raccolta di versi del B., El rosario del cor (Verona 1895), cui seguì un'altra, I pitochi (ibid- 1897). Ai primi del Novecento fu incaricato dal Gazzettino di Venezia della redazione veronese, cui attese per un trentennio. Il B., incoraggiato nella sua attività di verseggiatore dall'amicb pittore Angelo Dall'Oca Bianca, non fu poeta intellettuale e letterato, ma poeta d'istinto.
Come scriveva R. Simoni, che fu critico acuto della sua poesia, le opere che in special modo erano tenute presenti dal B., I Promessi sposi e i Racconti straordinari del Poe, ben rappresentavano le due fondamentali tendenze della sua indole: il gusto per il reale e l'aspirazione all'evasione fantastica. Queste tendenze si rivelano nelle due raccolte sopra ricordate, che pure hanno diversa ispirazione: nella prima prevale il tono gioioso dell'idillio popolaresco e della festosa cantata, nella seconda invece l'attenzione si volge alle miserie dei poveri. Non si mancò di sottolineare, in questa raccolta di più austera e talora drammatica ispirazione, l'inclinazione a un socialismo umanitario e sentimentale.Con la raccolta Le Montebaldine (1897-1900; inserita nel vol. Canzoniere veronese,Milano 1900) comprendente poesie che si richiamano alle bellezze del veronese monte Baldo, il B. ritorna, con arte più sicura e un linguaggio più mosso e colorito, agli accenti del Rosario del cor:ritornano i temi dell'amore, della natura e della primavera. Con il Nuovo Canzoniere veronese (Verona 1911), articolato in tre libri ("Le Adesine" in onore del fiume Adige, "Le tre cune" e un terzo in cui campeggia il noto "San Zen che ride" e si conclude con i dieci sonetti "Val d'Adese"), la fama del B. si venne sempre più consolidando. A far conoscere la nuova poesia dialettale contribuivano anche le pubbliche dizioni che egli teneva, in quel periodo, con A. Testoni e Trilussa.
Nella raccolta I sogni (Milano 1922) il B. ritornava nostalgicamente ai temi della sua più antica ispirazione, in una strenua fedeltà alla propria terra, alle malinconiche suggestioni del tempo. Questa fedeltà si confermava nell'ultimo suo canzoniere, L'autunno del poeta (Milano-Verona 1937), che comprende poesie composte tra il 1923 e il 1936. Conclude la sua produzione p3etica il poemetto Giulietta e Romeo (Verona 1941) nella sua definitiva stesura del 1941, in cui il B. rielaborò - non trascurando le esigenze tecnico-teatrali, poiché l'operetta fu rappresentata - un poemetto già composto nel 1902, pubblicato nel 1905 e poi ridotto a "canzone di moderno troviero" nel 1911.
Il B. morì a Verona il 27 genn. 1945.
Nel quadro della poesia dialettale italiana dei Novecento il B. è una presenza singolarmente viva e schietta, e con il suo fervido e coscienzioso lavoro di artista ha concorso ad affermare, nella sua lirica, il musicale e arguto dialetto nativo, liberandolo dalle più grossolane scorie dell'uso. In quel linguaggio (che assai meno valgono le prove del prosatore in lingua, Bozzetti e fantasie. Natale e la neve, Verona 1942) egli ha interpretato, nel filtro del suo pensoso candore, della sua "alegra malinconia", la vita della sua gente e della sua città.
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