TICINO (A. T., 17-18-19 e 24-25-26)
Uno dei maggiori affluenti di destra del Po, il terzo (dopo l'Adda e l'Oglio) per lunghezza (248 km.), il secondo (dopo l'Adda) per ampiezza di bacino (7228 kmq.), ma il più importante di tutti per la portata, il cui valore medio è anzi, in Italia, inferiore solo a quello del Po (410 mc. al sec.; minima 100, massima 4500). Il fiume ha le sue sorgenti nel Novena (Nufenenstock, 2865 m., nel gruppo del Gottardo), a N. dell'omonimo passo, dal quale si origina anche l'Aigesse, o Eginen, che affluisce al Rodano. Il Lago Maggiore, nel quale il Ticino entra presso Magadino, divide il corso del fiume all'incirca a metà: il tratto montano, tutto in territorio svizzero, descrive un grande arco di cerchio, con la convessità a NE., mentre il suo bacino abbraccia l'ampio territorio compreso a S. del cimale alpino dal M. Rosa allo Spluga. Dalle sorgenti ad Airolo, dove riceve le acque della V. Tremula, scendenti dal Gottardo, l'alveo è chiuso in una valle angusta e poco abitata; la Val Bedretto (lunga 17 km.), che si continua, mutata direzione (in SE.), nella Val Leventina (35 km.), costituita da un'alternanza di piccole conche alpestri, con tratti a forra (gole di Stalvedro, di Dazio Grande, di Biaschina), in rapporto con la schietta morfologia glaciale che la caratterizza. A monte di Biasca, il fiume riceve sulla destra il Brenno (Val Blenio) che divide la Leventina dalla cosidetta Riviera, tronco in cui il Ticino s'attarda in un letto ghiaioso, suddividendosi in più rami nell'ampio fondovalle. Poco innanzi Bellinzona raccoglie sulla destra le acque della Moesa, che attraversa la Val Mesolcina. Alla Riviera (20 km.) tien dietro, dopo Bellinzona, il piano di Magadino (12 km.), costruzione alluvionale cui hanno contribuito anche i depositi della Verzasca (e lì presso è l'ampio delta del Maggia, che scola, oltre l'omonima, le Centovalli, e finisce al Verbano): qui il fiume, che procedeva pigro fra ghiaie e canneti per straripare minaccioso nelle piene primaverili, è stato canalizzato dopo il 1888.
Uscito a Sesto Calende (193 m. s. m.) dal Verbano con aspetto di fiume maestoso (la larghezza dell'alveo varia nel tratto inferiore da 60 a 400 m., la profondità da m. 0,70 a m. 4 in acque ordinarie: la velocità superficiale della corrente da m. 1 a 3,50; la pendenza media è del i, 15‰), s'apre il cammino fra alte terrazze, poi fra le sue stesse alluvioni, finché, a qualche chilometro a valle di Pavia - che attraversa - immette per doppia foce nel Po (m. 56). In questo secondo tratto, il Ticino non raccoglie più altre acque, e versa invece la copia delle sue a numerosi canali (Vizzola e Villoresi a Pamperduto, Naviglio Grande a Tornavento, Langosco a Cameri, Sforzesco a Romentino), irrigando così una superficie di 76.422 ha., quasi tutti sulla sua sponda sinistra (lombarda). Il bacino del fiume abbraccia anche quelli dei laghi d'Orta e di Lugano, che comunicano col Lago Maggiore per mezzo della Strona e della Toce nel primo caso, della Tresa nel secondo.
Il regime del Ticino è, a monte del Verbano, di tipo prealpino meridionale, con due minimi, uno invernale (dicembre-febbraio) e uno estivo (luglio-settembre); all'idrometro di Sesto Calende le portate oscillano da un massimo di 1142 (ottobre) a un minimo di 52 mc. al sec. (febbraio). Il fiume è navigabile da Osogna alla foce (213 km.), con speciali precauzioni, però, nel tratto a monte del Lago Maggiore e da Tornavento a Bereguardo. A valle di Sesto Calende segna il confine tradizionale fra Piemonte e Lombardia. La sua valle superiore è risalita, fra Bellinzona e Airolo, dalla ferrovia del Gottardo, che segue uno degli itinerarî più antichi e più frequentati fra la pianura padana e l'Europa centrale.
La battaglia del Ticino. - Così si suole chiamare la prima battaglia della seconda guerra punica che dagli antichi è chiamata anche battaglia del Po o battaglia di Clastidio, dalla fortezza romana più vicina dal campo di battaglia, la quale era però sulla destra e non sulla sinistra del Po. Il console P. Cornelio Scipione padre dell'Africano era con due legioni nel paese dei Boi quando sulla fine di settembre 218 seppe che Annibale. aveva passato le Alpi. E subito varcato il Po e quindi, sopra un ponte di barche, il Ticino, mosse incontro ai Cartaginesi. Anche Annibale che, espugnata la città dei Taurini procedeva a nord del Po verso oriente, mosse verso i Romani. Il combattimento ebbe luogo tra la Sesia e il Ticino in una località non ben determinabile a non grande distanza dal Po, forse presso Lomello. Secondo Livio il campo di Annibale era ad Victumulas, perciò alcuni hanno localizzato la battaglia tra Biella ed Ivrea, nella località ov'era la Victumulae dell'età imperiale. Ma i dati topografici di Polibio mostrano che vi è errore dovuto a qualche annalista romano ovvero che esisteva allora un'altra Victumulae in posizione diversa dalla posteriore località di questo nome. I due duci si erano avanzati l'uno e l'altro con la sola cavalleria per saggiare le forze avversarie. Scipione aveva in più alcune truppe leggiere. I cavalieri cartaginesi che erano in numero maggiore attaccarono furiosamente; i Numidi collocati sulle ali cercarono di aggirare il nemico. I Romani che avevano resistito con valore all'attacco frontale furono costretti alla fuga dal tentativo di aggiramento. La fuga fu disordinata e lo stesso console rimasto ferito e in pericolo di cadere in mano del nemico fu salvato, secondo alcuni dal servo ligure, secondo altri dal figlio che, giovanissimo, faceva allora le sue prime armi. I superstiti romani dovevano ripiegare all'accampamento dov'era la fanteria delle legioni. Di qui probabilmente col favore della notte Scipione ripiegò con tutte le forze oltre il Ticino facendo poi rompere il ponte di barche che aveva apprestato sul fiume.
Fonti: Polibio, III, 65; Livio, XXI, 46; Zonara (Cassio Dione), VIII, 23; Appiano, Hannib., 5. Inoltre le fonti derivate da Livio. Moltissimi sono gli accenni alla prodezza del giovane Scipione. La prima menzione dell'aneddoto è in Polibio, X, 3. Del servo ligure parlava in vece Celio Antipatro (presso Livio, XXI, 46, 10), forse seguendo Sileno.
Bibl.: G. De Sanctis, Storia dei Romani, III, ii, Torino 1917, pp. 25, 85, 90 segg.; ivi anteriore bibl. specie sulla questione di Victumulae.