TIMONE (fr. gouvernail; sp. timón; ted. Ruder; ingl. rudder)
La necessità di governare un qualunque galleggiante in moto, cioè di mantenerlo nella rotta, o deviarlo o farlo evoluire, si è sentita fino dai tempi più antichi specialmente per le navi a più rematori, per le quali non era agevole per un verso assicurare sempre che l'azione dei remi sui due fianchi fosse simultanea e di pari intensità, e per l'altro ottenere determinati cambiamenti di rotta agendo sulle variazioni della voga sui due lati. Di qui è sorto l'impiego del timone, che nelle varie rappresentazioni che ci sono giunte anche delle navi più antiche è costituito da un'asta con pala assai lunga e sporgente anche al disotto della chiglia, che si appoggia sul fianco della nave nella parte poppiera ed è collegata con un sistema a leva allo scafo in modo da renderne più agevole al timoniere la manovra: la pala era mantenuta a filo della direzione del moto quando non doveva agire ed era girata in modo da presentare una maggiore o minore superficie in quella direzione, così che, determinando una resistenza al moto sopra un lato della nave, creava una coppia di forze che faceva girare la nave dalla parte dove il timone era entrato in azione. Le navi antiche erano tutte con due timoni, uno per lato; più tardi, essendosi realizzata la possibilità costruttiva di applicare al centro un timone girevole da ciascuna banda (timone medievale "alla navarresca"), il doppio timone è stato abbandonato. Fanno eccezione a questa regola solo alcune navi militari le quali hanno due timoni, o messi uno a fianco all'altro verso poppa, o uno a proravia dell'altro nella zona poppiera, o anche uno a poppa e uno verso prora, solo allo scopo di migliorare le qualità evolutive delle navi. Fanno eccezione altresì le navi traghetto destinate a manovre nei due sensi, che hanno un timone ad ogni estremità.
La superficie della pala del timone è compresa generalmente fra un trentesimo e un quarantesimo della superficie del piano di deriva della nave; le navi da guerra hanno superficie di timone maggiore di quelle mercantili di pari dislocamento e lunghezza. L'angolo massimo di spostamento del timone su ciascun lato è quello che è ritenuto ottimo per raggiungere senza eccessivo sforzo il massimo effetto di rotazione sulla nave; in genere anche sulle navi militari non supera i 35°, ma vi sono diversi casi in cui raggiunge i 40°. Opportuni sistemi di sicurezza sono provveduti sia sullo scafo sia nel meccanismo di governo per impedire che tale angolo venga superato, il che riuscirebbe particolarmente dannoso nella marcia indietro, quando l'azione dell'acqua sul timone può facilmente soverchiare la resistenza del meccanismo di manovra.
Oltre ai timoni di direzione, di cui si è ora parlato, si devono ricordare per particolari applicazioni (navigazione aerea e sottomarina) i timoni di profondità, che ruotano attorno a un asse orizzontale. Tanto gli uni quanto gli altri, specie quando destinati a funzionare ad alta velocità, si usano del tipo compensato, cioè con superficie delle pale distribuita tanto da un lato quanto dall'altro dell'asse di rotazione, così che l'azione del mezzo resistente in cui si sposta il timone, sviluppandosi su ambedue i lati, contribuisce a diminuire il momento torcente da svilupparsi dal meccanismo di comando, specie quando questo deve fare il massimo sforzo per raggiungere i maggiori angoli di barra nella marcia avanti.
I mezzi di manovra del timone variano dalla semplice barra, applicata direttamente sull'asta del timone nelle imbarcazioni a remi e comandata a mano sul posto, ai più complicati macchinarî delle navi militari, per le quali sono richiesti, oltre a sforzi rilevanti dovuti ai forti dislocamenti ed alle alte velocità delle navi, anche notevoli complicazioni per assicurare il funzionamento del timone con più di un macchinario e da diverse stazioni di governo nel caso di offese avversarie che paralizzino gli uni o le altre. Fra i mezzi di sicurezza, oltre alla sistemazione di due o più macchine del timone, spesso anche di tipo diverso, che si possano vicendevolmente sostituire, è sempre previsto anche un mezzo di fortuna, col quale si agisce direttamente con paranchi a mano sopra una barra che si tiene di riserva a bordo e si caletta sulla testa del timone al momento opportuno.
La manovra a mano del timone è fatta dal timoniere situato sul ponte di comando o sul cassero di poppa mediante una ruota a caviglie comandante, mediante un tamburo o una ruota a impronte, il frenello (cavo di acciaio o catena) che, con opportuni rinvii, agisce sopra un collare applicato sopra l'estremità della barra, alla quale trasmette il moto spostandosi in un piano trasversale mentre la barra fissa alla testa del timone ruota dell'angolo voluto. Le cose sono sempre disposte in modo che la nave si sposta nel senso nel quale il timoniere fa girare la ruota di governo nella sua parte superiore.
Con l'aumentare della velocità e delle dimensioni delle navi, e con la necessità di assicurare maggiore rapidità di manovra, si sono presentati sforzi maggiori e quindi si è ricorso all'impiego di meccanismi più potenti. Si è così sviluppato l'impiego di macchine a vapore prima e di macchine elettriche o elettroidrauliche successivamente. Questi macchinarî prendono generalmente il nome dì servomotori, in quanto che non sono macchinarî a funzionamento continuo, bensì a funzionamento asservito allo stesso movimento del timone che essi comandano: questo per mezzo di un' opportuna trasmissione governa la valvola della macchina a vapore (valvola differenziale) o quel qualunque altro organo che regola il movimento del motore, manovrandolo in senso inverso a quello che è provocato dall'azione del timoniere. Così il timoniere è obbligato a insistere nel comando della ruota fino a che vuole continuare ad aumentare l'angolo di barra. Svariati sono i sistemi escogitati per ottenere questo asservimento, come svariati sono i sistemi di comando del servomotore dal ponte di comando: oggi al sistema antico della trasmissione meccanica è sostituito il sistema elettrico e più generalmente per le navi militari e per le grandi navi di linea il sistema idraulico a telemotore.
Così sono stati diversi nei tempi i meccanismi adottati per trasmettere al timone il movimento dalla macchina relativa, meccanismi che vanno generalmente sotto il nome di agghiaccio. L'originale barra del timone si trasforma spesso per ricevere il moto in una traversa, alle estremità della quale sono fissate due bielle che agiscono a guisa di due braccia comandate simultaneamente in senso contrario da un meccanismo a vite e a madrevite, oppure in un settore, a ingranaggi se mosso da ruota dentata o a gola se azionato da una catena. In alcuni più recenti impianti, elettro1draulici, le due bielle sono comandate da pistoni idraulici che ricevono il liquido in pressione da pompe a portata variabile; in altri impianti, idrodinamici, la pressione agisce direttamente su palmole di corpo con l'asta del timone.
I timoni dei siluri sono comandatí da apparecchi giroscopici (timoni verticali o di direzione) e da piatti idrostatici (timoni orizzontali o di profondità): vedi subacquee, armi.
Per il mantenimento della rotta è spesso applicato alla ruota del timone un apparecchio detto pilota automatico, il quale mantiene la stabilità di rotta correggendo tutte le leggiere deviazìoni che le azioni esterne delle onde, delle correnti o del vento possono produrre sulla nave; esso è di regola a comando giroscopico.
Per norma del timoniere si usa l'assiometro, cioè un apparecchio posto in vicinanza della ruota, il quale pigliando movimento direttamente dalla barra del timone, indica in qualunque istante l'angolo effettivo di barra.
Il proporzionamento della superficie del timone, lo studio della sua posizione relativa sulla nave tanto in lunghezza quanto in profondità e il calcolo del momento torcente da applicare al suo asse hanno diretta relazione con la risoluzione d'importanti problemi riguardanti le qualità evolutive della nave, qualità che specialmente nel naviglio militare hanno importanza primaria: si cerca di ottenere infatti che le navi girino entro determinati diametri di evoluzione senza prendere per azione della forza centrifuga sbandamenti eccessivi che possano ridurre i loro attributi di stabilità e rendere più difficoltoso l'impiego delle armi.
Nel movimento giratorio di una nave si distinguono la fase di manovra, durante la quale il timone è portato dalla posizione normale ad assumere un determinato angolo di banda, e quindi la fase del moto variabile e quella del moto uniforme. In questa fase, sotto l'azione combinata della spinta delle eliche, della pressione sopra la faccia del timone, della forza centrifuga determinata dal movimento circolare, delle varie resistenze che la nave incontra nel suo movimento progressivo e del momento derivante dall'azione asimmetrica delle eliche che nell'evoluzione vengono a variare il numero dei giri anche l'una rispetto all'altra, la nave percorre la curva di evoluzione. In questo movimento si verifica che solo un punto del piano di simmetria della nave, detto punto giratorio, percorre la sua curva di evoluzione in modo che l'asse della nave sia sempre tangente ad essa; qualunque altro punto percorre curve con lo stesso centro istantaneo di rotazione, ma per queste curve l'asse della nave forma con la tangente ad esse un certo angolo, detto angolo di deriva, il quale varia da punto a punto e anche a seconda della velocità di entrata in evoluzione e dell'angolo di barra.
Per le navi militari si usa eseguire le curve di evoluzione a diverse velocità e sotto varî gradi di timone in modo da determinare tutti gli elementi caratteristici delle stesse e in particolare sia l'avanzo nel senso della rotta sia lo spostamento laterale per un determinato angolo di evoluzione: questi elementi servono nello studio dei cambiamenti di rotta di grande ampiezza che si compiono nelle evoluzioni di squadra.
La velocità con la quale la nave percorre la traiettoria di evoluzione diminuisce anche notevolmente con l'aumentare dell'angolo di barra e può giungere dall'85% fino anche al 50% della velocità d'ingresso nella traiettoria; il diametro del circolo di evoluzione si mantiene fra 6 e 8 volte la lunghezza della nave, discendendo a volte anche a valori sensibilmente più bassi per il naviglio militare; l'angolo di sbandamento che è raggiunto e mantenuto dalla nave durante l'evoluzione varia evidentemente in funzione della velocità e del diametro di evoluzione, e può raggiungere in alcune unità leggiere del naviglio militare anche i 15°.