TIMPANO
. Musica. - I timpani (fr. timbales; sp. timbales; ted. Pauken; ingl. kettle-drums) sono strumenti a percussione, dei quali l'orchestra possiede di solito una coppia. Ogni timpano consta di un ampio bacino emisferico in lamina sul quale è tesa una membrana che secondo la tensione, che può essere regolata da un cerchio mobile e da viti, può rendere suoni di diversa altezza sufficientemente determinabili. In qualche partitura vengono adoperati tre e qualche volta quattro timpani.
Il timpano antico (gr. τύμπανον, lat. tympanum) era costituito da una superficie di cuoio tesa dentro un cerchio ligneo e simile, in certo modo, al tamburello. Il suono che esso dava era cupo. Le testimonianze antiche concordemente affermano l'origine orientale di questo strumento destinato a segnare il ritmo delle danze o dei canti, per lo più religiosi. Esso aveva infatti una parte importante nei culti di Dioniso, di Cibele e di Attis, divinità queste ultime che avranno fatto pensare all'importazione del timpano dalla Frigia in Grecia, dove figurava anche nella religione eleusinia. Nelle pitture vascolari, dove spesso è impugnato da Satiri o da Menadi, possiamo notare due generi di timpani: gli uni di grandi dimensioni e privi di decorazione, gli altri più piccoli, in uso dal sec. IV in poi, spesso ornati di nastri e di tintinnabula, e qualche volta di pitture. L'uso del timpano nei funerali concorda col fatto che esso era spesso attributo di divinità ctonie; non di rado è anche attributo delle sirene. Finalmente, qualche volta si vede in mano a figure di comici, e ciò attesta il suo uso anche in danze e canti profani. Nella decorazione murale timpani associati con cembali costituiscono un frequente motivo ornamentale.
Verosimilmente gli antichi non conoscevano ancora la maniera di accordare strumenti così fatti. Timpani veri e proprî, capaci cioè di rendere suoni di diversa altezza, furono usati, a quanto pare, per la prima volta, dai Saraceni, che li introdussero in Europa durante l'invasione della Spagna.
Come strumento militare e di parata, il timpano entrò nel comune uso nel sec. XVI, o forse prima, in quasi tutti i paesi europei: Italia, Germania, Francia, Spagna, ecc. Ne parlano M. Praetorius, M. Mersenne e altri organologi.
Le milizie a cavallo degli eserciti europei li usavano disponendoli a coppie sulla sella. Questi strumenti erano sempre ornati di festoni, di gualdrappe e di fiocchi che ben si uniformavano ai vestimenti pomposi e ricchi dei suonatori, e quasi sempre univano il loro suono a quello delle trombe e dei fifres (sorta di flauti militari). L'uso dei timpani, nelle milizie andò però, sempre più diminuendo e si limitò piuttosto ad apparire nelle esibizioni di cerimonie solenni e di parate.
Primo ad usarlo nelle orchestre fu forse G. B. Lulli, ma specialmente con l'avvento dei primi grandi sinfonisti classici i timpani determinarono chiaramente il loro compito.
Per farli risuonare si adoperano varie specie di bacchette con la cima di legno, o di sughero o ricoperta di feltro, a seconda della diversa sonorità o intensità di suono che viene richiesta.
A tutta prima, i timpani venivano accordati a "tonica" e "dominante" della tonalità del pezzo che si eseguiva, ma poi si usò accordarli anche con note riverse.
È rimasto famoso - per quanto non del tutto felice nell'effetto - l'uso fatto da H. Berlioz di ben otto paia di timpani, nella sua Messa di Requiem.
Uso in orchestra. - I timpani erano dapprima invariabilmente associati alle trombe, e questo criterio dura sino a Beethoven, il quale nella Nona sinfonia ancora muove parallelamente timpani e trombe. Però fu lo stesso Beethoven a conferire in pari tempo indipendenza e valore coloristico ai timpani. Basti citare il "temporale" della Pastorale oppure lo scherzo della medesima Nona sinfonia. Con H. Berlioz, l'uso dei timpani acquista un'autonomia e un senso espressivo di alta importanza, senso che si sviluppa poi potentemente nell'arte di R. Wagner e di R. Strauss. Non si può però affermare che l'uso dei timpani in orchestra negli ultimi 40 anni abbia subito sostanziali modificazioni. Se si eccettua la Sagra della primavera di Igor Stravinskji (1913), dove i timpani assumono un carattere inaudito e mai raggiunto prima di violenza barbarica, non si può certo sostenere che l'impiego dei timpani, tanto nel sinfonismo quanto nel dramma, abbia subito recentemente un'evoluzione paragonabile a quella della batteria in generale. Forse anche perché i timpani, ignorati dallo jazz non ne hanno subito menomamente l'influenza. Fra i tentativi di aprire nuove possibilità ai timpani, va ricordato l'uso fatto da A. Casella nell'Elegia eroica (1916) di due timpani cromatici a pedale per i quali è scritta in quel lavoro un'interessante parte con scale, glissandi, ecc.