DI LORENZO, Tina (Concettina)
Nacque a Torino il 4 dic. 1872 dall'unione tra un nobile siciliano, il marchese Corrado Di Lorenzo di Castelluccio, e l'attrice Amelia Colonnello.
La madre Amelia Colonnello (n. a Cosenza nel 1847, morta a Livorno il 22 nov. 1922) una degli undici figli di Ajace Colonnello, un nobile napoletano che si era dato al teatro in seguito a rovesci finanziari, e di Carolina Spelta Cammarano, della famiglia di Luigi e Filippo, famosi comici del S. Carlino. "Attrice di molto pregio" che "seppe onorare con lo studio, con l'intelligenza l'arte dei suoi maggiori" (Antona Traversi, p. 95), la Colonnello agì nelle compagnie di C. Marchi e F. Ciotti, di G. Lavaggi e di A. Salvini, fu quindi prima attrice con M. Bozzo e seconda donna con Pia Marchi Maggi e Celestina Paladini Andò. Anche il padre nutriva una spiccata passione per il teatro e si era cimentato come cantante lirico con poca fortuna.
La D., nei primi anni, seguì la madre nelle sue peregrinazioni per l'Italia, dimostrando una viva avversione per il mondo del teatro. All'età di sette anni si trasferì a Noto, in Sicilia, nella casa paterna. Qui, dove rimase fino all'età di tredici anni, frequentò la scuola magistrale femminile e comparve ancora nelle rappresentazioni organizzate dalla filodrammatica locale. Nel 1885, anche in seguito ai rovesci finanziari della famiglia paterna, accettò la scrittura come prima attrice assoluta nella modestissima compagnia Petrolani di Torre del Greco; vi debuttò con la Dionisia di A. Dumas fils, ottenendo un lusinghiero successo personale, confermato dalle interpretazioni successive, La suonatrice d'arpa di D. Chiossone e Le due orfanelle di E. Cormon e A. Dennery. Col Petrolani rimase oltre un anno, recitando in alcune località dell'entroterra campano, Caserta, Capua, Santa Maria Capua Vetere.
Nel luglio del 1886 la D. era a Napoli, dove comparve, insieme con la madre, in una beneficiata a favore di A. Majeroni, nel ruolo di Jolanda in La partita a scacchi di G. Giacosa e quindi in quello di Arabella in Chiodo scaccia chiodo di A. Torelli; in autunno passò alla "sociale" Pedretti-Ferrati-Artale, amministrata da C. Di Lorenzo, come prima attrice giovane, e si distinse in opere del repertorio "moderno" con i ruoli di Clara in Il padrone delle ferriere di G. Ohnet, di Cipriana in Divorziamo di V. Sardou ed E. de Najac e di Suzette in Il mondo della noia di E. Pailleron. Nella primavera 1889 era al teatro Rossini di Napoli, dove l'11 aprile ebbe luogo la prima serata in suo onore; recitando un monologo composto per l'occasione, Babbo si ammoglia, e comparendo in Scilla e Cariddi di I. D'Aste, la D. si impose all'attenzione del grande pubblico e del mondo dello spettacolo: Pia Marchi Maggi, che recitava al Sannazzaro, espresse pubblicamente la sua ammirazione e il duca Proto di Maddaloni, commediografo dilettante e corsivista di successo, la volle protagonista del suo dramma Ruit hora, andato in scena per la prima volta al teatro Rossini il 5 maggio 1889.
Per la D. fu un trionfo personale e il pubblico napoletano, incantato dalla bellezza e dalla grazia della protagonista, accorse con entusiasmo crescente alle ventidue repliche dell'opera.
Amata dal pubblico, seguita dalla critica con un atteggiamento spesso contraddittorio, nel quale si alternava l'entusiasmo alla diffidenza per le sue acerbe doti interpretative, la D. iniziò una folgorante carriera in compagnie primarie. Nell'autunno 1889 venne scritturata nella ditta Drago-De Riso come prima attrice giovane; entrò quindi in contatto con G.B. Marini, che le propose per il 1891 l'ingresso nella sua compagnia con lo stesso ruolo. In attesa di perfezionare il contratto con il Marini, la D. si legò, per la stagione 1890-1891, ad un gruppo di scritturati di F. Pasta, il quale si era ritirato dalle scene, dopo una fortunata tournée in Argentina: Pierina Giagnoni, A. Passerini, L. Russo, Ermenegilda Zucchini Maione, A. Bollini, ai quali si sarebbe unito anche E. Paladini. La D., destinata alle parti da prima attrice giovane, fu chiamata, in seguito alla improvvisa scomparsa della Giagnoni, ad interpretare ruoli primari.
Nelle vesti di protagonista assoluta, ella debuttò il 22 febbr. 1891 al teatro Paganini di Genova con Divorziamo e ai primi di marzo apparve sul Don Chisciotte un articolo di Gandolin [L. A. Vassallo] che, riprodotto da tutti i giornali del tempo, contribuì in maniera determinante alla sua popolarità e alla creazione di un modello di attrice assolutamente nuovo: semplicità, bellezza, eleganza, uno stile di vita sobrio, l'aderenza ai valori dominanti, nel privato come sulla scena, la composta naturalezza della recitazione, la differenziavano dalle sensibili interpreti del teatro del naturalismo e la presentavano al pubblico italiano come il prototipo dell'"anti-Duse", incapace di passioni struggenti, eternamente composta, in grado di resistere alle tentazioni dell'immedesimarsi.
Passando di successo in successo, la D. debuttò al teatro Nuovo di Firenze nei panni di Dorina ne La trilogia di Dorina di G. Rovetta, quindi a Milano con Cause ed effetti di P. Ferrari al teatro Filodrammatico. Qui la sua prima beneficiata, con Le vergini di M. Praga, segnò un vero trionfo. Fu quindi a Torino, a Roma e, nell'ottobre, a Bologna, dove fu seguita e apprezzata da D'Annunzio.
Questi ne tracciò un profilo artistico per il Resto del carlino: "Tina di Lorenzo, questa creatura così semplice e così bella, che ha la bocca semichiusa e casta della Polinnia antica, è, nelle espressioni del dolore ... potente e diversa come poche altre attrici già provate dalla vita. ... Ella è decorosa, sempre, nel senso più nobile e più estetico della parola latina" (Cervi, p. 24).
Malgrado l'apprezzamento del poeta la D. si confermò attrice antidannunziana, che preferiva un repertorio piano e cordiale, ricco di umanità, di borghese realismo, tipico di molti autori contemporanei: in questa prima stagione portò così al successo opere come Di notte di S. Lopez, La figlia di Jefte di F. Cavallotti, Cavalleria rusticana di G. Verga, Santarellina di Hervé. Pagata la penale al Marini, la D. entrò nella compagnia Pasta-Garzes-Reinach, presentando un repertorio composto soprattutto di commedie e di drammi d'ambiente - come Fedora di V. Sardou, Margot di H. Meilhac, Musotte di G. de Maupassant e J. Normand, Onore di H. Sudermann - che fu accolto con grande favore dal pubblico, fin dalla prima apparizione della nuova compagnia al teatro dei Fiorentini di Napoli. Particolarmente felice fu l'interpretazione de "la piccola, tenera, infelice Musotte ..., una delle commoventi vittorie dei suoi primi anni" (Simoni, 1938, p. 147). A Milano, dove la compagnia giunse nel novembre del 1891, "mancarono alla giovane attrice gli entusiasmi meridionali" (Pozza) e vennero sollevati i primi dubbi sulle sue qualità interpretative.
Alle doti di bellezza, di eleganza, di fascino e di mestiere, che i critici sottolineavano unanimemente, non avrebbe corrisposto la capacità di donare vita e passione ai suoi personaggi: "Ascoltando questa giovane attrice si è spesso ammirati, mai commossi. Ed è perciò che nel dramma ella non riesce spesso a raggiungere gli effetti desiderati, mentre nella commedia ella non dà soltanto ma aggiunge grazia, brio, festività e naturalezza di espressione" (ibid.). Si tratta di riserve che torneranno spesso anche in seguito negli studi sulla D. e che contribuiranno a creare il cliché di una attrice eccezionale per qualità naturali, ma incompleta; più adatta ai ruoli comici che a quelli drammatici e costretta ad ogni replica a dimostrare il suo talento. Alla definizione di questa immagine critica contribuì anche il Rasi che, in una lettera al Salvini, propose la D. come l'interprete ideale del teatro goldoniano (cfr. lettera di T. Salvini alla D. del 20 dic. 1892: Roma, Bibl. del Burcardo, Fondo Rasi) e che caldeggiò la sua presenza come protagonista della Pamela nubile, alle manifestazioni organizzate a Firenze, nel gennaio del 1893, per il primo centenario della morte di Goldoni.
Queste riserve non minarono il favore del pubblico, che la segui fedelmente per tutta la sua carriera, "in una specie di intenerito-, ammirante, abbagliato, rispettoso innamoramento" (Simoni, 1938, p. 144), grato della "sensazione di freschezza, di salute non prima provato, una sensazione di dolcezza e di giocondità quale si prova solo nelle dolci notti primaverili (Morello, 1897, p. 7).
Nel 1894 la D. passò al capocomicato e celebrò con il personaggio di Claudia in Maternità di R. Bracco, rappresentato a Napoli per la prima volta, l'incontro con il drammaturgo ideale, in grado di far vibrare le note più profonde della sua composta femminilità e di regalare una sfumatura di ibseniana ribellione alla sua consueta immagine di "sanità italica" (Rocca, p. 7). Nel maggio del 1895 si cimentò con la Samaritana di E. Rostand, opera in versi e ambientata in tempi lontani, ottenendo un lusinghiero successo; partì quindi per una lunga tournée nell'America latina, provocando un vero fanatismo, soprattutto con l'interpretazione di Frou Frou di L. Halévy e H. Meilhac.
Nel 1897 entrò in ditta con F. Andò, accanto a V. Talli e Emma Gramatica, dando vita ad una delle compagnie più apprezzate del teatro italiano; nell'autunno di quell'anno partì per una lunga tournée nell'Europa orientale che le conquistò i pubblici di Vienna, Mosca, Pietroburgo, Budapest e Bucarest, ai quali presentò opere per lo più straniere, da Magda di H. Sudermann a La signora dalle camelie, ad Adriana Lecouvreur di E. Legouvé e E. Scribe. Tornata in patria, portò al successo la produzione italiana contemporanea, prediligendo, oltre a Bracco (L'infedele), Giacosa (Tristi amori, Come le foglie) e G. Rovetta (Romanticismo trionfò alla "prima" milanese nel carnevale del 1900). Nel 1900 si recò nuovamente a Buenos Aires e Montevideo, questa volta con un repertorio leggero: La locandiera, Causa ed effetti di P. Ferrari, Nicarete di F. Cavallotti, Vergini di M. Praga. Sposò nel 1901 Amando Falconi e, lasciato nel 1905 Andò, formò ditta insieme con il marito, apprezzato caratterista, e con il primo attore L. Carini: tra i cavalli di battaglia di questa nuova formazione Divorziamo di V. Sardou, Re burlone di Rovetta, Addio giovinezza di S. Camasio e N. Oxilia.
La vicinanza di un attore versatile ed estroso come Falconi, più adatto a dar vita a personaggi bonari e moderni che agli eroi del repertorio drammatico, finì per condizionare le scelte della D. che escluse progressivamente dalle sue rappresentazioni sia le opere del passato sia il teatro d'avanguardia, per dedicarsi quasi esclusivamente alla commedia di intreccio o al dramma borghese, presentandosi all'estero, nelle numerose tournées compiute tra il 1909 e il 1912, come l'ambasciatrice del nuovo teatro italiano.
Nel 1912 colse l'invito di E. Praga di dar vita ad una compagnia stabile, la Compagnia drammatica italiana del teatro Manzoni di Milano, producendo spettacoli confezionati con grande cura, tra i quali ebbero un particolare successo La moglie ideale e La porta chiusa di Praga, Manichino di P. Gavault, L'aigrette di D. Niccodemi e La ragione degli altri di L. Pirandello. L'iniziativa non riuscì però a realizzare gli intenti di riforma che si erano prefissi i suoi ideatori e si risolse in un insuccesso anche economico. La D. nel 1915 formò di nuovo compagnia con il Falconi, ottenendo ovunque calorose accoglienze con La protettrice di R. Simoni, I vinti di G. Calza Bini, Morale della favola di M. Praga, La compagnia di S. Lucto di G. Forzano, Femminilità di U. Bonmartini. Nel 1921 abbandonò le scene e vi tornò solo nel 1926 per una edizione de La locandiera, presentata al teatro Nazionale di Roma.
Visse prima a Livorno quindi a Milano, dove morì il 25 marzo 1930.
Fonti e Bibl.: G. Pozza, Corriere teatrale, in Corriere della sera, 1° nov. 1891; V. Morello, Da Eleonora Duse a T. D., in La Vita italiana, 1897, n. 15, pp. 3-15; Jarro [G. Piccini], Sul palcoscenico e in platea, Firenze 1897, pp. 216-234; L. Rasi, I comici italiani, Firenze 1897, pp. 764-771; V. Morello, La scena di prosa, in Nuova Antologia, 1° luglio 1898, pp. 76-86; C. Bertolazzi, Cronache drammatiche, in La Sera, 21 apr. 1899; E. Polese Santernecchi, T. D., Milano 1900; G. Costetti, Il teatro italiano dell'Ottocento, Rocca San Casciano 1901, p. 425; E. Strinati, T. D., in Proscenio, 1904, n. 3, pp. 87-92; M. Praga, La commedia drammatica italiana del teatro Manzoni, Milano 1912, p. 6; A. Cervi, Senza maschera, Bologna 1919, pp. 1924; E. Serretta, T. D., in Comoedia, 1919, n. 6, pp. 45 s.; Id., T. D., Milano 1920; C. Antona Traversi, Le grandi attrici del tempo andato, III, Torino 1930, pp. 87-224; S. Lopez, Dal carteggio di V. Talli, Milano 1931, pp. 9, 91; A. Lancellotti, I sovrani della scena, Roma s.d., pp. 531-550; R. Simoni, Teatro d'ieri, Milano 1938, pp. 141-148; A. Cecchi, T. D., in Riv. ital. del dramma, 1938, n. 1, pp. 56 ss.; G. Rocca, Teatro del mio tempo, Osimo 1939, pp. 3-9; F. T. Palmieri, Lettere per Concettina, in Scenario, 1941, n. 11, pp. 493 s.; A. Cecchi, La parete di cristallo, Milano 1943, pp. 89 ss.; A. De Sanctis, Caleidoscopio glorioso, Firenze 1945, pp. 44-53; A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Torino 1950, pp. 260 s.; R. Simoni, Trent'anni di cronaca drammatica, I, Torino 1951, pp. 108, 115, 122-125; Enc. dello spett., IV, coll. 707 ss.; Enc. Ital., XII, pp. 846 s.; N. Leonelli, Attori tragici-attori comici, Milano 1940, pp. 304-308.