TINO (Τῆνος, Tenos; A. T., 82-83)
È una delle Cicladi, fra Andro e Micono, con le quali è allineata. L'isola ha forma triangolare allungata, con la punta rivolta verso Andro e la massima lunghezza (km. 27) da ovest-nord-ovest ad est-sud-est; la sua area è di kmq. 195. La costa orientale e quella di SO. presentano solo piccole insenature, mentre quella settentrionale possiede alcune baie, una delle quali forma il porto migliore di tutta l'isola (Pánormos). La navigazione nelle sue acque è talvolta pericolosa per la violenza dei venti etesî.
Il suolo di Tino è costituito da micascisti, con intercalazioni di marmi (che vengono anche escavati), e da graniti e anfiboliti, questi ultimi essendo diffusi specialmente nella zona orientale. L'isola è percorsa nel senso della lunghezza da una dorsale con lo spartiacque molto ravvicinato alla costa di SO., che si eleva fino a circa 650 m. d'altezza, ma con forme generalmente tondeggianti; anzi verso SE. ha l'aspetto di un altipiano ondulato alto solo 350-400 m. Nella parte più orientale s'innalza una cresta rocciosa e aspra, culminante a circa 700 m. nel M. Tsikniãs, che contrasta per la sua morfologia col resto dell'isola. Una piccola pianura, nella parte centrale, risulta dalla riunione delle valli principali.
Numerose sono le sorgenti; tuttavia mancano corsi d'acqua perenni. Il suolo dell'isola è poco produttivo e adibito in gran parte a pascolo; mancano del tutto i boschi. Una parte dei pendii è stata però ridotta con paziente lavoro in campi terrazzati, che vengono coltivati con cura. Cereali e legumi sono i prodotti principali, e nei luoghi più riparati crescono fichi, viti e olivi. Nell'isola si allevano cavalli, muli eccellenti, bovini e in abbondanza piccioni, ospitati in caratteristiche torri quadrangolari sparse per la campagna.
Tino è sovrapopolata, benché la popolazione sia diminuita nell'ultimo secolo per la forte emigrazione; nel 1928 ascendeva a 11.260 abitanti, cioè a 58 ab. per kmq. (però è assai inegualmente distribuita). Il sovrapopolamento è conseguenza della lunga dominazione veneziana (1207-1718). Influssi italiani nella popolazione (che è in discreta parte cattolica) e nell'aspetto dei centri abitati, sono ancora sensibili. Il capoluogo dell'isola è Tino (2500 ab.), su una piccola baia della costa meridionale, al centro della regione più fittamente popolata e in vicinanza di un santuario ortodosso, che attira in particolari ricorrenze una folla numerosa di fedeli da tutta la Grecia. Nell'isola risiede un vescovo cattolico.
Per la quantità delle sue sorgenti era chiamata anticamente anche Idrussa (‛Υδρόεσσα), e per l'abbondanza dei serpenti Ofiussa. Durante l'invasione di Serse, essendo i Tenî costretti a servire nella flotta persiana, una loro trireme disertò subito prima di Salamina, e perciò il nome di Tino fu iscritto tra le altre città greche confederate sul tripode delfico. Entrata l'isola più tardi nella Lega delio-attica, la sua prosperità è dimostrata dall'alto tributo a essa assegnato di 3 talenti, elevato a 10 nel 425-24; con gli Ateniesi i Tenî presero parte alla spedizione di Sicilia nel 415. Nel 362-61 l'isola fu occupata da Alessandro di Fere; nel sec. III divenne, attorno al suo importante santuario di Posidone, assieme con Delo, uno dei centri cospicui della lega nesiotica: da allora cominciano le strette relazioni con Rodi, donde giungevano spesso degli epistati nell'isola; e a Rodi, dopo aver sofferto molto per le guerre mitridatiche e le incursioni dei pirati, l'isola fu data, assieme con Andro e Nasso, da M. Antonio nel 40 a. C. Sotto Tiberio fu restituito il diritto di asilo nell'antico santuario di Posidone, e l'isola rifiorì sotto i successivi imperatori. Dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei Latini, Tino fu data ai Veneziani, ai quali rimase fino alla cessione alla Turchia nel 1718 dopo la pace di Passarowitz.
La principale città dell'isola, del medesimo nome di Tino, era ubicata nella sua parte sud-occidentale presso l'odierno capoluogo, con un porto, l'odierno scalo di S. Nicola, e l'abitato un po' più internamente, a 100 m. dalla costa, dove si conservano ancora cospicui resti della cinta e delle torri, di epoca ellenistica, attorno all'Evangelistria, la chiesa che due volte l'anno (il 15 marzo e il 15 agosto) è meta di un celebre e frequentatissimo pellegrinaggio da tutte le parti del mondo greco. Una seconda città antica, chiamata Eristo ("Ηριστον), era ubicata nel luogo della moderna Kōmé. Nell'unica pianura relativamente ampia dell'isola, detta di Chionia, a non molta distanza dalla capitale, sono stati messi in luce per gli scavi dei Francesi e dei Belgi i resti del celebre santuario di Posidone e Anfitrite, con ruderi quasi esclusivamente di età ellenistica e romana. Da Kardianĕ́, verso l'estremità occidentale dell'isola, dove forse in alcune grotte sono attestati relitti di abitazioni fino dall'età neolitica, provengono anche i più importanti rinvenimenti dell'età geometrica.
Altre due città chiamate Tino sono nominate dagli antichi, una in Tessaglia e una in Laconia.
Bibl.: K. Regling, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V A, col. 507 segg. Per gli scavi v. H. Demoulin, in Bull. Corr. Hell., XXVI (1902), p. 399 segg.; XXVII (1903), p. 233 segg.; id., in Musée Belge, 1904, p. 65 segg.; P. Graindor, ibid., 1906, p. 309 segg.; 1907, p. 5 segg.; 1910, p. 234 segg.; id., in Rev. Arch., II (1905), p. 286 segg.; id., in Rev. ét. anciennes, XX (1908), p. 33 segg.; D. Levi, in Annuario Scuola ital. di Atene, VIII-IX, p. 203 segg.