tipografia fiorentina
La stampa venne introdotta a Firenze nel 1471, con leggero ritardo rispetto ad altre città italiane (Roma, Venezia, Foligno ecc.). In tutto il decennio la stampa visse a Firenze «progressi [...] grami e stentati» (Ridolfi 1958, pp. 14-15), fino all’apparire dei due più importanti stampatori del periodo: Domenico da Pistoia, attivo soprattutto nel campo delle stampe popolari, e Niccolò di Lorenzo della Magna. È con quest’ultimo, giunto a Firenze dalla regione di Breslavia, che entrò in contatto Bernardo Machiavelli (→), padre di Niccolò. Il 22 settembre 1475 Bernardo annotò nel suo Libro di ricordi di aver ricevuto da «maestro Nicolò Tedesco» un esemplare delle Deche di Livio da cui ricavare un indice dei luoghi per una nuova edizione che poi non ebbe esito; il 5 luglio dell’anno successivo il lavoro fu consegnato: in cambio, Bernardo ottenne di trattenere il libro. La presenza nella casa paterna delle Deche ha costituito per i biografi di M. indizio certo di una precoce conoscenza del testo liviano e presupposto cronologico essenziale alla composizione dei Discorsi, i primi abbozzi dei quali
è probabile, direi quasi palpabile, che [...] germogliassero sotto forma di postille alle Deche di Livio [...] le quali postille furono forse notate nei grandi margini di quello stesso volume donato dallo stampatore Niccolò della Magna (Ridolfi 1954, 1978, p. 233).
Tra le ventuno edizioni del tipografo alemanno è anche da ricordare quella, uscita nel 1481, del Comento sopra la Comedia di Cristoforo Landino, a un luogo del quale accenna implicitamente un passo del Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua (Castellani Pollidori 1978, p. 238). Oltre a Landino, negli ultimi due decenni del Quattrocento altri umanisti (Marsilio Ficino, Angelo Poliziano, Giano Lascaris) si avvicinarono alla stampa; anche Girolamo Savonarola, «comprese bene la forza di questa nuova arma della stampa e [...] se ne servì come nessuno in nessuno altro luogo aveva fatto prima di allora» (Ridolfi 1958, p. 24). La t. f. si accrebbe di altre officine: Miscomini, Francesco di Dino, Francesco Bonaccorsi, Iacopo di Carlo, Antonio di Francesco e, sopra tutti, Bartolomeo de’ libri. Nel 1497 ebbe inizio l’attività dei Giunti (→).
Nei primi anni del Cinquecento la ‘nuova arte’ entrò in crisi:
scomparsi uno dopo l’altro i vecchi tipografi, s’era fatto tutto a un tratto il deserto; sicché, quando al Vespucci venne l’idea di stampare il Decennale aveva ben poco da scegliere. A prescindere da qualche botteguccia artigiana o da qualche dilettante, delle antiche glorie era rimasto il solo Bartolomeo de’ libri, o piuttosto l’ombra di quello che era stato il più operoso e fecondo dei tipografi fiorentini. Proprio a lui sembra quindi probabile che si rivolgesse il Vespucci (Ridolfi 1980, p. 78).
Il Decennale, la prima opera a stampa di M., fu stampato nel 1506. La princeps è identificabile in un esemplare perduto (descritto sommariamente alla fine dell’Ottocento: cfr. Torre 1881) e in quello conservato ora nella Houghton Library a Harvard, uscito dall’officina di Bartolomeo de’ libri (N. Machiavelli, Scritti in poesia e in prosa, coord. di F. Bausi, 2012, p. 475). Ne fu realizzata una ristampa non autorizzata, pochi giorni dopo l’uscita, a opera di due stampatori, già attivi alla fine del Quattrocento: Antonio Tubini e Andrea Ghirlandi da Pistoia. Su tutta la vicenda, sulla cattiva qualità della ristampa fatta «alla guittesca», la querela agli Otto e al vicario dell’arcivescovo (Tubini era un prete) ci informa una vivacissima lettera di Agostino Vespucci a M., del 14 marzo 1506 (Lettere, pp. 120-22; ma se ne veda l’ed. più corretta in G. Inglese, Contributo al testo critico dei Decennali di Niccolò Machiavelli, «Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici», 1983-1984, pp. 115-74, in partic. pp. 172-73; e cfr. Ridolfi 1955 e Ridolfi 1954, 1978). Infine, di incerta datazione e collocazione geografica – tra Firenze e Siena – è la più antica, e comunque povera, stampa della Mandragola (→).
Bibliografia: G. Torre, L’edizione princeps rarissima di un poemetto di Niccolò Machiavelli, «Il bibliofilo», 1881, 5, pp. 76-77; B. Machiavelli, Libro di ricordi, a cura di C. Olschki, Firenze 1954 (rist. anast. Roma 2007); R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Roma 1954, Firenze 19787; R. Ridolfi, Spigolature machiavelliane, «La bibliofilia», 1955, 57, pp. 196-202; R. Ridolfi, La stampa in Firenze nel secolo XV, Firenze 1958; O. Castellani Pollidori, Niccolò Machiavelli e il Dialogo intorno alla nostra lingua, Firenze 1978; R. Ridolfi, Qualche osservazione in margine a una Bibliografia machiavelliana, «La bibliofilia», 1980, 82, pp. 7580; M. Breccia Fratadocchi, Ghirlandi Andrea, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 53° vol., Roma 2000, ad vocem. Una nuova identificazione del «maestro Nicolò Tedesco», con un omonimo geografo e cartografo, è ora proposta da F. Bausi, in La via al Principe: Machiavelli da Firenze a San Casciano, a cura di S. Alessandri et al., catalogo della mostra, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, 10 dic. 2013 - 28 febbr. 2014, Rimini 2013, pp. 86-87.