tipografia
L’officina della stampa
La tipografia è la tecnica, o se vogliamo l’arte, di stampare un testo su carta per mezzo di caratteri, in origine mobili, e di inchiostro. Nata oltre cinque secoli fa con l’invenzione della stampa da parte di Gutenberg, la tipografia si occupa sia dei macchinari necessari alla stampa sia della definizione di stili e di criteri comuni per l’utilizzo dei diversi caratteri
La tipografia è l’insieme delle tecnologie necessarie per riprodurre un testo a stampa: dal disegno dei caratteri alla loro disposizione per formare pagine, fino all’effettiva realizzazione delle copie stampate. La storia della tipografia inizia, almeno in Occidente, con il sistema di stampa a caratteri mobili inventato da Johannes Gutenberg nel 15° secolo. Da allora ha subito importanti evoluzioni legate all’automazione dei processi di stampa e attualmente fa un largo impiego di tecnologie digitali.
Oltre che una disciplina e un insieme di tecniche, la parola tipografia indica anche un luogo fisico: l’officina in cui si effettua la stampa, la ‘sala macchine’ dell’industria editoriale, equipaggiata con rotative e altri macchinari necessari alla produzione di un testo stampato. Quando un libro o un giornale hanno superato i passaggi di lavorazione più ‘creativi’ – scrittura, revisione, correzione di bozze, tutte le tappe intermedie del lavoro redazionale – il testo definitivo passa a un’officina dove viene stampato.
Fino a non molti anni fa i principali giornali e le grandi case editrici disponevano di proprie tipografie e seguivano quindi i prodotti durante ogni fase, dalla scrittura fino alla realizzazione delle copie finite. Attualmente questa operazione è per lo più svolta da officine specializzate nella sola attività tipografica, che ricevono in formato digitale (digitalizzazione) il testo da stampare e si incaricano di realizzarne le copie.
Nel corso della storia, le tipografie sono state spesso coinvolte nella lotta politica. Stampare manifesti, volantini, piccoli giornali con macchinari rudimentali non è un’attività tipografica particolarmente costosa e anche i più piccoli gruppi politici o movimenti di opinione possono servirsene per diffondere le proprie idee. Non a caso, storicamente, quella del tipografo è una figura in cui si mescolano abilità artigiana e cultura. Proprio per questo, però, l’attività delle tipografie è regolata attentamente dalla legge: nome e indirizzo dello stampatore devono essere riportati chiaramente su ogni libro o giornale. Nei regimi totalitari, l’attività tipografica viene controllata in modo repressivo e chi lotta contro il potere costituito deve svolgerla in segreto. In Italia, durante il fascismo, i partigiani gestivano tipografie clandestine dove si stampavano fogli – poi diffusi nelle scuole o per le strade – con l’obiettivo di spingere la popolazione all’insurrezione o informarla sul vero andamento della guerra. Le tipografie non si trovavano solo nelle grandi città: si pensi che a Roma, durante l’occupazione tedesca, venivano pubblicati in clandestinità circa 40 giornali, ma anche nei casolari di campagna o in montagna.
La materia prima della tipografia è costituita dai caratteri. Ne esistono moltissimi, oggi indicati più comunemente con il termine inglese di font, ma sono tutti riconducibili a due famiglie fondamentali: quelli con le grazie – ‘piedini’ di abbellimento all’estremità della lettera – e quelli senza grazie. Un esempio del primo tipo è il Times New Roman, molto usato per scrivere al computer, o il Capitolium con cui è scritto il testo qui accanto, mentre un tipico carattere senza grazie, altrettanto diffuso, è l’Arial; senza grazie è il carattere Vesta con cui sono scritti questo testo e le didascalie delle figure. Oltre che il font, il tipografo deve scegliere la grandezza del carattere, o corpo, che viene calcolata in punti. Il punto tipografico è una misura derivata dai sistemi di misura anglosassoni e corrisponde a circa tre decimi di millimetro, cioè alla settantaduesima parte di un pollice (1 pollice equivale a 2,54 cm). Il carattere usato in genere per stampare libri e giornali ha corpo 11 o 12, e quel numero rappresenta la sua altezza calcolata in punti. Il corpo con cui sono scritte queste parole è 8.