TIPOLOGIA LINGUISTICA
. La t. l. studia le diversità e le similarità tra le lingue al fine di classificarle in "tipi" distinti, caratterizzati da un insieme di omologie formali o sostanziali.
Gli studi tipologici nascono all'inizio dell'Ottocento, a causa della scoperta della diversità linguistica (W. von Humboldt), dovuta al contatto con le lingue non europee a cui non si adattava il modello di grammatica generale a base greco-latina. Una classificazione tipologica fu proposta dapprima da Friedrich Schlegel (1808) e da suo fratello August Wilhelm (1818), ma quella più nota è basata sulle definizioni di A. Schleicher (1848) e soprattutto di A. F. Pott (1849), che distingue quattro tipi: isolante, caratterizzato dall'assenza di affissazione (per es. il cinese); agglutinante, con affissi a funzione univoca e basso grado di fusione con la radice (per es. il turco); flessivo, che ha affissi a funzione multipla e fusi con la radice (per es. l'indoeuropeo); incorporante o polisintetico, in cui molti elementi della frase si fondono in un'unica gigantesca parola (per es. l'eskimo). La t. l. ottocentesca era però limitata al livello di parola (era "morfologica") ed era strettamente collegata alla classificazione genealogica, a cui offriva un supporto euristico.
La t. l. moderna opera indipendentemente dai rapporti genealogici tra lingue: è scontato che due lingue si assomiglino, se conservano il tipo della lingua-madre comune o hanno subìto evoluzioni parallele. Il suo sviluppo avviene nell'ambito delle teorie strutturaliste. Dopo una riaffermazione del principio della relatività linguistica (E. Sapir, B. L. Whorf), la ricerca si concentra sugli universali linguistici, cioè sulle proprietà comuni a tutte le lingue del mondo. A partire dalla constatazione che i tipi linguistici tradizionali sono insoddisfacenti, anche perché ciascuna lingua realizza in sé più di un tipo e perciò il "tipo" è un costrutto teorico ideale (V. Skalička), si è cercato di rifondare la t. l. secondo nuovi principi.
Le lingue sono confrontate in base a metodi descrittivi che discendono da un unico modello teorico e il confronto avviene a tutti i livelli (fonologia, morfo-sintassi, semantica); la scoperta di "universali" è utilizzata per classificare meglio la diversità: è importante mostrare come le realizzazioni sostanziali diverse degli stessi universali formali siano regolate da princìpi costruttivi abbastanza coerenti e distinti da poter costituire dei tipi. Questi princìpï si realizzano spesso con modalità multilateralmente o unilateralmente implicate (R. Jakobson, J. Greenberg): per es. la presenza in una lingua del duale implica quella di singolare/plurale, ma non viceversa. La t. l. può essere suffragata anche da un'analisi statistica (J. Greenberg). Attualmente riscontriamo due tipi di approccio alla t. l.: quello induttivo - tipico di molti strutturalisti - che parte dallo studio dei fenomeni nelle varie lingue per ricavarne a posteriori dei princìpi generali e quello deduttivo - tipico dei generativisti - che si fonda sulla verifica di ipotesi teoriche a priori. In ambedue le impostazioni è presente la ricerca di princìpi costruttivi generali comuni a vari livelli linguistici, per es. rapporti reciproci tra l'esistenza di preposizioni/posposizioni (morfologia), l'ordine tra determinante e determinato o tra subordinata e principale (sintassi), l'ordine soggetto-verbo-oggetto (sintassi e pragmatica), ecc. L'estensione degl'interessi della t. l. alla diacronia (i mutamenti linguistici sarebbero tipologicamente solidali tra loro) e alla pragmatica linguistica (inserimento della t. delle lingue nel più ampio quadro della t. del linguaggio) mostrano come, nella dialettica tra particolare e universale, la t. l. possa costituire anche nel futuro un importante punto di riferimento sia teorico che metodologico.
Bibl.: L'antologia, a cura di P. Ramat, La tipologia linguistica, Bologna 1976, raccoglie i principali scritti di t.l. e discute l'ampia bibliografia della materia. La monografia di F. Antinucci, Fondamenti di una teoria tipologica del linguaggio, Bologna 1977, interessante esempio di t.l. d'impostazione generativista a base deduttiva, è tutta fondata sullo studio sintattico-pragmatico dell'ordine degli elementi, con importanti implicazioni anche per la diacronia.