De Filippo, Titina (propr. Annunziata)
Attrice teatrale e cinematografica, nata a Napoli il 23 marzo 1898 e morta a Roma il 26 dicembre 1963. Spesso ignorata dal cinema italiano che l'ha considerata solo un'ottima caratterista relegandola in ruoli comici o leggeri senza esaltarne le indubbie qualità drammatiche, la D. F. è stata la più importante attrice del teatro partenopeo moderno. Ottenne il suo più grande successo cinematografico con il personaggio di Filumena Marturano (già da lei interpretato sulle scene) e offrì la sua prova più convincente nel ruolo di Teresa, tirchia e dittatoriale moglie di Totò, in Totò, Peppino e i fuorilegge (1956) di Camillo Mastrocinque. Di rilievo la sua collaborazione con Renato Castellani per la sceneggiatura di Due soldi di speranza, grazie alla quale ottenne nel 1952 il Nastro d'argento. Nel 1938 aveva già firmato il soggetto e la sceneggiatura di L'amor mio non muore di Giuseppe Amato.
Figlia naturale di Eduardo Scarpetta e sorella maggiore di Eduardo e Peppino, la D. F. esordì nel cinema, dopo una lunga esperienza teatrale, solo nel 1937 in Sono stato io! di Raffaello Matarazzo, commedia degli equivoci che la vide recitare in compagnia dei fratelli. Partecipò poi a numerosi film comici come Frenesia (1939) di Mario Bonnard, San Giovanni decollato (1940) di Amleto Palermi, in cui compare per la prima volta a fianco di un giovanissimo Totò, e Non ti pago! (1942) e Non mi muovo! (1943), rispettivamente di Carlo Ludovico Bragaglia e Giorgio C. Simonelli, sempre in compagnia di Eduardo e Peppino. Nell'immediato dopoguerra alternò interpretazioni negli adattamenti cinematografici dei testi scritti per il teatro da Eduardo De Filippo e da lui diretti ‒ Napoli milionaria (1950), Filumena Marturano (1951) o l'esile Marito e moglie (1952) ‒ a ruoli secondari in commedie rosa come Cameriera bella presenza offresi…(1951) di Giorgio Pastina, Cani e gatti (1952) di Leonardo De Mitri e La vena d'oro (1955), terzo lungometraggio diretto da Mauro Bolognini. Unica eccezione: l'intenso ruolo di Emilia Farcinelli nel dramma neorealista Assunta Spina (1948) di Mario Mattoli, che restituisce un'immagine spoglia e quanto mai veritiera di una Napoli perfettamente rappresentata dalla recitazione ricca di intensità e accenti dialettali della D. F. e di Anna Magnani. Nel 1956 prese parte al documentario Il museo delle voci diretto da Giulio Cesare Castello.Negli ultimi anni si allontanò dal cinema che aveva stentato a offrirle ruoli in grado di valorizzare il suo talento, dedicandosi invece al teatro e alla pittura.
A. Carloni, Titina De Filippo: vita di una donna di teatro, Milano 1984; S. Sallusti, De Filippo, Titina, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 33° vol., Roma 1987, ad vocem; A.R. Abbate, Titina non solo Filumena, Salerno 1998.