Domiziano, Tito Flavio (T. Flavius Domitianus, poi Imp. Caesar Domitianus Augustus)
(T. Flavius Domitianus, poi Imp. Caesar Domitianus Augustus) Imperatore romano (Roma 51-ivi 96). Figlio di Vespasiano, dopo la sconfitta dei Vitelliani (69) fu salutato Cesare ed ebbe la pretura e l’imperium proconsolare. Nell’assenza da Roma del padre e del fratello maggiore Tito, li sostituì commettendo vari abusi: sicché, benché fosse più volte console dal 71 all’80, fu tenuto però lontano dal governo. Alla morte del fratello Tito, gli successe nell’81. Muovendo sulle due direttive, in fondo convergenti, dell’affermazione assolutistica e della ripresa all’esterno di una politica d’espansione, D., per quanto personalmente privo di grandi doti di governo o di capacità militare, occupa nella storia del 1° sec. un posto peculiare e assai importante. Infatti da un lato Agricola, battendo i caledoni, consolidò la conquista della Britannia, nell’83 furono sottomessi i catti e gran parte del loro territorio fu annessa all’impero (mentre fu domata con rigore l’insurrezione di Saturnino), fu iniziata la costruzione del limes germanico, e in Pannonia D. diresse personalmente le operazioni contro i sarmati e i suebi; dall’altro, egli combatté con asprezza la classe senatoria (alla sua morte il senato ne decreterà poi la damnatio memoriae), cercando di fondare il suo dispotismo su una politica «popolare» di ricostruzione e di abbellimento di Roma, distrutta dall’incendio dell’80, ch’ebbe nuovi edifici (il palazzo imperiale sul Palatino, lo stadio di piazza Navona, l’arco di Tito; fu terminato il Colosseo e iniziati il foro di Nerva e le terme di Traiano) e restauri lussuosi di numerosi templi, tra cui quello di Giove Capitolino. L’aspetto più positivo della politica di D. sta tuttavia nello sforzo da lui compiuto per consolidare la struttura dell’impero; cercando, di contro all’oligarchia senatoria, l’appoggio dei provinciali cui concesse munificamente cariche e onori, e a favore dei quali estese il diritto di cittadinanza. D. si comportò durante il suo principato come sovrano assoluto: oltre a ventidue acclamazioni imperiali, a numerosi trionfi, ai titoli di Germanicus, Dacicus, Sarmaticus, egli assunse quello di Dominus et Deus. Tutto questo però era destinato a sollecitare, specialmente nel ceto più compresso, il senatorio, moti di rivolta e gesti di indipendenza. D. fu inesorabile, e la sua durezza divenne, col procedere degli anni, ombrosa diffidenza: fra le vittime furono Elio Lamia, Sallustio Lucullo, Salvio Cocceiano, Elvidio Prisco, Acilio Glabrione, i parenti Flavio Clemente e Flavia Domitilla. Formatasi una congiura nello stesso palazzo imperiale, con la complicità di due prefetti del pretorio e della stessa moglie Domizia Longina, D. fu ucciso (96).